domenica 18 aprile 2021

A Sepulveda

 CARMEN YÁÑEZ

ERAVAMO COSÌ FELICI E NON LO SAPEVAMO

Ignoranti della luce che circondava l’innocenza

eravamo così felici amore mio,

con il calore delle nostre mani unite

attraversando tutte le strade

e ridendo degli ostacoli di pietra o grandine

che volevano fermare quella nostra corsa irresponsabile di felicità.

Eravamo così felici

e non ci accorgevamo della dimensione della vita.

Dell’invisibile minaccia, dell’ombra lunga

della paura,

noi non sapevamo nulla, insolenti.

Amandoci con previsioni di futuro.

Ora non arrivo a pensare oltre il domani quando aspetto

la prova della tua vita per bocca d’altri.

La poesia è tratta dall’ultima raccolta della Yáñez, Senza ritorno, pubblicata dalla Guanda lo scorso anno. In questa poesia d’amore, struggente, commovente, c’è perdita, nostalgia, rimpianto, sgomento ed è naturalmente dedicata al compagno della sua vita Luis Sepúlveda, che questo male terribile che ha colpito le nostre vite, ha portato via al suo amore e a tutti noi. In fondo alla pagina potete leggere la poesia originale. La traduzione è di Roberta Bovaia

Gio / Mariagrazia Quaranta


Uno scrittore per bambini e rivoluzionari

Il 16 aprile del 2020, dopo cinquantuno giorni di resistenza al male, moriva di Covid il grande scrittore cileno Luis Sepulveda, militante pro Allende, sopravvissuto al carcere e alle torture del regime di Pinochet. Facendo un giro su Internet alla ricerca dei suoi libri si trovano quelli, pur bellissimi, dedicati all’infanzia a base di gabbianelle e gatti, balene e lumache. Per trovare i libri «per grandi» che hanno dentro gli ideali e i drammi del Novecento, le peripezie e i ricordi della rivoluzione, come «La fine della storia», bisogna scavare, scavare parecchio. Così va il mondo. Soprattutto on line, dove si vendono più libri che in libreria. Ahimè. 

Ivano Sartori


Il 16 aprile 2020 il virus ci portava via Luis Sepúlveda
Paolo Lombardi


Giocava coi generi: le favole per i sentimenti universali (oltre alla storia della Gabbianella, quella del gatto e del topo che diventò suo amico, della lumaca che scoprì la lentezza e del cane che insegnò a un bambino la fedeltà); la novela negra per denunciare l'arroganza dei potenti, la solitudine degli sconfitti o, come in Diario di un killer sentimentale, l'orgoglio di un uomo tradito; i racconti per mettere a nudo dopo un lento processo di maturazione le sue idee e passioni. Si legga ad esempio Incontro d'amore in un paese in guerra.



"È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo.”

LUIS SEPÚLVEDA

Roby Il Pettirosso

 vignetta, ispirata e dedicata a Luis Sepulveda
Gianlo
http://gianloingrami.blogspot.com/

Gianlo


“La letteratura che vale è quella che riesce a dar voce a chi non ha voce”

LUIS SEPULVEDA



"Luis Sepulveda" - Omaggio al grande scrittore Cileno morto in Spagna il 16 aprile per coronavirus...ci uniamo al dolore della Gabbianella
Marco D'Agostino



Vasco Gargalo
24 April 2020
Luis Sepúlveda
Luis Sepúlveda (1949-2020) was a Chilean writer and journalist. A communist militant and fervent opponent of Augusto Pinochet's regime, he was imprisoned and tortured by the military dictatorship during the 1970s


I suoi sogni erano grandi, immensi, nati sull’onda dell’entusiasmo giovanile quando il Cile sembrava il paese dell’utopia e la poesia era un modo per sentirsi vivi: leggeva Neruda, Machado, Garcia Lorca, voleva rendere il mondo un posto migliore. La morte di Che Guevara cambiò tutto: partì come volontario in Bolivia, dove resisteva ancora un piccolo gruppo di guerriglieri. Erano in trenta, tornarono in sei. Nel frattempo Allende vinceva le elezioni e apriva la strada al sogno. Sepúlveda entrò a far parte della guardia personale del presidente e continuò per tutta la vita a raccontare il valore e la realtà di quel gruppo di compagni. Incontrò Carmen Yáñez, la donna che sposò due volte, suo grande amore, compagna di vita e di lotta.
Come andò a finire è storia: il golpe di Pinochet, la clandestinità e infine il carcere, le torture, l’esilio. Sepulveda aveva 24 anni quando iniziò a fuggire: Argentina, Uruguay, Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Nicaragua. Da una spedizione nella selva amazzonica dove incontra gli indios Shuar nascerà il suo romanzo più famoso, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore. Pezzi di vita che diventano letteratura come accadrà anche dopo, con Il mondo alla fine del mondo, romanzo ispirato alla sua esperienza su una nave di Greenpeace, il primo che testimonia il suo impegno per l’ambiente.

