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venerdì 6 marzo 2015

FESTA D'APRILE, storie partigiane scritte e disegnate

a cura di Leo Magliacano e Tiziano Riverso

FESTA D'APRILE
storie partigiane scritte e disegnate

Tempesta Editore





Presentazione del Libro: “Festa d'Aprile”
Curatori: Leo Magliacano e Tiziano Riverso

A settanta anni esatti (1945-2015) della Liberazione dal nazifascismo, una trentina di autori/ici di storie scritte e disegnate, hanno voluto raccontare e illustrare dal loro personale punto di vista, alcune piccole e grandi storie, dal sud al nord dell’Italia per ricordare l’evento in modo non retorico, onesto ed originale.

Il titolo del libro è “ Festa d’Aprile“ ispirato dalla nota canzone scritta e musicata da Sergio
Liberovici e Franco Antonicelli, e sarà pubblicato da Tempesta Editore di Roma.

Gli autori sono: Gianni Allegra, Luca Bertolotti, Mauro Biani, Dario Di Simone,Tiziano Riverso, Leo Magliacano, Luca Garonzi, Umberto Romaniello , Fulvio Fontana , Ivan Passamani, Giuseppe Lo Bocchiaro, Carlo Gubitosa, Stefano Trucco, Gianni Burato, Mario Airaghi, Franco Stivali, Sergio Negri, Alberto Pagliaro, Tommaso Moretti, Franco Cappelletti, Janna Carioli, Marika Borrelli, Luana Valle, Milena Magnani, Walter Pozzi, Mirco Stefanon, Vittorio Forelli, Giuseppe Ciarallo, Paolo Vachino, Laura Tussi, Fabrizio Cracolici, Pierluigi Cozzi, Romeo Vernazza.

Le singole storie, come le tessere di un ideale mosaico, messe insieme in questo libro, vanno a
comporre una immagine corale, unica e contemporanea, di uno degli episodi fondamentali della
storia moderna di questo paese.

In questa raccolta di racconti, scritti e disegnati: si sono volutamente narrate storie di piccoli episodi sconosciuti o ritenuti minori, di uno dei pochi momenti in cui gl’italiani hanno espresso la volontà comune di mettere fine ad un periodo di barbarie e violenze inaudite, per ripartire da un nuovo concetto dello stare insieme.

Come tutti i racconti a più voci esso è anche una specie di viaggio-riflessione sulle influenze e i
riflessi avuti da quegli eventi nella nostra contemporanea attualità.

Via via, ripercorrendo idealmente il percorso fatto dalla Liberazione e dai movimenti resistenziali da Sud a Nord , le storie si dipanano lungo lo stivale e si concludono con la liberazione di tutta l'Italia e con la fine delle ostilità in Europa.

Queste storie le abbiamo definite “partigiane”, perchè ne condividiamo lo spirito e l’essenza; e
riteniamo giuste e sacrosante quelle scelte di lotta e di resistenza per la libertà e per la pace, fatte settanta anni fa.

Come riteniamo opportuno e più che mai adeguato, poter trasferire il ricordo ed una personale
testimonianza alle presenti e future generazioni di giovani per riaffermare con forza quei valori
universali di Libertà e di Dignità umana che più volte ancora oggi sono mortificati, calpestati e
disattesi in più parti del mondo.

Oltre alle varie presentazioni del libro sarà prevista una mostra annessa di alcune tavole a fumetti e delle illustrazioni degli autori presenti nel libro.



INFO: Leo Magliacano - portatile 340 0653908 mail – leomagliacano2005@yahoo.it
           Tiziano Riverso – portatile 338 4901168 mail – triverso@gmail.com

INFO libri: tempestaeditore.it

i Curatori:
Leo Magliacano, nato a Napoli diversi anni fa. Inventa e illustra giochi e vignette umoristiche e storie a fumetti per le pagine di passatempo e giochi enigmistici e inserti per bambini.
Tiziano Riverso, fumettista, vignettista, illustratore. Autore di Cabaret per i comici di Zelig.
Insieme hanno curato anche il volume di satira LegalMente (Tempesta Editore).

