venerdì 5 ottobre 2012

Buduàr, il salotto dell'Humour

La copertina di Marco De Angelis

E' uscito online   BUDUÀR, "l'almanacco dell'arte leggera".

Dopo una prova tecnica Buduar n°0 , sfogliabile e scaricabile,  ecco il n° 1

La nuova rivista umoristica online, è nata da un'idea di Alessandro Prevosto, in arte Palex, sanremese, umorista e curatore del sito Palexhumor.com, con Dino Aloi, vignettista torinese, editore (Il Pennino) che ha al suo attivo oltre duecento pubblicazioni di storia dell’umorismo,  la copia è legata da un'amicizia nata trentadue anni fa e consolidatasi nel tempo.
Due ottimi direttori sono già da soli una garanzia, insieme poi alla collaborazione di tanti validi cartoonist di tutte le età ...  avremo un  grande successo!!
Le pagine sono edite su “carta virtuale” giallina, da vecchia rivista trovata su una bancarella, ma impaginata con criteri moderni che si sposano bene con l’essenzialità e la dinamicità del web.
La rivista si può sfogliare online, cliccando sui simboli in basso a destra, oppure scaricare e conservare sul proprio PC.
E' una rivista "colta", nel vero senso della parola, perchè oltre a proporre vignette di
 attualità e costume, racconti brevi, strisce, aforismi, presenta, di volta in volta, artisti che hanno fatto la storia dell'humour italiano. In questo primo numero, in uscita a ottobre, un lungo e divertente ritratto  del grande disegnatore Giorgio Cavallo, che segue quello di Coco, recentemente scomparso, pubblicato sul numero zero.

Buduar UNO

Un numero ricco, anche grazie alle numerose manifestazioni che si sono svolte durante questa estate. Troverete ampi servizi su Spotorno Comics, Spirito di Vino e CartoonSea.
Spazio, per questo numero Uno, al grande umorista e amico Giorgio Cavallo.
Altro non abbiamo da dire, se non buon divertimento.

gli autori

Direzione artistica: Dino Aloi, Alessandro Prevosto
Consulente speciale: Marco De Angelis
Redazione: Mirko Amadeo , Milko Dalla Battista, Carlo Squillante.
In questo numero: Margherita Allegri, Stefano Antonucci, Emanuele Benedetti,
Mauro Biani, Gianmaria Bozzolan, Franco Bruna, Ernesto Cattoni, Giorgio Cavallo, Lido Contemori, Paolo Dalponte,  Daria Gianuario, GoVa, Giuseppe Inciardi, Emilio Isca,
Filippo Loiacono, Stefano Magnani, Fabio Magnasciutti, Massimo Mazzucco, Luigi Renatti, Giuliano Rossetti, Sacco e Vallarino, Ugo Sajini, Walter Toscano, Lucio Trojano





Un disegno di Giuseppe Coco

Un disegno di Giorgio Cavallo del 1956 tratto dal libro “Pronto chi ride?”

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giovedì 4 ottobre 2012

Monti bis?... se serve.


EMERGENZA MONTI
Monti, ancorchè molto larvatamente, fa balenare la possibilità di una sua disponibilità per un nuovo mandato. Non tutti sembrano felici allo stesso modo di questa sua generosa offerta.
Gianfranco Uber


ULTIMISSIMA. "Investitura" di Mario Monti
PORTOS / Franco Portinari
Etichette: Casini, Fini, investimento, Montezemolo, Monti, ULTIMISSIMA



Giannelli - Corriere della sera


fabio magnasciutti per Meno


Se serve
Makkox



Bene, bravo, bis.
Monti dixit.
Mauro Biani


Luca De Santis IFIORIBLU




VUKIC - vukicblog



MONTI TIRA E MOLLA.
Nico Pillinini


Danilo Maramotti



CROSS OVER
Monti sarebbe disponibile per un secondo mandato ma ribadisce la sua estraneità a qualunque schieramento politico.
L'ipotesi viene salutata con favore più all'estero che in Italia.
Pare garbi molto anche all' AD FIAT /CHRYSLER Marchionne.
Gianfranco Uber  30/09/12