Ce ne doveva essere un altro, lo stava scrivendo nella sua grande casa di Gjion, ma non ne ha avuto il tempo: alla fine di febbraio, di ritorno da un festival letterario in Portogallo, i brividi e la febbre. Contagiato dal Covid, primo caso nelle Asturie, ha lottato contro il virus per 51 giorni. All’inizio tutti pensavano che ce l’avrebbe fatta: la sua capacità di resistere alle avversità era tale che sarebbe uscito anche da quell’incubo. Non è accaduto: il suo fisico ha ceduto e quel romanzo, a lungo pensato, è rimasto incompiuto.


CARMEN YÁÑEZ
ÉRAMOS TAN FELICES Y NO LO SABÍAMOS
 

Ignorantes de la luz que circundaba la inocencia
éramos tan felices amor mío,
con el calor de nuestras manos juntas
cruzando todos lo caminos
y riéndonos de los obstáculos de piedra o granizo
que nos intentaban parar esa carrera irresponsable de la felicidad.
Éramos tan felices
y no nos enterábamos de la dimensión de la vida.
De la invisible amenaza, de la larga sombra
del miedo,
no lo sabíamos nosotros, irreverentes.
Amándonos con proyecciones de futuro.
Hoy ya no pienso más allá de mañana cuando espero
tu prueba de vida dicha por otros.

Paolo Hendel: Luis Sepùlveda



Sepulveda 

Ritratto di Riccardo Mannelli per l'intervista di Repubblica qui sotto

https://www.repubblica.it/cultura/2017/08/20/news/luis_sepu_lveda_sono_morto_tante_volte_-173435132/

Luis Sepúlveda: "Sono morto tante volte"

Antonio Gnoli

Lo scrittore: "La prima quando il Cile fu stravolto dal colpo di Stato, la seconda quando mi arrestarono, la terza quando imprigionarono mia moglie"

Nell'uomo comune la sofferenza è un peso; nell'artista prende la forma di un orizzonte. Qualcosa che va molto al di là dell'esperienza e diventa visione del mondo. Incontrando Luis Sepúlveda penso che la sua forza risieda in una certa dose e forma del dolore. Niente di prettamente sudamericano, anche se è nato in Cile. Niente che faccia davvero pensare alla tristezza delle vaste praterie. È un dolore verticale che si misura semmai con le altezze delle Ande e con la freddezza dei suoi ghiacciai. Luis è un uomo concreto. Solido. Senza questo carattere difficilmente sarebbe sopravvissuto, non già alla sua scrittura che è bella, penetrante e a volte indignata, ma alla galera e alle torture che seppe infliggergli il regime di Pinochet. Di solito non amo i racconti politici, ma qui in gioco c'era la vita di un uomo che ha creduto e continua a credere. Un uomo famoso che vende milioni di copie dei suoi libri e che uscirà in settembre con il nuovo libro Storie ribelli.

Sei mai stato un uomo davvero felice?

"Mi chiedi troppo, però se ci penso una felicità speciale l'ho provata quando ho riavuto il mio passaporto cileno. Non molto tempo fa, del resto. Mi sono sempre sentito un uomo libero; ma quello straccio di documento, dopo 31 anni di esilio, dopo che avevo passato la vita a sentirmi un uomo cancellato, mi ha fatto uno strano effetto. Come un battesimo che non ti aspetti e quindi una rinascita".

Per rinascere bisogna morire.

"Sono morto tante volte, se è per questo. La prima quando il Cile fu stravolto dal colpo di Stato; la seconda quando mi arrestarono; la terza quando imprigionarono Carmen mia moglie; la quarta quando mi tolsero il passaporto. Potrei continuare". Dov'eri quando ci fu il golpe? " Non fu un semplice golpe, fu un assedio. Facevo parte della guardia personale di Allende. Quel giorno mi trovavo a una trentina di chilometri da Santiago. Ero addetto alla sicurezza delle acque pubbliche; dovevamo difendere le fonti di approvvigionamento. Per ben quattro volte la milizia di Pinochet aveva tentato di avvelenarle".

Come reagisti alla notizia dell'assedio?

"Cercammo di organizzarci, avanzando verso il centro di Santiago. Si combatteva lungo le strade. Poi sentimmo il rumore degli aerei e le esplosioni. Bombardarono il palazzo della Moneda. Provammo a resistere, soprattutto a Sud dove pensavamo che una controffensiva fosse ancora possibile. Ma il popolo non aveva armi".

Cosa accadde a quel punto?

"Venni arrestato. Era il 4 ottobre del 1973. Giorno del mio compleanno. Insieme ad altri venimmo circondati dai soldati e dalla polizia. L'accusa che mossero fu alto tradimento della patria e banda armata. Fui torturato, processato e condannato alla pena capitale. Il mio difensore era un tenente dell'esercito. Lui poteva parlare con me, io no. Alla fine mi disse che era riuscito a trasformare la condanna a morte in 28 anni di carcere".

Tu eri sposato?