L’indice del libro:

Introduzione di Leo Magliacano e Tiziano Riverso
L’ultimo dei partigiani, un fumetto di Gianni Allegra
Solamente un Cruciverba, un racconto di Walter Pozzi
Storia di Cefas, un fumetto di Dario Di Simone (Darix)
La bicicletta simbolo di libertà nella Resistenza, un racconto di Vito Forelli
Dalle belle città, una canzone illustrata da Umberto Romaniello
Bambine in Guerra, un racconto di Marika Borrelli
Solo quel profumo, un fumetto di Leo Magliacano
La Storia Inizia, un racconto illustrato di Franco Stivali
La cittadella degli eroi, un fumetto illustrato da Giuseppe Lo Bocchiaro, testi di Carlo Gubitosa
Il Partigiano Giovanna, un racconto di Janna Carioli
Angiolino, un fumetto di Mauro Biani
Ma non fa mica così la canzone, Tunen! un racconto di Milena Magnani
W Salvatore Vernazza, un contributo di Romeo Vernazza
Una storia partigiana, cinque tavole autoconclusive di Alberto Pagliaro
I quattro giovani amici, un racconto di Sergio Negri, illustrazione di Tiziano RiversoLa Presa, un fumetto di Stefano Trucco (Kurt)Avanzi di Galena, un raconto di Franco Cappelletti
Morte di tre uomini Liberi, un fumetto illustrato da Ivan Passamani, testi di Federico Jannil
La foto dietro la porta, un racconto di Luana Valle
Belle foto ricordo, un fumetto di Tommy Gun Moretti
Un angolo di cielo, un racconto di Mirco Stefanon
C’era una volta il domani, un fumetto di Luca Garonzi
Spari e dispari, un racconto di Paolo Vachino
Aprile è una macchina rossa, un fumetto di Fulvio Fontana
Lotta di liberazione a Nerviano, un racconto di Pierluigi Cozzi (Anpi Nerviano)
6 Minuti all’Alba…, un fumetto di Tiziano Riverso
Il Partigiano Bacio sfugge alle guardie nazionali repubblicane in bicicletta, un racconto diLaura Tussiillustrazione di Mario Airaghi
Il susseguirsi degli eventi nella storia del Partigiano Emilio Bacio Capuzzo, un racconto diFabrizio Cracolici (Anpi Nova Milanese)
Una storia partigiana, cinque tavole autoconclusive di Alberto Pagliaro
Un’Idea esagerata di Libertà, un racconto di Giuseppe Ciarallo Illustrazione di Gianni Burato
Gli autori

http://tempestaeditore.it/shop/vita-raccontata/festa-daprile/









INFO: Leo Magliacano - portatile 340 0653908 mail – leomagliacano2005@yahoo.it
            Tiziano Riverso – portatile 338 4901168 mail – triverso@gmail.com

INFO libri: tempestaeditore.it

venerdì 25 aprile 2014

25 Aprile : omaggio alla Resistenza


un omaggio a Giacomo Matteotti e buon 25 aprile 
Marilena


25 aprile 2014
Uber




 Ricordando la liberazione
Il rilancio dei consumi
La vignetta di Giannelli


VAURO


Differenze
CeciGian



Pietro Vanessi (PV)



Maramotti - L'Unità


BUONA LIBERAZIONE!
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L’Editoriale a Fumetti di oggi si ispira a questa Ricorrenza QUA:
http://it.wikipedia.org/wiki/Anniversario_della_liberazione_d%27Italia
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La vignetta è visionabile anche sul mio Spazio Flickr QUA:
https://www.flickr.com/photos/moisevivi/14020360993/
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…e sulla rubrica “MoisEditoriali” di afNews QUA:
http://www.afnews.info/wordpress/2014/04/25/buona-liberazione/
Moise



Tiziano Riverso





Un grazie di cuore ad Alberto Pagliaro, ho appena finito di leggere il suo meraviglioso omaggio alla Resistenza: "I figli della schifosa- Una storia partigiana"...un libro scritto con la testa e col cuore...per non dimenticare. Grazie anche alla passione con la quale nel corso di fumetto a Villa Trossi ci sta dando insieme a Daniele Caluri la voglia e gli strumenti per esprimere le nostre emozioni e le nostre idee.
Laura Neri
 





Un 25 Aprile dedicato alla memoria della Liberazione, quella dai nazi-fascisti, e a un progetto mondiale di libertà dalle armi e dalla violenza, che nasca dal basso, dalla volontà della gente di ripudiare l’uso delle armi e di prevaricazione per risolvere questioni tra Stati o tra gruppi.Arena di Pace e Disarmo.
Mauro Biani

Libertà, liberazione…belle ciao!