IL NUOVO CHE AVANZA
Fini auspica una Lista Civica Nazionale per coagulare tutte le forze sane e per un vero rinnovamento del Paese. Insomma una vera svolta con il passato. Casini annuisce.
01/10/12
Gianfranco Uber

DAL VANGELO SECONDO MARIO
Monti lancia l'ennesimo messaggio sibillino sul suo futuro politico lasciando nello sconcerto interpretativo i suoi apostoli più affezionati.
0/10/12
Gianfranco Uber


Umberto Romaniello

Totem Monti

di Nadia Redoglia
Sarà capitato anche a voi, tra blog, luoghi di lavoro, studio e svago, in code per uffici e supermercati, sotto ombrelli e ombrelloni ecc., discorrere e discutere sul nostro comune destino elettorale, traendo per la maggiore conclusioni pressappoco così: “non ho elementi per scegliere chi votare (seppur mefitico da turarsi il naso/malefico da inocularsi vaccino) o chi non votare. Stavolta, per la prima volta, mi asterrò ovvero annullerò la scheda oppure verbalizzerò il rifiuto…”
E’ evidente che il prof. Monti ha lasciato il segno. Prima ancora d’entrare nel merito delle capacità, gli italiani di buona volontà si sono rimpannucciati nella sua predisposta persona (naturalmente) per bene: da decenni erano in pericolosa astinenza. Già “solo” per questa ragione l’Italia, in pochi giorni, gliel’ha fatta a cambiare faccia di fronte al mondo. Immaginiamoci che meraviglia potrebbe diventare se si aggiungesse per i prossimi 5 anni l’onesta competenza!

Casini, Fini, Montezemolo (per ora) cogliendo l’attimo, meno fuggente dell’elettore, hanno pensato bene far di Monti necessità, Monti virtù? Ah però, qual progresso sarebbe! Sta a vedere che dal tirar su l’unto del signore, dispensatore di miracoli, d’eroi, di chicche (e cocche), si sono ridimensionati a un più terreno (sobrio) totem cui danzare attorno invocando il sole ché di pioggia, dati i governi ladri, ne hanno basta perfino loro.
E noi stiamo messi così, ancora ad aspettare che arrivino i nostri…
1 ottobre 2012
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mercoledì 3 ottobre 2012

Vauro lascia il Manifesto


Postcards
Vauro mentre lascia il Manifesto e va al Fatto Quotidiano
 PORTOS / Franco Portinari
Etichette: il Fatto Quotidiano, il Manifesto, postcards, Vauro Senesi



A pugno chiuso.
Che dire? Secondo me Vauro a fatto bene ad andarsene, se non altro perché il Manifesto nonostante sia sempre sull'orlo del fallimento, sopravvive (diciamo così...) con i finanziamenti pubblici che sei anni fa, nel solito servizio di Report, era quantificato oltre due milioni e mezzo di euro l'anno.
Paride Puglia


VAURO LASCIA IL MANIFESTO PER PASSARE AL FATTO QUOTIDIANO.
Nico Pillinini




Scrive Vauro sul suo sito :


Ecco perché vado via dal manifesto
martedì 2 ottobre 2012 21:50
L'ho scritto: Avrei preferito andarmene zitto zitto , quatto quatto. Ho capito che non posso farlo. Va bene. Avrei voluto farlo perché non volevo che la mia uscita suscitasse letture o polemiche che potessero danneggiare ciò che resta de IL MANIFESTO. Ecco, in queste due parole "Ciò che resta" la spiegazione. Resta molto poco de IL MANIFESTO nel quale ho lavorato per più di venti anni. Troppo poco. Almeno a mio giudizio. Ma forse anche a giudizio dei troppi lettori che hanno smesso di comprare il giornale. E non mi pare che ne IL MANIFESTO (mi ci metto anch'io) ci si sia interrogati sulle nostre responsabilità politiche ed editoriali riguardo a questi abbandoni. Me ne vado in un momento difficile? No. Purtroppo il momento difficile è già passato e non siamo stati in grado di farvi fronte. Entro Dicembre i liquidatori scioglieranno la cooperativa di cui anch'io faccio parte. Ne nascerà un'altra? mi auguro di si ma è ovvio che non sarà quella verso la quale sentivo un obbligo politico e morale. Scrivo queste poche righe per dare una risposta a quelle lettere di lettori che mi chiedevano un perché. Forse questo perché avrebbe dovuto (e da tempo) darlo la direzione del giornale che adesso, nemmeno tanto velatamente, mi addita come quello che se ne va solo per soldi. Pazienza. Nella vita di ogni buon comunista è scritto che prima o poi debba essere considerato un rinnegato da altri comunisti (Vecchio vizio). E' vero che a IL FATTO il mio compenso sarà più elevato di quello che ho finora percepito da IL MANIFESTO e certo non me ne dispiaccio. Detto questo vorrei che qualcuno della direzione mi spiegasse come mai sarei diventato un "Vignettista squillo" dopo venti e passa anni, di cui gli ultimi sei o sette, seguiti al cambio contrattuale da me voluto quando compii la scelta di andare a lavorare per EMERGENCY, con lo stipendio più basso di tutto IL MANIFESTO (un record!). In ultimo riguardo al mio essere comunista lo rivendico con orgoglio e non penso che diverrò meno comunista solo per il fatto di andare a lavorare in un giornale libero che però non si definisce comunista sotto la testata. Saluti comunisti ribaditi. Vauro.