"Anche mia moglie fu arrestata. C'eravamo conosciuti da adolescenti. Quando fu catturata non stavamo più assieme. Soprattutto per divergenze politiche. Carmen era di estrema sinistra io socialista. Lei fu portata nell'inferno di Villa Grimaldi. Venne torturata insieme ad altre tre donne. Alla fine pensando che fosse morta gettarono il corpo in una discarica. Un passante si accorse che era ancora in vita e fu così che si salvò".

Come hai fatto a lasciare la prigione e poi il Cile?

"Potrei dirti che a volte la scrittura salva la vita. Il mio insegnante di liceo mandò una mia raccolta di racconti a un premio cubano. Non pensavo assolutamente di diventare scrittore. Ma accadde che due di quei racconti furono pubblicati e poi tradotti in tedesco. Anni dopo, una ragazza di Amnesty vide il mio nome su una lista di cileni condannati e l'associò all'autore di quei due racconti che aveva letto. E fu così che in Germania e in parte del resto d'Europa ci fu una mobilitazione nei miei riguardi che si concluse con la mia scarcerazione e l'espulsione dal Cile nel 1977".

Lasciasti lì la tua famiglia?

"Quello che restava. Con Carmen ci saremmo rimessi insieme molti anni dopo. Lasciai Carlitos il maggiore dei miei figli. Aveva 5 anni quando lasciai il Cile, lo avrei rivisto solo anni dopo, in Svezia".

Chi erano i tuoi?

"Mio padre era cuoco e mia madre infermiera. Li ho molto amati per non avermi mai fatto pesare il ruolo di genitori. Ma la persona con cui mi sono sentito più in sintonia è mio nonno. Un anarchico che agli inizi del ' 900, a soli 16 anni, partecipò a una rivolta nella Spagna andalusa. Ci scappò un morto tra gli ufficiali e lui insieme ad altri compagni venne arrestato".

In seguito?

"Riuscì a fuggire e inseguendo gli ideali libertari finì prima nelle Filippine e poi in Equador. Impiantò anche una fabbrica di produzione di olio, con i profitti finanziò i movimenti anarchici e alla fine arrivò a Iquique, una città di minatori a nord del Cile che produceva fertilizzanti dal salnitro. Arrivò un mese dopo che l'esercito cileno aveva represso una rivolta con migliaia di morti. Fu qui che conobbe mia nonna, una dama di compagnia. Non so cosa vide in mio nonno. Erano due personalità diversissime. Forse per questo riuscirono ad amarsi profondamente".

Tu seguisti gli ideali del nonno?

"Da bambino mi leggeva Tolstoj e cercò di trasmettermi gli ideali anarchici. Si arrabbiò moltissimo quando gli confessai che ero entrato nella gioventù comunista. Mi disse: Luis, tu e i tuoi compagni lotterete per immaginare di essere liberi; io lotto per non dimenticare di esserlo stato".

Che cos'è la libertà per uno scrittore?

"Non è facile definirla. A volte penso alla responsabilità di scegliere le parole giuste; a volte immagino la libertà come un'attesa che può essere frustrata. Ti ricordi quel verso di Kavafis? Sta facendo buio e i barbari non vengono. Non sai mai quando il nuovo irromperà nella tua vita, nella tua scrittura".

Non sai come e quando ti cambierà.

"I libri sono bestie strane e imprevedibili come le storie che hanno dentro".

Le tue storie hanno spesso la forma della favola.

"È un genere che mi consente di creare dei personaggi soprattutto animali in grado di trasmettere valori come la giustizia, la fratellanza, la solidarietà".

A questo proposito la gabbianella è stata la tua favola di  esordio e di grande successo. Come è nata?

"Volevo scrivere qualcosa per i miei figli piccoli e per quelli dei miei amici".

Forse scrivi anche per te.

" Scrivo perché amo la mia lingua e in lei riconosco la mia unica patria. E poi si scrive per gli altri. Si scrive, come diceva il mio amico Osvaldo Soriano, per abitare nel cuore della gente migliore".

Lo hai conosciuto bene?

" Se l'ho conosciuto? Mi chiedi. Come si conosce un fratello che ami e rispetti. Le nostre passeggiate, i discorsi e i pensieri, e poi la tristezza, la grande tristezza di certi bar che frequentavamo a Buenos Aires. Le mattine per Osvaldo cominciavano alle cinque del pomeriggio".

Di cosa parlavate?

" Di tutto, degli amici che non c'erano più, dei fantasmi che a volte abitano nella testa di noi scrittori, parlavamo di quei personaggi condannati a essere dei perdenti. E quando eravamo stanchi come di istinto ci rifugiavamo in qualche caffè. Di solito sedevamo a un tavolo vicino alla finestra, seguendo un rituale mai dichiarato, lui ordinava due whiskey e un bicchier d'acqua minerale. Cominciava a bere il mio e io: posso bere il tuo Osvaldo? Meglio di no, ti fa male. La verità è che il medico gli aveva ordinato di non bere e di non fumare. Era piuttosto malconcio di salute".