25 Aprile: W la Liberazione! Da qui la festa che ogni anno dopo il ’45 è diventa nazionale. Il prossimo anno vedrà i suoi 70. Dai fasti (si badi: succeduti a fatti) iniziali pregni di commossi e commoventi onori, glorie, preghiere, ricordi e pensieri, silenti inchini, superstiti vivi numeri tatuati sull’avambraccio, sono poi via-via arrivati i tempi in cui una buona parte degli eredi discendenti da quel tempo sentì il bisogno di diversificare (quel)la Liberazione: il solo commemorarla tacendo non bastava più. Sicché si cominciò a “parlare” e, si sa, quando si comincia non si finisce più. Perciò siamo arrivati a far le pulci perfino a (qualche sindaco perfino vietare) “Bella ciao” perché canta di partigiano morto per la Libertà ed è qui che interviene il politically correct (qualche volta per legge) inneggiante e pretendente a che non furono solo i partigiani a morire per la Libertà! Concordiamo. Tuttavia, siccome quel testo appartiene a  emozionale “prima in classifica” per decennale hit parade di tutti gli Italiani che parlano solo italiano (perciò l’Americathe Beautiful la lasciano agli indigeni) e che, quanto ai “combattenti di Salò morti per la Libertà”, proprio non sono riusciti a trovare un testo analogo da intonare -lasciando pur da parte pesantissimi dubbi nel merito- ebbene ci par doveroso nel giorno del 25 aprile proseguire a commemorare la “Liberazione” anche con quel testo che narra di “partigiano morto per la libertà”. Chissà che a forza d’insistere proprio su quella frase s’arrivi a riflettere seriamente sul fatto che “liberazione” non significa “libertà”. Quel partigiano (al pari d’altri che partigiani non furono, ma s’accomunarono per identico spirito/obiettivo/ideale) si sacrificò perché, noi eredi, comprendessimo veramente il significato profondo di libertà. Se avesse voluto tramandarci “mero” esempio di liberazione avrebbe in tempo utile mollato tutto per concedere, almeno a se stesso,  liberazione da morte certa…
24 aprile 2014



LiberazioneVukic


un tipo
fabiomagnasciutti



dolce dormire
fabiomagnasciutti


25 aprile 2014
La statua della Libertà Umberto Romaniello

domenica 28 aprile 2013

Il 25 Aprile di Saviano

"LA STORIA CI CHIEDERA' CONTO"
25 Aprile
Mauro Biani



Servizio Pubblico - LA STORIA CI CHIEDERA' CONTO

Nella puntata di giovedì di Servizio Pubblico, Roberto Saviano ha parlato della necessità di proporre agli italiani una promessa e un’offerta di futuro migliore, di felicità, di unità: e ha usato il precedente storico di quando la sinistra cilena dovette scegliere se cercare consenso accusando il regime di Pinochet dei crimini passati, oppure parlando anche ai cileni non di sinistra dell’essere un solo popolo con una prospettiva di futuro migliore. Invece di insultare o attaccare il nemico, persino il dittatore, la comunicazione allora investì sulla frase “l’allegria sta arrivando”, piuttosto che “mai più” o altre formule legate al passato. Il discorso di Saviano ha preso spunto da un film cileno uscito pochi mesi fa (in Italia uscirà il 9 maggio) che racconta la storia di quella campagna di comunicazione, intitolato No.



