Il Lucentis: ciechi per colpa dello Stato
Crediamo di saper tutto, sullo scandalo dei farmaci contro la cecità, ma sappiamo ancora molto poco. Anche noi che l’abbiamo raccontato o commentato. Chi scrive questo articolo ne ha già parlato più volte alle radio e sui giornali, ma ogni giorno vengono fuori nuove informazioni, e dobbiamo porci nuove domande su come funziona la nostra Sanità e quale compito si dà la scienza farmaceutica verso gli uomini per il cui bene dovrebbe lavorare.
Adesso siamo arrivati alla fase delle testimonianze da parte delle vittime e delle reazioni da parte degli accusati. Tutto parte, come sapete, dalla maximulta di 160 milioni di euro, che l’Antitrust italiano ha inflitto a due grandi aziende farmaceutiche, produttrici di due farmaci contro la cecità. Uno costosissimo e l’altro economico. L’accusa sostiene che i due farmaci hanno la stessa efficacia, ma che le due aziende si son messe d’accordo per sabotare la vendita del più economico. E come? Impedendo che fosse registrato dal Minisitero tra i farmaci utili contro la cecità. E perché? La ditta che produce questo farmaco aveva interesse a far vendere l’altro, perché i suoi azionisti sono azionisti anche dell’altra. Questo dice di aver scoperto l’Antitrust, intercettando le email fra i dirigenti delle due ditte. Questo abbiamo scritto tutti, finora. Purtroppo non siamo stati smentiti. Lo speravamo. Ma non è accaduto, almeno finora. Adesso alcune farmacie protestano: “Siate più chiari, non parlate di “vendita”, noi non vendiamo quei farmaci, si trovano soltanto negli ospedali”. È vero. Le farmacie non c’entrano, c’entrano gli ospedali. Ma questo rende lo scandalo ancora più grave. Perché noi siamo abituati a pensare i medici come missionari, e gli ospedali come chiese. Pensiamo che l’ospedale che prende in cura un malato si pone come primo e unico obiettivo quello di guarirlo dalla malattia, non di depredarlo. E invece le testimonianze che vengono fuori ogni giorno, delle vittime e dei loro parenti, parlano proprio (finché non saranno smentite), di ricerca ostinata del guadagno sacrificando quel bene preziossimo che è la vista.
La moglie di un uomo che stava diventando cieco lo faceva curare col farmaco economico, con buoni risultati: l’uomo ci vedeva sempre di più. Poi scattò il veto: il farmaco economico fu proibito nell’ospedale, perché il Ministero non lo riconosceva, bisognava passare al farmaco costoso, che però era troppo costoso, e perciò la Regione non lo pagava né ai vecchi né ai bambini. Insomma, selezionava i pazienti. La signora scrive al Ministero. Nessuna risposta. Scrive all’organo di controllo dei farmaci. Nessuna risposta. Conclusione: il marito ha perso la vista. Gli è nata una nipotina, ma non la vede.
La signora usa un linguaggio “infamante” per uno Stato, ma non credo che possa essere incriminata. Dice: “In migliaia sono diventati invalidi al 100 % per colpa dello Stato”. Ora, ragioniamo: lo Stato siamo tutti. Siamo tutti colpevoli per quelle migliaia di ciechi totali? Vorrei che la signora avesse detto che quei malati, migliaia, che potevano essere guariti e invece son diventati invalidi totali, stanno sulla coscienza di coloro che han brigato e ottenuto che il farmaco economico fosse bloccato. Ma ci sono state diverse segnalazioni al Ministero, da parte di malati agli occhi e di oculisti, che informavano che il farmaco economico funzionava bene nei paesi dov’era usato, in America ha un grande successo, e dunque era saggio accettarlo in Italia. E qui c’è un altro problema: da noi, in Italia, tra cittadino e Stato non c’è contatto. Se il cittadino chiede, lo Stato ritiene suo diritto non rispondere. Ditemi voi se questa è democrazia. Anche l’Antitrust è Stato, e dunque una parte dello Stato ha scoperto e punito una porcheria commessa da un’altra parte dello Stato. Ma acciecare migliaia di uomini è una colpa che si espia pagando in euro? E sia pure milioni di euro? È tutta qui, la sanzione?