L'unica volta che lo vidi, un sigaro enorme trionfava tra le labbra.

"Amava gli Avana, poteva tenerlo in bocca per ore torturandolo e sfilacciandolo. Poi quando lo strozzava fra le dita cominciava i suoi racconti fantastici. Le sue parole risvegliavano lo stupore e l'intelligenza. Mi manca Osvaldo. Mi manca la sua onestà. L'ultima volta che lo vidi sembrava molto stanco. Ci lasciammo, in una strada di Buenos Aires, con un lungo abbraccio. Convinti che non ci saremmo mai più rivisti. Lo guardai allontanarsi lentamente e piegarsi come per raccogliere qualcosa da terra. Capii che si era chinato per accarezzare un gatto randagio".

Uno che in qualche modo somigliava a Soriano fu Bolaño. Che ricordo hai di lui?

"Il ricordo si tinge di una pena infinita per la sua fine arrivata troppo presto, forse nel suo momento più creativo. Non l'ho mai conosciuto. Parlai due sole volte con lui, per telefono. Ero direttore di un Festival culturale e lo invitai. Accettò di partecipare. Ma una settimana prima mi chiamò per dirmi che stava male e che sarebbe iniziato un periodo duro per la sua vita. È stato un bravo scrittore, ma non era tra i miei favoriti. Il suo miglior libro per me resta Stella distante".

Chi sono gli scrittori del tuo continente che consideri imprescindibili?

"In testa metterei Francisco Coloane. L'ho amato moltissimo. Devo a lui se sono diventato scrittore. Un uomo del Sud, un avventuriero che sapeva spingersi in profondità nei territori più impervi. Arrivò alla letteratura con un linguaggio nuovo, a un tempo duro e tenero".

E Márquez?

" Come fai a metterlo in discussione? È l'immagine stessa dell'America Latina. Forse questo è il suo limite. Gli preferisco Juan Rulfo, che finalmente anche voi in Italia avete scoperto. E poi Julio Cortázar. Anche nelle frasi più sofisticate sapeva essere diretto. E poi mi piace Pablo Simonetti, un giovane che ha scritto tre romanzi bellissimi. Ma il mio preferito è Ramón Díaz Eterovic, uno di Punta Arenas, scrive in maniera magistrale".

Punta Arenas è la parte estrema del Sud America, qualcuno diceva dove le storie vanno a morire. Tu sei stato da quelle parti e scritto sulla Patagonia.

"Ci sono stato e anche a lungo. Partii per il Sud del mondo per vedere cosa vi avrei trovato. E furono giorni estenuanti che sapevano di zaino e di vento. Stava terminando la breve estate australe. Il vento gelido cominciò a spazzare le strade di Punta Arenas. Era solo metà marzo, ma sembrava di essere piombati in pieno inverno. Ero con il mio amico Daniel Mordzinski, il fotografo che mi aveva accompagnato in tante avventure. Ci guardammo: e ora che facciamo? Vedemmo nel cielo migrare stormi di ottarde. Loro si allontanavano". 

E voi?

"Ci venne in soccorso una storia dei primi del Novecento. Due signori, un croato e un tedesco, si fecero venire in mente la straordinaria idea di aprire un cinema proprio lì, sui bordi della fine del mondo, a Porvenir, che poi vuol dire " avvenire". José Bohr e Antonio Radonic girarono anche dei film. Nacque con loro il primo film cileno. E noi andammo a trovare un nipote di Antonio che ci raccontò questa storia magnifica. La Patagonia è sempre stata una terra di saccheggi e di sogni".

Chi l'ha resa un luogo di culto è stato Bruce Chatwin.

"Quella che lui ha raccontato è stata la "sua" Patagonia. Era un buon scrittore. Ci conoscemmo a Barcellona. Mi regalò uno dei suoi leggendari taccuini neri, un Moleskine su cui aveva annotato le sue impressioni. Scoprii che il primo ad usarli fu l'esploratore Amundsen. Ci vedemmo varie volte al Cafè Zurich. Era un conversatore affascinante. Ricordo che gli parlai della spiaggia di Gijòn, nelle Asturie, dove di solito vivo e dove i surfisti si allenano e fanno gare. Era curioso, brillante, seduttivo. Mi parlò dell'intenzione di raggiungere il Circolo Polare Artico. Non so se fece in tempo".

Forse no.

"È morto troppo presto e troppo giovane. Ma anche il Cafè Zurich credo non esista più".

Hai paura della morte tu che sei "morto" così tante volte?

"C'ho fatto l'abitudine. E poi la vera saggezza è sapere quando le cose finiscono. Soprattutto uno scrittore deve sapere quando dire basta. Non ripetersi. Perché scrivere deve essere un gesto libero e non una condanna".

Ti ha mai sfiorato questo dubbio?

"Sì, certo. So che un giorno anche per me verrà il momento di dire basta".

A quel punto?