25 Aprile
Giulio Laurenzi

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LinK:
«L’allegria sta arrivando»

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Ti potrebbero interessare le vignette del 25Aprile:

giovedì 25 aprile 2013

25 Aprile 2013 (vignette)



Ieri Lotta oggi Letta
Tiziano Riverso



The Old New Government
Miguel Villalba Sánchez (Elchicotriste)
After many tribulations and anticonstitutional moves, the promises of a change in Italy, a new government, have been frustrated . Same old faces in a miserable "inciucio" between right and left (fake, right and left don't exist anymore).the results is new chances for Berlusconi to escape his crimes.25th of April is no more the liberation day. Italy is under a Mafia occupation.Good luck! 24 Apr 2013 


Qualcosa non quadra
Vukic

Resistenza
CeciGian


Buon 25 Aprile
il 25 Aprile è qualcosa che non dovremo mai dimenticarci, e invece mai come quest’anno sembra passi in sordina mentre l’Italia arranca e Letta è quello che resta della sinistra
Natangelo



Maramotti - L'Unità





Paride Puglia


Gianfranco Uber


Scat O'Letta
fabiomagnasciutti
 

è per via dell'ascendente
fabiomagnasciutti


avanti pop
 fabiomagnasciutti
 

Fulvo il Lupo



Gava





24/04/2013
Qualcosa tipo una liberazione
massimo gramellini
Nell’esporre la sua netta contrarietà all’esecuzione di «Fischia il vento e infuria la bufera» durante le celebrazioni del 25 aprile, il commissario prefettizio di Alassio ha spiegato agli ultimi, stupefatti partigiani che la festa della Liberazione è apolitica. Non me ne voglia Sua Eccellenza, ma fatico a trovare una festa più politica dell’abbattimento di una dittatura. Politica in senso nobile e bello, al netto degli orrori reciproci che purtroppo fanno parte di ogni guerra civile.

Oggi il modo più diffuso per commemorare la Liberazione consiste nel rimuoverla, annegandola in un mare di ignoranza. Un signore ha scritto scandalizzato dopo avere udito all’uscita da una scuola la seguente conversazione tra ragazzi: «La prof dice che giovedì non c’è lezione». «Vero, c’è qualcosa tipo… una liberazione». Ma anche i pochi che sanno ancora di che cosa si tratta preferiscono non diffondere troppo la voce «per non offendere i reduci di Salò», come si è premurato di precisare il commissario di Alassio. Una sensibilità meritoria, se non fosse che a furia di attutire il senso del 25 aprile si è finito per ribaltarlo, riducendo la Resistenza alla componente filosovietica e trasformando le ferocie partigiane che pure ci sono state nella prova che fra chi combatteva a fianco degli Alleati e chi stava con i nazisti non esisteva alcuna differenza. La differenza invece c’era, ed era appunto politica. Se avessero vinto i reduci di Salò saremmo diventati una colonia di Hitler. Avendo vinto i partigiani, siamo una democrazia. Nonostante tutto, a 68 anni di distanza, il secondo scenario mi sembra ancora preferibile.
Grazie, partigiani.


Saviano: “Il sogno, strumento fondante del cambiamento”



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25 APR 2012 Festa della Liberazione 


25 Aprile 2011: Lunedì dell'Angelo


25 Aprile 2010
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mercoledì 25 aprile 2012

25 APR 2012 Festa della Liberazione

Marilena Nardi
Per "Il fiore del Partigiano (ANPI)


Perché continuiamo a celebrare la Resistenza?

Per una ragione sola, essenziale e profonda, la ragione che collega il passato al presente: perché vogliamo ricordare il progetto per cui tanti giovani di vent’anni sono morti nel 1943-45. I nomi degli individui sono ormai freddi, come la pietra nella quale sono incisi: ma le ragioni per cui sono morti, il sistema di valori per cui si sono battuti, la prospettiva che ha animato le loro scelte, sono ancora vivi perché stanno a fondamento della nostra democrazia.