il manifesto 3 ottobre 2012


La risposta della redazione del Manifesto
La decisione di Vauro di lasciarci ci sorprende. E ci amareggia. Perché riguarda una persona che ha contribuito a scrivere la storia del nostro giornale. Comprendiamo la sua scelta. Il manifesto sta attraversando il momento più difficile della sua esistenza quarantennale. La direzione, la redazione, i tecnici, tutte e tutti sanno di avere un futuro incerto, perché siamo "in liquidazione" e del doman non v'è certezza. Eppure tutte e tutti hanno capito che proprio la difficoltà del momento richiede uno sforzo più grande perché il manifesto possa continuare il suo cammino di testata storica dell'informazione in Italia. E' vero che alcune firme, alcuni collaboratori, hanno preso altre strade (paghiamo poco o nulla). In momenti di crisi come questo è difficile lavorare senza un ritorno economico adeguato. Eppure abbiamo sempre pensato che le idee, la libertà di opinione e di espressione, il confronto anche aspro ma sempre franco, la passione per la battaglia politica, fossero una garanzia per poter continuare a combattere. Forse ci siamo in parte illusi. L'uscita di Vauro, che va al Fatto Quotidiano, lo conferma. Gli facciamo tanti auguri (e che possa avere la stessa libertà di matita che ha avuto al manifesto) e per salutarlo gli dedichiamo una sua vignetta d'archivio.
Per noi che restiamo a fare il giornale, e a difenderlo da chi lo vorrebbe volentieri seppellire - di questi tempi le copie che vendiamo fanno gola a molti - questo arrivederci è comunque un'ulteriore sfida professionale, culturale, ideale. E proprio da oggi chiediamo alle matite amiche del manifesto di inviarci (dimafoni@ilmanifesto.it; Fax: 0668719573 o 0668719331) le loro vignette per scegliere (nei prossimi giorni vi diremo come) quelle del futuro.
(fonte)

martedì 2 ottobre 2012

Sallusti e l'affare Dreyfus


 E' farina del mio sacco
Renato Farina confessa: "Quell'articolo l'ho scritto io"
PORTOS / Franco Portinari



 Sono farina del suo sacco
Renato Farina confessa: "Quell'articolo l'ho scritto io"
PORTOS / Franco Portinari




