L'amico Mario Bochicchio mi ha omaggiato di questa vignetta.
Commossa ve ne rendo partecipi .
Grazie Mario!
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giovedì 3 gennaio 2013
sabato 3 novembre 2012
La Settimana Enigmistica straccia la borsa
La Settimana Enigmistica straccia la borsa
Tiberio 56 : "Ottima notizia che risalta nel mare di quelle cattive, una attività imprenditoriale che produce ricchezza.
Ottima anche per i lettori, dovrebbe allontanare nel tempo un aumento del prezzo di copertina.
Ottima anche per i lettori, dovrebbe allontanare nel tempo un aumento del prezzo di copertina.
giovedì 11 ottobre 2012
Riverso internazionale: vola in Australia con Alda Merini
Riverso internazionale: vola in Australia con Alda Merini
e con lui anche le "vignette per Alda" !!!!!
Italian Institute of Culture, Melbourne:
(fonte)
Time: 5.30pm-7.00pm
Venue: Italian Institute of Culture, Melbourne
Organised by: Italian Institute of Culture, Melbourne
In collaboration with:
Free event. Bookings essential. Email: bookings.iicmelbourne@esteri.it - Tel. 98665931
intervista a Patrizia Burley a partire da 14m41s
Oggi sull' Inform@zione
Riverso internazionale: vola in Australia con Alda Merini
BUSTO ARSIZIO - Il nostro cartoonist Tiziano Riverso non finisce mai di stupire. A lui, infatti, è stata affidata la copertina della raccolta di poesie di Alda Merini realizzata da Patrizia Burley, docente del Politecnico di Milano, ora residente in Australia. Il volume sarà presentato in occasione della Settimana della Cultura Italiana a Melbourne, nel mese di novembre.
Ma non è finita: “Mi aveva chiesto di realizzare alcuni disegni su Alda Merini, e così ho fatto. Poi ho pensato di coinvolgere una quindicina di disegnatori italiani che avevano trattato il tema della poetessa”, spiega “Tiz”. Così, ecco realizzata una mostra, in concomitanza con la presentazione.
Questi alcuni dei disegnatori che Riverso ha coinvolto, grazie a Raffaella Spinazzi (curatrice dell’umoristico internazionale “Fany-Blog”): De Angelis, Nardi, Magnasciutti, Uber, Biani, Palazzo, Alfieri, Beduschi, Sanna, Grieco e molti altri ancora. “Mi sembrava dovuto un omaggio alla poetessa proprio dai colleghi - racconta Riverso - che ben contenti hanno dato la loro disponibilità”.
La manifestazione, inoltre, ha un sapore davvero internazionale: dopo Melbourne, girerà l’Australia, per poi approdare nel Bel Paese.
Ecco, di seguito, la copertina di Riverso e alcuni disegni della mostra
Nota:
e con lui anche le "vignette per Alda" !!!!!
Italian Institute of Culture, Melbourne:
Alda Merini
When anguish
Alda Giuseppina Angela Merini was born in Milan on 21 March 1931. She wrote poetry since she was very young and continued to write it despite her mental illness, with frequent admissions to mental institutions and a host of other difficulties which marked her life. She was proposed for the Nobel prize in 1996 and in 2001, received the Premio Librex Montale for her poetry in 1993 and the Premio Viareggio in 1996 as well as other awards. Alda Merini died in Milan on the 1st of November 2009 aged 78. She is considered one of Italy’s literary giants of the Twentieth Century "When I began this project I knew little about Alda Merini. My wish was to pay homage to an important artist who had passed away. I now know that she was not only a great poet, but also a talented pianist and a beloved show woman who attracted large crowds, even when, an elderly lady, she appeared on stage humbly dressed and leaning on her walking stick. Most of all, I have grown to love her intellect, her sense of humour, and her irrepressible humanity. Now, after spending two years in her company, I realise that I will miss the daily contact with this superb poet. She has been such an original and entertaining travel companion and I am grateful that she shared some of my journey." (Patrizia Burley) Patrizia Burley migrated to Australia in 1969, a recent graduate from the University of Rome and the new wife of a promising, young Australian academic she had met in Cambridge. They have four children and two grandchildren. Patrizia Burley’s professional experience spans about 40 years. She has lectured in Art History and Italian Studies and in Interpreting and Translating Studies in Australian and Italian Universities. She has worked as a freelance interpreter, a translator and a radio journalist in Australia and Italy. Patrizia is a prize winning poet. Her work is published in Italy.(fonte)
Information
Date: Friday, October 19, 2012Time: 5.30pm-7.00pm
Venue: Italian Institute of Culture, Melbourne
Organised by: Italian Institute of Culture, Melbourne
In collaboration with:
Free event. Bookings essential. Email: bookings.iicmelbourne@esteri.it - Tel. 98665931
intervista a Patrizia Burley a partire da 14m41s
Oggi sull' Inform@zione
Riverso internazionale: vola in Australia con Alda Merini
BUSTO ARSIZIO - Il nostro cartoonist Tiziano Riverso non finisce mai di stupire. A lui, infatti, è stata affidata la copertina della raccolta di poesie di Alda Merini realizzata da Patrizia Burley, docente del Politecnico di Milano, ora residente in Australia. Il volume sarà presentato in occasione della Settimana della Cultura Italiana a Melbourne, nel mese di novembre.