Gianni Oliva da La Stampa



Fogliazza - ANPI



Il 25 aprile, storia non leggenda

di Nadia Redoglia
Qualcuno ha appiccicato sui muri romani che “gli eroi son tutti giovani e belli”. Probabilmente appartengono ai leggendari nostalgici “figli della lupa” (no, Verga non c’entra). Gli è che sono rimasti fermi al “Natale di Roma” festa nazionale fascista che inglobava anche quella dei lavoratori il 21 aprile dal ‘24 al ‘45, anno in cui fu abolita e solo più ricordata per Romolo che, ammazzando Remo e razziando fanciulle, fondò la città eterna. Giovane lo era. Ma eroe non ci risulta: non è mai stato in galera, né ha mai fatto lo stalliere, sicché…
Ma perché ‘sti nostalgici hanno scopiazzato un brano di Guccini? (!) E’ un pezzo semmai buono per festeggiare lo storico 25 aprile ancora (per ora) in vigore e che ricorda proprio la liberazione dai nazi/fasci. In quel tempo ci furono sì giovani eroi! Quelli veri. Ci stava pure qualche stalliere, ma in galera ci finiva non perché era un criminale mafioso o amico di mafiosi, ma solo perché era nemico di quelli che volevano far abortire il “natale” della Libertà.
Due “natali”, magari… insieme per l’Italia? No grazie.
 24 aprile 2012




Liberazione e Costituzione
E’ festa, e io la rimetto. Tra l’altro, confesso, inizialmente nata per l’inserto di “Mamma!” per “I Siciliani” (come vedasi, e il nuovo numero uscirà tra poco). Poi ha fatto vari giri anche involontari. Orgoglio. Buon 25 aprile di Liberazione a tutti.
Mauro Biani 

"Attraverso le finestre guardi le stelle che vanno per il cielo, come i tuoi ricordi, le tue fantasie. Paesi lontani, amici, cose vissute o lette, poesie che ricerchi. I giorni di ieri, lontani, e quelli di oggi. La morte. Il tempo va via lento o frettoloso; non sai se sono passate ore o pochi minuti. L'alba non rischiara. Vorresti uscire dal letto, rivestirti e affrontare il freddo, la notte stellata e la montagna per incontrare le persone care, le fanciulle amate, i compagni. Una lunga fila di volti".
Di Mario Rigoni Stern (il sergente delle nevi)



quando c'è l'insaputa c'è tutto
fabio magnasciutti



Gli indifferenti
CeciGian


Libertà
CeciGian



Un bambino faceva le bolle di sapone
dalla finestra quando mi fucilarono
Sulla piazza piantata di alberi senza nome,
una mattina deserta con poco sole
tra i rami secchi che non trattenevano le voci,
tra quinte grige di imposte sprangate
oscillavano effimere formazioni, grappoli
subito disfatti in acini trasparenti.
Un bimbo, solo una tenera macchia viva
In un rettangolo nero,
c'era un vasetto rosso sul davanzale,
la sola cosa rossa di quel giorno tutto grigio,
io non potevo vedere i suoi occhi
sentivo la sua anima appendersi dondolando
in cima alla cannuccia di paglia,
staccarsi con un brivido, volare in silenzio,
trattenere il fiato per pregare il vento,
attraversare il poco sole in punta di piedi,
rapita in una smorfia di felicità.
I miei carnefici gli voltavano le spalle,
nessuno di loro potè vedere le sue mani
sollevarsi in adorazione quando una bolla
più gonfia,la più bella di tutte,
partì dal davanzale come un pianeta di cristallo
e prima di scendere salì verso il tetto
come una preghiera, come una favola,
piena d'ogni dolcezza che non si può perdere,
intatta e vera per il suo tempo giusto,
non ci sono abbastanza plotoni d'esecuzione
in questo mondo e in ogni altro
per fucilare tutte le bolle di sapone.

(Gianni Rodari, Fucilazione)