"In quel preciso istante Sepúlveda non smetterà di vivere, perché c'è sempre un pezzo di esistenza oltre il racconto, oltre le storie, oltre la letteratura. Sarà come abbandonare qualcosa che mi appartiene. Mi è accaduto con il Cile e l'ho ritrovato, trent'anni dopo. Potrebbe accadere anche con il romanzo, il giorno in cui me ne dovessi allontanare. Tutto finisce, ma niente è davvero definitivo".

sabato 17 aprile 2021

Draghi: "Erdogan, dittatore, di cui però si ha bisogno"

 Mi è dispiaciuto moltissimo per l'umiliazione che la presidente Von der Leyen ha dovuto subire. Ma con questi, chiamiamoli per quel che sono, dittatori, di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell'esprimere la propria diversità di vedute, di opinioni sulla società

Mario Draghi, premier italiano 




Cose turche

Portos /Franco Portinari


Vauro


IL NOSTRO DITTATORE 

Draghi non pecca certo di mancanza di realismo e il suo giudizio su Erdogan potrebbe ricordare la vecchia battuta di Franklin Delano Roosvelt “He may be a son of a bitch, but he's our son of a bitch!”.

Ma ne siamo sicuri ?

Gianfranco Uber




Erdogan, il dittatore “necessario”

Durando


LA ROTTURA

Erdogan: "Le parole di Draghi totale maleducazione, danneggiate le relazioni"

"Prima di dire una cosa del genere a Tayyip Erdogan devi conoscere la tua storia, ma abbiamo visto che non la conosci. Sei una persona che è stata nominata, non eletta", ha detto il presidente turco.

#turchia #ERDOGAN #Draghi #Italia


Di fatto Erdogan potrà continuare fare tutte le cafonate che vuole e ad alzare la voce con chi si permette di chiamarlo dittatore, finché l'Europa continuerà a versargli denaro per bloccare i migranti (che lui utilizza a suo vantaggio come pedine).
Tomas





e vorrei ricordare che l'Italia non ha nessun bisogno di collaborare con nessun dittatore, caro Draghi: che come va a finire lo sappiamo bene.

Qui il rapporto di Amnesty International sulle violazioni del regime nel 2020: https://www.amnesty.it/.../europa-e-asia-centrale/turchia/

Gianlo

#Erdogan #turchia #democracy

https://gianloingrami.blogspot.com/.../democrazia-turca.html





14 aprile 2021 - Dopo che Draghi ha definito Erdogan «un dittatore di cui però si ha bisogno per collaborare», da più parti si cerca di ricucire lo strappo.

© Milko Dalla Battista

Mario Rex

Andrea Bersani

SBLOCCO LICENZIAMENTI

Nell'ultima conferenza stampa, Mario Draghi, ha parlato di Erdogan definendolo, giustamente, un dittatore e poi, forse a bassa voce, ha annunciato a che a giugno è previsto lo sblocco dei licenziamenti in Italia. La notizia è stata "soffocata" abilmente dallo schiamazzo derivato dallo scontro con la Turchia, della mancata poltrona a Ursula von der Leyen e del 'sofagate'. I licenziamenti previsti per il 30 giugno prossimo sono giustificati da Bankitalia e la Corte dei Conti. Un'eventuale proroga del blocco potrebbe solo danneggiare aziende e ripartenza del Paese. Un'ipotesi che i sindacati continuano ad avversare in nome di una necessaria pace sociale tanto più in un momento di pandemia che crea incertezza, tanto più che l'Istat ha certificato che con la pandemia si sono persi 800mila posti di lavoro. Considerando la situazione dei lavoratori in Italia, dell'occupazione già precaria pre pandemia, dell'incapacità di creare nuovi posti di lavoro e ricollocare i dipendenti, non vedo un futuro. Ancora una volta saranno i lavoratori, che non si sono affatto arricchiti dalla pandemia, a farne le spese. Complimenti!

https://www.nicocomix.it/sblocco-licenziamenti/

#Nicocomix #sbloccolicenziamenti #Landini #Draghi #Governo #lavoratori #pandemia #30giugno #disoccupazione #licenziamenti #Bankitalia #CortedeiConti #MarioDraghi #fumetti #vignette #satira #satirapolitica #politica #economia #Italia #drawing #painting #artist #Pil #inflazione #sciopero #scioperolavoratori #rivolta Mostra meno


Nicoletta Santagostino (Nicocomix)

10 April 2021

Erdogan, Kebab

the conditions of the refugees in the camps and their treatment. Erdogan cuts a kebab made of people and hopes.

https://cartoonmovement.com/cartoon/erdogan-kebab


Dài che abbiamo tutti quegli amici un po’ tiranni con cui dobbiamo per forza “cooperare”, perché ci facciamo affari insieme e perché, tra le altre cose, si trattengono in casa milioni di ospiti che non vogliamo. E ci diciamo “basta trovare il giusto equilibrio”.

E qual è, super Mario Draghi?