PORTOS / Franco Portinari


PORTOS / Franco Portinari


E' realmente accaduto
Travaglio ha difeso Sallusti

PORTOS / Franco Portinari




Diffamazione a mezzo stampa


Il 17 giugno 2011 è stato condannato dalla Corte d'appello di Milano a un anno e due mesi di carcere e a 5000 euro di pena pecuniaria, per diffamazione a mezzo stampa, in riferimento a un corsivo pubblicato sotto lo pseudonimo Dreyfus nel febbraio 2007 su Libero, giudicato lesivo nei confronti del giudice tutelare di Torino Cocilovo che ha sporto querela. Il caso ha suscitato l'interesse dell'FNSI in quanto, essendo stato Sallusti precedentemente condannato per un caso simile, dovrà certamente scontare la pena comminata. Il giorno 26 settembre 2012 la Corte suprema di cassazione ha confermato in via definitiva la sentenza a un anno e due mesi di reclusione senza sospensione condizionale, nonostante il Procuratore Generale della cassazione avesse chiesto il rinvio alla Corte d'appello; in una nota la Corte di Cassazione ha precisato che la condanna non è per reato di opinione ma per pubblicazione di informazioni false. Sallusti è stato condannato sia per omesso controllo in qualità di direttore responsabile sia per "la non identificabilità dello pseudonimo Dreyfus e quindi la diretta riferibilità del medesimo al direttore del quotidiano"; il giorno successivo, l'onorevole Renato Farina ha rivendicato alla Camera la paternità dell'articolo. Oltre al carcere, Sallusti è stato condannato al pagamento delle spese processuali, al risarcimento della parte civile e a rifondere 4.500 euro di spese per il giudizio davanti alla Suprema Corte.[Wikipedia]


chi semina vento...
Tiziano Riverso



non è Farina di Sallusti...
Tiziano Riverso


L'impavido Sallusti...
Marilena Nardi



Facce da " Dreyfus "
Kharmad-Rocco Grieco



E giustizia per tutti
http://www.toonpool.com/cartoons/E%20Giustizia%20per%20tutti_179432
Paolo Lombardi




natangelo


Le vignette di ElleKappa - Repubblica.it


Sallusti
CeciGian



Colonne infami e pilastri diffamati

di Nadia Redoglia
Il reato di diffamazione dispone la pena della reclusione o della multa. A Sallusti (nella sua veste di direttore) è stata comminata la reclusione. E’ legittima facoltà del magistrato, ma stride non poco in quanto che per questo tipo di reato è consolidata la condanna alla multa, non alla pena restrittiva. Se poi questa è inflitta al giornalista “nell’esercizio della sua funzione”, per quanto uno si sforzi, l’avvertirà sempre come un pugno nello stomaco. Viviamo in un Paese già pericolosamente a rischio quanto a (sacra) libertà di stampa. Non è il caso di aggiungervi altri (temibili) spauracchi, nonché agevoli appigli per coloro che da sempre nei falsi martiri-eroi e nello stravolgimento della natura delle cose, ci inzuppano il biscotto…

Nel merito, stante ciò che riportano i giornali, pare che uno degli articoli incriminati sia “opera” d’ex giornalista, collezionista di pseudonimi nel corso delle sue carriere. Le (disgustose) falsità, mai rettificate e mai seguite da scuse, offendono non solo la parte lesa direttamente, ma tutto il (sano) giornalismo e l’(onesta) intelligenza dei lettori. Tenuto conto che, pur senza arrivare a diffamazioni passate in giudicato, tali modi d’operare sono abituali per certi giornalisti e certe testate, osiamo chiedere: il sano Giornalismo e l’onestà intellettuale (due robette mica da poco visto che sono pilastri di un Paese civile) per quanto ancora saranno costretti a confondersi con questa specie di blob promiscuo?
28 settembre 2012


Chi di spada ferisce...
Al tempo dei fatti, l'attuale direttore de il Giornale Alessandro Sallusti era direttore di Libero. Una bambina abortisce e un certo Dreyfus se ne esce con un articolo forcaiolo contro i genitori, il ginecologo e il giudice tutelare. Il giudice querela il direttore di Libero, Sallusti appunto il quale, nella sentenza di primo grado viene condannato ad una pena pecuniaria di cinquemila euro ed a un risarcimento danni di trentacinquemila euro. Insoddisfatto della sentenza di primo grado, il giudice tutelare ricorre in appello e qui vince una seconda volta dove però la pena è assai più pesante: 14 mesi con l'aggravante che sempre Sallusti non può usufruire della condizionale poiché se l'è già giocata tutta con un bel po' di precedenti processi. Quindi il giornalista dovrebbe varcare il portone di San Vittore o di Regina Coeli.
Ha sbagliato, che paghi.
Paride Puglia