auguri alla nostra povera Repubblica...Tiziano Riverso



Venticinque Aprile
Nico Pillinini


Paride Puglia

FESTA DELLA LIBERAZIONE
PRIVILEGIO
DI TUTTI

UMBERTO FOLENA
Q uanto vale per noi la libertà? La nostra, e quella altrui? A volte sorge il dubbio che soltanto chi è vissuto in schiavitù sappia, e possa, desiderare e apprezzare e gustare pienamente il sapore della libertà, fino a inebriarsene. E non è il caso degli italiani che abbiano meno di 70 anni. Può dunque accadere che quanto hai sempre avuto a portata di mano, facile, senza sforzo, appaia privo di valore. Quanto vale per noi la libertà?
Oggi, 25 aprile, Festa della Liberazione, vale la pena ricorrere alla sana cultura popolare e alla sua saggezza. Giorgio Gaber, 'popolare' nel senso nobile – non accademico né erudito, capace di far sorridere e pensare, un alchimista dell’intrattenimento alto, che mai finiremo di ringraziare e rimpiangere – ci aiuta con una sua canzone di cui tutti ricordano il titolo e il refrain,
La libertà , ma forse non gli sviluppi interni, i segreti nascosti e svelati nelle strofe, parole semplici che sembrano scritte con 40 anni di anticipo. «Libertà è partecipazione »: e tutti pensavano, nel remoto 1972, allo Statuto dei lavoratori e ai Decreti delegati, alle fabbriche e alle scuole. Forse. Anche. Ma Gaber viaggiava in anticipo, le sue canzoni erano (e sono) macchine del tempo.
Partecipare, prendere parte, avere parte, essere parte. La libertà in una relazione di coppia, una famiglia, una comunità, una nazione, l’Europa, il globo… Siamo una parte non passiva ma attiva, e quella coppia, quella famiglia, quella comunità, quella nazione siamo noi, e noi apparteniamo a loro ed esse appartengono a noi. La libertà è questo legame, emotivo prima che razionale. Se questo legame si sfilaccia, o cessa, addio libertà. Se al-l’ I
care («mi sta a cuore», don Milani…) si sostituisce il me ne frego, cessa la libertà.
La libertà, canta Gaber, non è «il volo di un moscone». Non consiste nel seguire l’impulso del desiderio anarchico, del capriccio egoista. Il volo del moscone appare casuale, senza progetto alcuno. Non c’è partecipazione. La libertà non è neppure «uno spazio libero». Che cosa possiamo farcene – ad esempio – della libertà d’espressione, se si riduce a una sequenza di soliloqui? La libertà è espressione partecipata, ossia dialogo: gli altri dicono la loro, ma io sono curioso, interessato, convinto di poter apprendere, ansioso di mettere le mie idee a confronto con quelle altrui per misurarne la forza, la consistenza, l’efficacia, la bontà, la verità.
Questa libertà c’è oggi in Italia, e quanto è diffusa? Abbiamo scambiato per partecipazione la semplice esibizione. Mi mostro, mi esprimo, mi esibisco e credo di aver partecipato, e quindi di aver compiuto «un gesto libero», di essere una persona libera… «che passa la sua vita a delegare», ironizza Giorgio Gaber. No, non è così.
La festa della Liberazione è bella e importante e preziosa perché ci ricorda che la libertà non è mai data per sempre, acquisita, come un bene che si possiede. Ma è liberazione, un work in progress che non ha mai fine, una conquista continua, una costruzione senza sosta, un amore che desidera essere sedotto e cantato e accarezzato senza che mai possiamo assopirci. La libertà è partecipazione, eccome. È un privilegio per chi ama condividere la propria 'conquista'. Per chi sa che mai sarà libero, lui, finché non saranno liberi tutti, ma proprio tutti. Liberazione globale.

Ricorrenze.
Vukic



LIBERAZIONE
Ci siamo liberati ( in parte ) dai nazisti,
ma l'Italia non si può certo definire uno stato libero.
Lo Stato è soffocato da una classe politica
disonesta e corrotta.
Mafia, delinquenza ed ignoranza divorano il paese, senza tralasciare la dittatura clericale, che da dietro le quinte muove giochi economici e di potere.C'è ancora molto da fare.
Roberto Mangosi

Riflessioni sulle due grandi feste:

17 aprile 2012
Lavoriamo il 25 aprile, festeggiamo il 1° maggio

Di Ferdinando Camon
 
Lavorare il 25 aprile è giusto e utile, e perciò, essendo il 25 aprile una festa nazionale ed essendo la nostra nazione a rischio tracollo economico, lavorare per festeggiarla è perfino patriottico. Se la nostra nazione sta male, lavorare per farla stare meglio è etico. Da anni si calcola che le feste, cioè i giorni in cui non si lavora, nel nostro (italiano) calendario sono troppe. E sono troppi i giorni di vacanza nelle scuole. Il cervello dei nostri ragazzi apprende e incamera nei giorni di scuola e di studio, ma perde e disimpara nei giorni di ozio. I giorni di vacanza non sono neutri agli effetti dell’apprendimento, sono dannosi. Tutt’altro discorso riguarda il lavoro nel 1° maggio. Per tirarci su, e uscire dalla crisi, il lavoro è la forza, la medicina, la virtù irrinunciabile. Ma proprio per questo dobbiamo rinforzare nelle nostre coscienze il concetto che è una virtù, dedicargli un giorno, metterci in testa che viviamo in una repubblica “fondata sul lavoro” e che festeggiare il lavoro significa celebrare il valore che ci tiene uniti. Festa del lavoro vuol dire festa dei lavoratori. In una repubblica fondata sul lavoro tutti quelli che ci abitano e che sono cittadini sono (dovrebbero essere) lavoratori. Il 1° maggio è la festa di tutti. Si possono sopprimere altre feste, ma non questa. Il lavoro è la spina dorsale della persona umana, perché è lo strumento col quale ognuno si realizza. E lo vediamo nei momenti tragici in cui il lavoro viene a mancare: con la sua mancanza non viene meno soltanto il benessere economico, ma la dignità della persona. Il lavoratore che perde il lavoro “si vergogna”, come se fosse in colpa. Nei film il lavoratore che perde il lavoro non lo dice alla moglie, tira avanti facendo finta di fare la vita di prima, andare in ufficio o in fabbrica, sperando sempre che un colpo di fortuna lo risistemi da qualche parte. Senza lavoro non puoi essere un marito o un padre. Lo si vede, scusate se sfrutto questo esempio ma ce lo offre la cronaca di questi giorni, dalla vita di Bossi: appena sposato aveva detto alla moglie di essere un medico, e usciva tutte le mattine con la borsa degli strumenti per recarsi in ospedale. Furono pochi giorni felici: il matrimonio reggeva. Poi la signora fece un controllo all’università, e scoprì che il marito non s’era mai laureato, e che dunque non andava a lavorare, ma a perdere tempo. Il matrimonio si sfasciò. Lavorare salva, non lavorare perde. Lavorando il 25 aprile noi stabiliamo che la salvezza è importante, va cercata. Festeggiando il 1° maggio noi stabiliamo la stessa cosa: che la salvezza va onorata, ci fermiamo per lei, tutti pensiamo a lei, e realizziamo una comunione civile in suo onore.
Qualcuno domanderà: e se lavorassimo tutte le domeniche? Non sarebbe questo un forte impulso alla ripresa produttiva ed economica, e all’uscita dalla crisi?
No, perché non siamo solo corpo ma siamo anche altro, una volta si diceva anima, oggi diciamo mente. Dobbiamo produrre di più, ma non siamo fatti soltanto per produrre e consumare. Ci fu un tempo in cui l’uomo era considerato un animale che produce e consuma e basta: era l’“uomo a una dimensione”, l’uomo disumanizzato, un automa meccanico. Fu il lungo periodo in cui s’impose in Occidente la cosiddetta “civiltà dei consumi”. L’uomo era un semplice “tubo digerente”, inserito fra la produzione e il consumo: produceva per consumare, consumava per produrre. Poi ci si accorse che la civiltà dei consumi consuma l’uomo, che vive per niente, una vita animale. Grande studioso di questa civiltà fu Herbert Marcuse, grande narratore Alberto Moravia. Nessuno vuol tornare a quel tempo, triste e spento. Noi vogliamo vivere, e non viviamo se non ci curiamo anche dello spirito. La storia ci ha insegnato che sei giorni dedicati al lavoro e uno allo spirito sono la giusta alternanza. Non è detto che lavorare senza mai fermarsi faccia rendere di più. Togliere lo spirito vuol dire dimezzare l’uomo. E un uomo dimezzato rende di meno.
 Ferdinando Camon - www.ferdinandocamon.it