#erdoğan #mariodraghi #dittatore #affari #migranti #sofagate #compromesso #ursulavanderleyen #vignetta #alagon



#Italia #Armi #tiranni #ExportArmi 

Se facciamo gli impertinenti, i cattivi non ci comprano più le bombe. Attenti.

Mauro Biani

La notizia:

Il premier italiano Mario Draghi ha fatto una lezione di politica internazionale commentando quello che ai più ormai è noto come sofagate.

Di fronte al gioco delle sedie fatto dal presidente della Turchia, Recep Tayyib Erdogan, Draghi ha commentato: "Non condivido assolutamente il comportamento del presidente turco Erdogan, mi è dispiaciuto moltissimo per l'umiliazione che la presidente Von der Leyen ha dovuto subire". Per poi aggiungere: "Ma con questi, chiamiamoli per quel che sono, dittatori, di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell'esprimere la propria diversità di vedute e opinioni della società".

Mi è dispiaciuto moltissimo per l'umiliazione che la presidente Von der Leyen ha dovuto subire. Ma con questi, chiamiamoli per quel che sono, dittatori, di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell'esprimere la propria diversità di vedute, di opinioni sulla società

Mario Draghi, premier italiano 

A livello europeo, e non solo, infuriano polemiche e dibattito, la Turchia si è scusata dicendo di aver rispettato il protocollo (che di fatto ha lasciato la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen senza una sedia obbligandola a accomodarsi in disparte).

Ma non è finita, il ministro degli Esteri turco Cavusoglu ha puntato il dito contro Draghi, definendo la frase del premier italiano stracolma di retorica populista, e ingiusta nei confronti del presidente turco. E Ankara ha convocato l'ambasciatore italiano.

Antefatto

Durante la visita in Turchia del presidente del Consiglio europeo Charles Michel e della presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen è andata in onda la commedia dell'assurdo: accanto alla sedia di Erdogan, ce n'era solo una per due persone. La situazione ha creato un certo imbarazzo che la presidente della Commissione Von der Leyen ha esplicitato con incredulità e lasciandosi scappare un "ehm".

Dopo un attimo di esitazione, ma forse no, non c'è stata neppure esitazione, su quella poltrona si è seduto Charles Michel, lasciando in piedi la presidente della Commissione che si è accomodata sul divano, mentre le foto dell'accaduto facevano il giro del mondo.

La condanna del gesto è arrivata unanime da parte di tutto il mondo occidentale, come la solidarietà espressa alla presidente Von der Leyen e le accuse contro Erdogan, ma anche contro Michel. Il numero uno del Consiglio europeo, infatti, è stato criticato per essersi seduto e aver fatto in fondo il pesce lesso di fronte al sultano e dimenticando l'abc della galanteria, almeno quella europea.

La Turchia ha cercato di giustificarsi dicendo di aver rispettato il protocollo rispettando il ruolo di Michel: nel 2015 l'allora presidente Ue e presidente della Commissione, rispettivamente Donald Tusk e Jean-Claude Juncker, si erano seduti entrambi al fianco di Erdogan.

Anche per questo lo scivolone di oggi risulta ancora più grave e discriminatorio nei confronti di una donna. (Fatto che ci fa ricordare come la Turchia solo pochi giorni fa, il 20 marzo, si sia ritirata dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne).

Il colloquio turco-europeo aveva come obiettivo quello di rilanciare i rapporti tra Turchia e Unione europea

Radiotorrigliasound: Acidus scorie 21 " I Lombardi"

 


Vi siete persi la diretta di Acidus 21???
Ecco allora il podcast!!! 👇👇👇
https://www.radiotorrigliasound.it/acidus-scorie...
Prosegue lo sfaticato Giro d'Italia di Acidus Scorie. E da bravi antisportivi lo facciamo comodamente da seduti! La tappa di questa settimana ci porta in Lombardia, sotto la bella Madunnina per la precisione! Così ecco che l'invito è arrivato puntuale a tre bauscia d'eccezione: lo scrittore Giuseppe Ciarallo, il vignettista Mario Airaghi e il mitologico Tiziano Riverso che torna a farci compagnia dopo le fatiche sanremesi...


COPERTINA -TIZIANO RIVERSO💥💥💥


martedì 13 aprile 2021

The Prince Philip (1921- 2021)



The Queen lives
Paolo Lombardi

È morto all'età di 99 anni il Principe Filippo, Duca di Edimburgo e marito della regina Elisabetta II. A dare l'annuncio il sito della famiglia reale del Regno Unito.

"Sua Altezza Reale è deceduto serenamente questa mattina al Castello di Windsor. Ulteriori annunci saranno fatti a tempo debito. La Famiglia Reale si unisce al cordoglio di tutto il mondo nel piangere la sua perdita".

Era rientrato qualche settimana fa al Castello dopo un mese di ricovero ospedaliero, mancando di pochi mesi la boa del secolo vita.


