Giorgio è stato un grande giornalista, un grande cronista e un grande scrittore. Non era un letterato ma uno scrittore sì, dei vezzi letterari non aveva bisogno, era la fantasia a muovergli la mano e la penna. Vedeva i fatti, i luoghi, i personaggi e li raccontava, ma la fantasia li associava ad altri personaggi, ad altri luoghi e ad altri fatti. Passava da un tempo ad un altro e da un luogo ad un altro luogo senza separarli neppure con un "a capo", neppure con un punto, al massimo una virgola. La fantasia fa di questi miracoli e lui, sotto la maschera del contadino e del provinciale, sentiva e raccontava l'avventura delle persone, poi all'improvviso alzava gli occhi verso il cielo e descriveva le stelle come intermezzo e poi tornava a raccontare la storia d'un bandito o d'un corruttore, d'un mondo dove i leoni avevano lasciato il posto alle volpi e alle faine.[...]
(Eugenio Scalfari)
“L'Italia l'è malada” (Giorgio Bocca)
Martedì, 27 Dicembre 2011 di
Nadia Redoglia
Il Grande Vecchio che sapeva raccontare i natali di spiazzati e spiaggiati e narrarci quelli dei privilegiati non per dono divino, ma per furti con destrezza, è morto proprio nel giorno di Natale, questo Natale... Se n'è andato insieme ai morti da stufette mangia ossigeno (in questo Natale sono un casino: i termo succhiano troppo, così si supplisce), agli schiantati stradali ebbri (mica sobri) d'alcool a stomaci e cervelli vuoti (anche costoro, in 'sto Natale, si sono dati da fare) e agli assiderati o arsi vivi a seconda dei cartoni a disposizione: se insufficienti è buona la prima, se in soprannumero, accendendoli per scaldarsi, vale la seconda. Proprio non gliela fo ad accodarmi alla fila di quelli che pensano che morire nel giorno di Natale sia foriero di buon auspicio per ultraterreni "verdi pascoli". Giorgio Bocca (più di re Giorgio, Bocchino e Giorgino) apparteneva alla specie di quelli che hanno sempre lavorato a che i "verdi pascoli" fossero destinati (tutto l'anno) agli italiani vivi, seppur malati, più che ai morti.
Anagrammi
Stefano Bartezzaghi
PER IL PROVINCIALE
GIORGIO BOCCA
La penna è indocile, la voce è roca;
ci innalza la città, il
borgo ci gioca.
(25 dicembre 2011 - La Repubblica)
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Pietro Vanessi |
Io di Giorgio Bocca ricordo soprattutto una mattina di primavera del 1975. Avevo 13 anni. Lui 55. Venne alla mia scuola media, invitato da qualche prof, per il trentesimo della Liberazione. Ma ci parlò pochissimo della guerra. Ci raccontò invece come vedeva lui l’Italia di allora. La Dc, il compromesso storico, i poteri economici, l’influenza americana, quella vaticana. Almeno due o tre ore di conferenza, chiamiamola così, in cui non volava una mosca. Poi rispose alle domande di noi ragazzini, anche le più ingenue e sgangherate. Senza supponenza, trattandoci come adulti. Gli adulti di domani. Fu quella mattinata, uno dei viatici alla mia formazione civile e politica. Uno dei motivi per cui sono qui, adesso.
Quindi, grazie.