Nosferatu si dissocia!
Laurenzi


quando a tordi e quando a grilli
fabiomagnasciutti




Niente martiri miliardari. Un’opinione.
Robecchi spiega bene il caso Sallusti & Dreyfus (Farina).
E su Internazionale, il pezzo di Michael Braun.
Mauro Biani



giovedì 27 settembre 2012
PENE ALTERNATIVE

Assurda la pena del carcere per i reati di opinione come nel caso di Sallusti ma può bastare una condanna al risarcimento per i danni morali subiti dalle parti offese in caso di abusi e di diffamazioni non giustificate ?
L'articolo incriminato non era scritto da Lui ma è indubbia la sua responsabilità di averlo pubblicato avallando (incautamente?) affermazioni di una violenza e intolleranza francamente inaccettabili.
E se lo condannassero a scrivere qualcosa, diciamo per 100 volte ?
O potrebbe essere considerato un eccesso di pena punitiva ?
UBER



Buongiorno
28/09/2012
Il coraggio di chiamarsi Dreyfus
Massimo Gramellini


Solo gli italiani possiedono il talento di trasformare le tragedie in farsa. Non avevamo ancora finito di ripiegare i fazzoletti per la condanna ingiusta di Sallusti - reo di avere pubblicato sul giornale da lui diretto un articolo che diffamava un magistrato - quando il giornalista e onorevole Renato Farina ha preso la parola alla Camera e ha ammesso di esserne lui l’autore, celato dietro lo pseudonimo immeritato di Dreyfus, vittima vera. Un salto di qualità rispetto al precedente nome in codice, Betulla, in auge quando Farina confezionava veline per i servizi segreti. In un crescendo triste, Betulla Dreyfus ha riconosciuto che il suo articolo non esprimeva un’opinione, ma propalava deliberatamente una menzogna: infatti il giudice, per il quale il corsivo incriminato auspicava la condanna a morte, non aveva ordinato l’aborto di una minorenne. Lo aveva soltanto autorizzato su richiesta degli interessati, come prevede la legge.

Ecco, la farsa è servita. Un ex giornalista-deputato che dichiara di avere scritto volutamente non un’opinione, ma una balla per aizzare la rabbia dei lettori antiabortisti e l’odio verso le procure. E che prima di avvertire «l’obbligo di coscienza» (ohibò) e «la responsabilità morale e giuridica» (doppio ohibò) dei propri atti ha aspettato che il suo direttore fosse condannato in via definitiva. Mentana lo ha definito un infame. Io non saprei. Di fronte ai vili provo imbarazzo, vergogna, spavento. Più che di fronte ai cattivi. Da oggi Farina mi fa più paura di Sallusti. Non credo che riuscirò mai a perdonarmelo.





La ballata di Sallusti
 Prima di tutto vennero a prendere i Mora
e fui contento perché puzzavano e rubavano.

Poi vennero a prendere i Feltri
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere i Sallusti,
ed io non dissi niente, perché non ero Sallustese.

Infine vennero da me, bussarono alla mia porta,
fu discosamba tutta la notte.

Natangelo con Ivan Giannelli


Roberto Grassilli

sabato 29 settembre 2012

Renata Polverini: fenice e contenta

Renata Polverini: fenice e contenta*


 appiccica
...ma se ne va oppure no?!
Marilena Nardi 




le ostriche, le perle e i porci
fabiomagnasciutti

fenice e contenta
 fabiomagnasciutti
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stai mórto karma
fabiomagnasciutti
Etichette: dimissioni, magnasciutti, polverini





Bertolotti e De Pirro per Pubblico


Morale:




Vergogna Continua...

Pietro Vanessi

*=
Polverini
e le “dimissioni con attesa”


Breve storia di un costume italiano
JACOPO IACOBONI
TORINO

Ci si dimette sempre in modi curiosi in Italia.

Renata Polverini fa due mega eventi live - il primo alla Regione, l’altro in una conferenza stampa ad hoc - e alla fine del secondo annuncia che se ne va, lascia, quit, pure senza concedersi il lusso, anche rinfrescante, dell’autocritica. Poi però si viene a sapere che è tuttora in sella, formalmente, che ha fatto delle nomine in extremis, e la lettera di dimissioni potrebbe essere rimandata un po’ (lasciamo stare le insinuazioni sui perché di questo ritardo).Qui tutto l'articolo
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