Ed Hall




Luc Descheemaeker
10 April 2021
Prince Philip +


David Pugliese
9 April 2021
Prince Philip
Prince Philip, husband of Queen Elizabeth II, dead at 99.

Rod Emmerson on the death of the Duke of Edinburgh



Joep Bertrams



Morten Morland on the death of the Duke of Edinburgh 





Farewell Prince Philip 
The Duke of Edinburgh doffs his hat for the last time
Chris Riddell


Christian Adams on #PrincePhilipRIP



#PrincePhilip #dukeofedinburgh
Ben Jennings


Peter Brookes on the death of the Duke of Edinburgh



Filippo se ne è andato via.
Troppo presto.
Un pensiero per la povera Regina Elisabetta e per i suoi prossimi cent’anni senza il principe consorte.
Alagon


CI MANCHERANNO LE GAFFE DEL PRINCIPE DEI GAFFEUR 
Il principe consorte Filippo, duca di Edimburgo, morto oggi all'età di 99 anni, sarà ricordato per le sue numerose gaffe. Eccone alcune, tra le più clamorose.
1966: «Le donne britanniche non sanno cucinare».
1981, durante la recessione: «Tutti dicevano che dovessimo avere più tempo libero. E ora si lamentano di essere disoccupati»
1984, dopo aver ricevuto un regalo da una donna, in Kenya: «Lei è una donna, vero?»
1986, parlando a un gruppo di studenti britannici durante una visita reale in Cina: «Se state qui ancora a lungo, finirete con l'avere gli occhi a mandorla» 
1992, in Australia, quando gli fu chiesto se volesse abbracciare un koala: «Oh no, potrei prendere qualche orribile malattia»
1994, parlando a un abitante, benestante, delle isole Cayman: «La gran parte di voi discende da pirati, giusto?»
1995, parlando a un istruttore di scuola guida scozzese: «Come fate a tenere i nativi lontani dall'alcol il tempo necessario per passare l'esame?»
1996, commentando la richiesta di mettere al bando le armi da fuoco, dopo il massacro della scuola di Dunblane (dove un uomo uccise 16 bambini e la loro insegnante, prima di suicidarsi): «Mettiamo il caso che un giocatore di cricket prenda la sua mazza, entri in una scuola e inizi a massacrare con quella un sacco di gente, il che non è complicato — beh, che si fa, si mettono al bando le mazze da cricket?».
1997, parlando a un parcheggiatore dell'Università di Cambridge che non lo aveva riconosciuto: «Brutto imbecille!»
1999, parlando a un gruppo di giovani sordi a Cardiff, che si trovavano accanto a una banda di percussionisti: «Sordi? Beh, se siete qui accanto, non mi meraviglia che lo siate!»
2001, parlando a un tredicenne che gli confessava il suo sogno di andare nello spazio: «Sei troppo grasso per essere un astronauta!»
2002, parlando con degli aborigeni in Australia: «Tirate ancora le lance?» 
2002, parlando con una poliziotta che indossava un giubbotto antiproiettile: «Sembri una kamikaze»
2009, parlando al businessman Atul Patel durante un ricevimento a Buckingham Palace per gli indiani britannici: «C'è un sacco di gente della tua famiglia, qui, stasera» 
2013, parlando con un'infermiera filippina in un ospedale britannico: «Le Filippine devono essere mezze vuote, siete tutte qui a far funzionare il sistema sanitario pubblico britannico»
2013, parlando a Malala, la giovane afgana sfregiata dai talebani, che ora si batte per garantire alle ragazze il diritto di andare a scuola, in tutto il mondo: «I bambini vanno a scuola perché i genitori non li vogliono a casa»
Ivano Sartori




Prince Philip, the Duke of Edinburgh has been an enthusiastic Patron of The Cartoon Museum in London for over 20 years and his death has been greeted with sorrow.
Il principe Filippo, il Duca di Edimburgo, è stato un entusiasta mecenate del Museo dei Cartoni animati di Londra per oltre 20 anni e la sua morte è stata accolta con dolore.

lunedì 12 aprile 2021

12 aprile 1961, 60 anni fa il primo uomo nello spazio



60 years ago, on April 12, 1961, the first man was launched into space: Jurij Gagarin
Marco De Angelis
https://cartoonmovement.com/cartoon/60-years-ago-april-12-1961-first-man-was-launched-space-jurij-gagarin



Sessant’anni fa  
Il 12 aprile 1961 il cosmonauta sovietico Jurij Gagarin fu il primo a entrare in orbita. Rimase lassù solo 108 minuti. Gli bastarono per diventare un’icona planetaria ed entrare nella leggenda della «conquista» dello spazio. Aveva 27 anni, sarebbe morto a 34.