Ma non è finita: “Mi aveva chiesto di realizzare alcuni disegni su Alda Merini, e così ho fatto. Poi ho pensato di coinvolgere una quindicina di disegnatori italiani che avevano trattato il tema della poetessa”, spiega “Tiz”. Così, ecco realizzata una mostra, in concomitanza con la presentazione.
Questi alcuni dei disegnatori che Riverso ha coinvolto, grazie a Raffaella Spinazzi (curatrice dell’umoristico internazionale “Fany-Blog”): De Angelis, Nardi, Magnasciutti, Uber, Biani, Palazzo, Alfieri, Beduschi, Sanna, Grieco e molti altri ancora. “Mi sembrava dovuto un omaggio alla poetessa proprio dai colleghi - racconta Riverso - che ben contenti hanno dato la loro disponibilità”.
La manifestazione, inoltre, ha un sapore davvero internazionale: dopo Melbourne, girerà l’Australia, per poi approdare nel Bel Paese.
Ecco, di seguito, la copertina di Riverso e alcuni disegni della mostra
Nota:
Tiziano Riverso volevo avvisare tutti i disegnatori che hanno contribuito che man mano che usciranno articoli verranno citati...
Finalmente il 19 ottobre la presentazione del libro di Alda Merini, con la copertina di Tiziano Riverso, in Australia!!!!
ed annessa la mostra di disegni per Alda dei maggiori disegnatori italiani raccolta da FANY BLOG
ed annessa la mostra di disegni per Alda dei maggiori disegnatori italiani raccolta da FANY BLOG
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mercoledì 18 aprile 2012
Portos ritrae i leader delle due Leghe per il MisFatto
E' il 15 aprile in edicola Il MisFatto
Sopra uno splendido Stefano DISEGNI moto munito , segretario e caro leader della Lega Ovest
nuova formazione politica!
Sotto alcune foto di Bossi, il grande protagonista della Saga del Grano Padano, in alcuni momenti significativi della sua vita , la raccolta delle ampolle di fiume, il diploma della scuola Radio Elettra 2000, sul palco prima a Castrocaro e poi ai Festival de L'Unità
Scuola Radio Elettra
Festival Castrocaro
Festival de L'Unità
da Il MisFatto del 15 aprile 2012 disegni di Franco Portinari
Nasce la Lega Ovest Il segretario e caro leader Stefano Disegni Qui la pagina del MisFatto |
Sopra uno splendido Stefano DISEGNI moto munito , segretario e caro leader della Lega Ovest
nuova formazione politica!
Sotto alcune foto di Bossi, il grande protagonista della Saga del Grano Padano, in alcuni momenti significativi della sua vita , la raccolta delle ampolle di fiume, il diploma della scuola Radio Elettra 2000, sul palco prima a Castrocaro e poi ai Festival de L'Unità
Scuola Radio Elettra
Festival Castrocaro
Festival de L'Unità
da Il MisFatto del 15 aprile 2012 disegni di Franco Portinari
martedì 7 febbraio 2012
Walter Bonatti
click to enlarge Walter Bonatti [disegno a matita, Raffaella Spinazzi/Fany] |
Mio nonno fin da piccina, quando combinavo qualche marachella, soleva dirmi: " E' lunga la strada per salire sul K2!"
Mio nonno era rimasto colpito dalla grande impresa di Walter Bonatti e dei suoi compagni nella conquista del K2 e me ne ha lasciato un ricordo bellissimo.
"Do molto importanza all'immaginazione, al sogno, al mettersi alla prova, alla fantasia...
e la montagna esalta tutto ciò.
Potenzialmente sono nato alpinista in riva al Po, potenzialmente!
Perchè per la fantasia, il mettermi alla prova coi miei piccoli a amici , eravamo dai 10 ai 13 anni e il nostro metterci alla prova, consisteva nell'attraversare a nuoto il Po dalla riva emiliana a quella Lombarda, ma c'era di mezzo l'ostacolo, la conquista. A cavallo di un relitto, portato dalla corrente del Po, io viaggiavo... è stata un'anticipazione di tutto ... poi salivo sul pioppo più alto e guardavo le montagne violette dalla lontananza, che erano le Prealpi e che erano per me la cima del mondo... questo quando ero dai miei parenti emiliani...."