Questa democrazia malata la dobbiamo pure a questa sinistra alla D’Alema che collabora da 15 anni con Berlusconi. Hanno capito che, se non partecipano in qualche modo alla sua greppia, non campano più. (Giorgio Bocca)
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... bocca volat, scripta manent
Tullio Boi |
Il paese delle storie eterne
di Giorgio Bocca
Apri i giornali al mattino e sai già tutto: la noia spessa della società ladra. La scoperta che lo Stato è la vera banca dei ladroni(17 settembre 2010)
Il segreto di una lunga vita sta nel trovarla interessante non solo dopo le prime volte, ma sempre, anche dopo la centesima, nel conservare la curiosità dei bambini anche se gli anni passano. Le prime volte sono intense e memorabili: il primo amore ricordato per tutta la vita come l'unico, il più grande; il primo lutto familiare, la terribile scoperta che la morte non risparmia i cari, i più amati; il primo schiaffo ingiusto di tuo padre per un errore commesso da un altro; il primo desiderio sessuale. Anche la montagna della prima gita. Può essere una montagna qualsiasi, brulla, modesta, ma sognerai per tutta la vita la sua neve che si alzava sotto i tuoi sci, le curve che disegnavi come in una danza.
Forse per conservare il piacere della prima volta vengono in nostro soccorso le abitudini che ci fanno desiderare come la prima volta la sigaretta di ogni giorno, il cognac di ogni dopo pranzo. I giovani pensano che la lode del tempo passato sia mancanza di fantasia, di desiderio del nuovo, di gioventù. Ma il suo nome giusto è che si è esaurito lo stupore della prima volta, dell'emozione della prima volta di un colpo di fucile, di un mare in tempesta, di un fulmine che ti esplode a un passo.
Saper vivere, imparare a vivere è sapere che il mondo continua anche dopo la prima volta, che alla sorpresa dell'ignoto seguiranno quelle della conoscenza, delle sue complessità, dei suoi dubbi. Ma non è facile. La sorpresa della prima volta è vibrante, bruciante, forte, ha il segno dell'immortalità, il segno dell'evoluzione che non si ferma, della vita che continua. Solo le prime volte dei bambini possono far riscoprire ai vecchi il calore della vita che continua. La condanna a una vita fatta solo di seconde, di terze, di centesime volte, quella che a volte colpisce anche i paesi di lunga e ricca storia, anche come il nostro che più volte sono stati guida del mondo: la noia del risaputo e dell'inevitabile, la profondissima noia dei paesi dove il fare della minoranza al potere è rubare, ingannare, mentire.
Apri i giornali al mattino e sai già tutto ciò che vi è scritto, la noia spessa della società ladra. Che cosa ha fatto il ministro dello Sviluppo economico? Ha sviluppato le ristrutturazioni dei suoi alloggi con i soldi degli impresari favoriti negli appalti. Che cosa può aver combinato il direttore delle opere pubbliche che decide i finanziamenti per la produzione di energie rinnovabili? Si è messo d'accordo con un noto faccendiere in odor di mafia e di massoneria deviata, un amico di "Cesare", del politico onnipotente, e a forza di faccende inconfessabili se non al magistrato ha fatto miliardi sui terremoti, sulle alluvioni e sulla siccità perché l'utile e il dilettevole della società ladra è far soldi con le imprese più facili, ultima quella di privatizzare l'acqua.
Altro che sorpresa delle prime volte, questo è diventato il paese delle storie eterne, a ben vedere sempre la stessa, la scoperta che lo Stato è la vera banca dei ladroni, la grande cassaforte da cui possono tirar fuori i soldi a palate, ma che diciamo, a colline, a montagne con una facilità inaudita. Basta trovare o farsi trovare dal capo cordata, dal ducetto di turno, dall'uomo della fortuna, dall'incantatore e tutte le porte del tesoro si aprono, anche quelle delle sciagure e dei disastri nazionali e mondiali, come nella storia esemplare dei costruttori di alloggi che si felicitano l'un l'altro per gli ottimi affari che faranno sull'Abruzzo terremotato.
La vita non è fatta così? La stagione giovanile delle prime volte emozionanti e poi le centinaia, le migliaia di seconde volte sicure come la morte, nella società ladrona.
da L'Espresso
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GIORGIO BOCCA, GIORNALISTA ONESTO - Luca Boschi
Addio a Giorgio Bocca (Tribute Video)