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Yuri Gagarin scelto dalle stelle

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12 aprile
In questo giorno si ricorda la giornata mondiale del volo spaziale umano.
L'Onu celebra l’uomo e lo spazio, una storia antica eppure ancora tutta da scrivere, in nome dell’abbattimento dei propri limiti e della conoscenza. Il 12 aprile 1961, per la prima volta nella storia, un essere umano, Yuri Gagarin, usciva dall’atmosfera terrestre ed entrava in orbita intorno al nostro pianeta a bordo della navicella Vostok. “La Terra è blu… Che meraviglia!”, furono le parole del primo uomo che avesse mai contemplato il pianeta dallo spazio.
Per ricordare un capitolo così importante della storia dell’umanità il 12 aprile si celebra la Giornata mondiale di volo umano nello spazio, istituita dalle Nazioni Unite nel 2011.




12 Aprile 1961
“Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”
Юрий Алексеевич Гагарин
Arrivoooooooooooooooooooooooo!!!
#yuri #yurigagarin #12april1961 
#spazio #space #vostok1 #confini #terra #Гагарин #vignetta #disegno #alagon
Alagon





 EU is First Too 
by Petar Pismestrovic, Kleine Zeitung, Austria



https://www.corriere.it/esteri/gagarin-volo-primo-uomo-nello-spazio/index.shtml?fbclid=IwAR2NzLUCrhch0ay3xb1H5GSG5HRftGf1e0aHrNOWOO_bIOhRpNWmXn248FU
Franco Portinari / PORTOS



12 aprile 1961
Erano gli anni del boom economico: era caccia aperta a lavatrici, televisori e frigoriferi, e sia in oriente, sia in occidente si gareggiava per la conquista dello spazio… 
Il 12 aprile di 60 anni fa alle 9:07 ora di Mosca, dalla rampa di lancio di Baikonur in Kazakistan, il primo uomo veniva proiettato verso le stelle. Il suo nome era Jurij Gagarin.
Lupo Alberto 
Silver



- ПОЕХАЛИ - (Yuri Gagarin tribute)
Luca Soncini

domenica 11 aprile 2021

45 Campionato Italiano della Bugia





L’ Accademia della Bugia, nell’ambito del 45° campionato italiano della Bugia, indice il concorso grafico a lei dedicato. Le motivazioni che hanno portato alla creazione di questo concorso, sono da ricercare nelle tradizioni piastresi, quando ci si ritrovava davanti a un fuoco a raccontare storie che mescolavano realtà e fantasia.  
La sezione grafica nasce negli anni ’80 per volere del vignettista Franco Bacci detto “Bac”. Illustrare una bugia, un fatto  paradossale o inverosimile si può? Sì, e i risultati sono stati esaltanti. 
Lo scorso anno sono stati oltre 70 i partecipanti a questa  sezione. 
E a quella internazionale hanno partecipato più di 300 disegnatori da tutti e cinque i continenti. 
Come partecipare. 
Inviando fino ad un massimo di 4 bugie all’indirizzo 
“Accademia della Bugia” – Via della Chiesa, 27 – 51100 Le Piastre (PT)
oppure all’indirizzo e-mail accademiabugia@gmail.com
Per partecipare basta compilare la scheda  sottostante. La sottoscrizione della scheda consentirà agli organizzatori di utilizzare le bugie come meglio riterrà opportuno  con scopi comunque legati al Campionato Italiano della Bugia. 
Il campionato si svolgerà i prossimi 31 luglio e 1 agosto 2021.
 Il  termine per inviare le proprie opere è il 4 luglio 2021. 
Tutti i disegni inviati potranno essere utilizzati dagli organizzatori ai  fini legati alla manifestazione, inserendo sempre la firma dell’autore.  
Il tema di questa edizione è: “SUCCEDE IN VIAGGIO”
Metafisico o reale, tutto quello che può accadere per spostarsi da un posto all’altro.  
Cosa si vince. Oltre a tanto onore, ci sono premi in puro metallo ricavato dalle cave della valle del Reno. I premi dedicati alla  sezione grafica sono 5: i Bugiardini d’oro, d’argento e Bronzo (riproduzioni in resina del simbolo della Bugia dall’alto valore  simbolico), oltre al premio popolare dedicato allo storico barbiere del paese, “Pitillo”. La giura, inoltre, si riserverà di  segnalare gli autori particolarmente meritevoli. Il vincitore avrà l’onore di realizzare il diploma e le immagini del materiale  pubblicitario del 45° Campionato Italiano della Bugia. I vincitori saranno ospitati dagli organizzatori. 
Per ricordare i 700 anni dalla scomparsa di Dante Alighieri è stato istituito un premio speciale per il miglior disegno che  ritrae il sommo poeta. In onore dell’anno  

Santo Giacobeo, il Comune di Pistoia mette  a disposizione un premio destinato alla  miglior bugia grafica dedicata al cammino. Suggerimento tecnico. Ricordate: disegnare  una bugia, un fatto paradossale o qualcosa di  clamorosamente falso è possibile  
anche senza l’ausilio del testo.  
ACCADEMIA DELLA BUGIA 
  
 CAMPIONATO ITALIANO DELLA BUGIA   www.labugia.it 




Il Bugiardino 2021 dedicato al viaggio, disegnato da Emilio Guazzone.