Ferdinando Camon (
Quotidiani locali del Gruppo "Espresso-Repubblica" 11 marzo 2014)
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Delibera dell’Autorità del 27 febbraio: Roche e Novartis hanno posto in essere intesa restrittiva della concorrenza, contraria al diritto antitrust comunitario
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato comunica oggi, 5 marzo, attraverso una nota diffusa alla stampa, che nella riunione dello scorso 27 febbraio 2014 ha deliberato che i gruppi Roche e Novartis hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza, contraria al diritto antitrust comunitario, nel mercato dei farmaci per la cura di gravi patologie vascolari della vista, sanzionando i due gruppi con oltre 180 milioni di euro (
leggi il testo integrale del provvedimento).
Tra le malattie interessate dall’istruttoria spicca la degenerazione maculare senile, prima causa di cecità nei paesi industrializzati e di cui solo in Italia sono a rischio un milione di persone. Secondo l’Antitrust l’intesa ha avuto quale possibile conseguenza una maggior difficoltà nelle possibilità di cura per molti pazienti e un aumento della spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale stimata in 45 milioni di euro nel 2012, con possibili maggiori costi futuri fino a oltre 600 milioni di euro l’anno. Sia
Novartis che
Roche hanno respinto l'accusa sulla quale si fonda il provvedimento dell'Antitrust e hanno annunciato ricorso al Tar.
L’istruttoria è stata avviata nel febbraio 2013, dopo le segnalazioni ricevute da Aiudapds, un’associazione di cliniche private, e da SOI, Società Oftalmologica Italiana: al procedimento hanno chiesto e ottenuto di partecipare anche la Regione Emilia-Romagna e l’associazione di consumatori Altroconsumo.
Dalla documentazione acquisita – spiega ancora l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – è emerso che le capogruppo Roche e Novartis, anche attraverso le filiali italiane, hanno concertato sin dal 2011 una differenziazione artificiosa dei farmaci Avastin e Lucentis, presentando il primo come più pericoloso del secondo e condizionando così le scelte di medici e servizi sanitari.
Avastin è un prodotto che è stato registrato per la cura del cancro, ma dalla metà degli anni Duemila è stato utilizzato in tutto il mondo anche per la cura di patologie vascolari oculari molto diffuse; Lucentis è un farmaco basato su una molecola in tutto simile a quella di Avastin, ma è stato appositamente registrato (da Genentech negli USA e da Novartis nel resto del mondo) per le patologie della vista, fino a quel momento curate con Avastin. La differenza di costo per iniezione è significativa: Avastin ha un costo pari al massimo a 81 euro, mentre il costo di Lucentis risulta attualmente pari a circa 900 euro (in precedenza, peraltro, il costo superava i 1.700 euro).
A fronte del rischio che le applicazioni oftalmiche di Avastin, vendute a un prezzo molto meno alto, ostacolassero lo sviluppo commerciale del ben più caro Lucentis, Roche e Novartis avrebbero quindi, secondo l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, “posto in essere una complessa strategia collusiva, volta a ingenerare tra i medici curanti e più in generale il pubblico timori sulla sicurezza del primo. Tali attività sono proseguite e sono state anzi intensificate quando da una serie sempre maggiore di studi comparativi indipendenti, e pertanto non controllabili dalle imprese, è definitivamente emersa l’equivalenza dei due farmaci”.
L’Antitrust propone poi una spiegazione economica delle condotte delle due società: riferibile ai “rapporti tra i gruppi Roche e Novartis: Roche, infatti, ha interesse ad aumentare le vendite di Lucentis perché attraverso la sua controllata Genentech – che ha sviluppato entrambi i farmaci – ottiene su di esse rilevanti
royalties da Novartis. Quest’ultima, dal canto suo, oltre a guadagnare dall’incremento delle vendite di Lucentis, detiene una rilevante partecipazione in Roche, superiore al 30%”.
Non è stata invece ritenuta responsabile dell’illecito la controllata di Roche, la società californiana Genentech
.
In considerazione della particolare gravità dell’illecito, l’Autorità ha comminato al gruppo Novartis una sanzione di 92 milioni di euro e al gruppo Roche una sanzione di 90,5 milioni di euro, per un totale di oltre 180 milioni di euro
.(fonte)
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Il profitto mette a rischio la sicurezza dei malati