Walter Bonatti
Reinhold Messner ricorda il suo amico, per il quale nel giugno di un anno fa aveva organizzato una festa per l'80/o compleanno. «Bonatti è stato uno degli alpinisti più grandi della storia, l'ultimo alpinista tradizionale, fortissimo in tutte le discipline. Walter era però soprattutto una bellissima persona, tollerante e amorevole». E aggiunge: «Walter ci lascia un grande testamento spirituale, quello di un uomo pulito che per le vicende accadute sul K2 è stato calunniato per 50 anni, ma alla fine tutti gli hanno dovuto dare ragione(fonte)
http://www.corriere.it/cronache/09_novembre_20/lacedelli-k2-brevini_0f84f9ee-d5b9-11de-a0b4-00144f02aabc.shtml?fr=correlati
http://it.wikipedia.org/wiki/Spedizione_del_1954_al_K2_e_Caso_K2
Le straordinarie foto di Walter Bonatti
Walter Bonatti e Rossana Podestà, un’avventura meravigliosa
Walter Bonatti, un italiano in cima al mondo
INTERVISTA DI VANITY FAIR A ROSSANA PODESTA’, COMPAGNA DI BONATTI “All’ospedale mi hanno allontanata da lui…”
sabato 24 dicembre 2011
Buon Natale!
Tanti auguri a tutti i visitatori del Blog,
a tutti i cari amici che mi sostengono ed in particolar modo agli artisti.
a tutti i cari amici che mi sostengono ed in particolar modo agli artisti.
Buon Natale!!
giovedì 13 ottobre 2011
Tarocchi d'autore
*
*
Ciellinus, Capital America e Spinazzi tre tarocchi * di Marco Tonus,
autore satirico italiano.
Marco Tonus giovane autore friulano collabora con
Il Male di Vauro e Vincino, il nuovo giornale satirico risorto nell'editoria italiana.
Biografia:
Marco Tonus è nato a Pordenone nel 1982. Fumettista, illustratore, graphic designer, mixa il tutto con la satira. Ha collaborato con diverse testate - tra cui Il Gazzettino, L'Unità, Il Mucchio Selvaggio, Il Fatto Quotidiano, Terra - e i maggiori giornali di satira italiani, come Cuore, Il Vernacoliere, Emme e Il Male. Ha vinto diversi premi nazionali e internazionali di humor, satira e caricatura. Nel 2010 è l'unico italiano segnalato tra i 50 migliori vignettisti d'Europa secondo il Press Cartoon Europe. Sue vignette e interventi grafici si trovano in diversi siti internet, da Scaricabile a Umore Maligno.
Qui sotto alcuni dei suoi tanti disegni satirici :
vincitrice al festival ACQUAVIVA nei Fumetti SATIRA: tema "Più spazi, meno ospizi", 1º premio a MARCO TONUS di Pasiano (PN) |
"Ritorno a squola" Marco Tonus 1° premio -SATIROFFIDA 2007 |
Riassunto
(cambi di finale)di Marco Tonus |
A ciascuno il proprio giornale Marco Tonus - Unità 24/08/2009 Selezionata tra le migliori 50 in Europa dal Press Cartoon Europe. |
In Principio "E Dio creò la vita." Marco Tonus- EMME n. 61 del 22 /12/2008. |
SOLUZIONI dei TAROCCHI:
Ciellinus (Linus), Capital America (Capitan America) e Spinazzi (Spinoza).
*= Tarocchi =La soluzione si basa su taroccamenti, lievi modifiche, di titoli di film, libri, canzoni, opere liriche, prodotti commerciali, ecc a cui si deve arrivare tramite esposti divertenti
Il gioco è nato nel 2005 sul forum di “Aenigmatica” da un’idea di Daren; il nome è
stato proposto da Idadora.
Esempio di Daren (8 10)
Molta emozione ha destato la notizia
che alcune grosse anguille, destinate a
morire per il cenone di Natale, si sono
a cui si tuffate da sole nell’olio bollente.
soluz.: capitoni coraggiosi
La Sibilla n.1-2006, p. 44 La Sibilla n.2-2006, p. 58
lunedì 7 marzo 2011
100.000 ...
... visite!!
Confesso gongolo ... grazie a tutti!
domenica 13 febbraio 2011
"Farò causa allo Stato" (l'ira di Silvio)
Dopo aver saputo la decisione del tribunale di Milano
La Procura di Milano ha chiesto il giudizio immediato per il premier in base a prove considerate tanto evidenti da permetterne una richiesta di condanna. Berlusconi attacca i pubblici ministeri, li definisce «eversivi», parla di «schifo» e «vergogna», annuncia una causa contro lo Sta-to-eannuncia che è pronto a portare al Quirinale il decreto legge sulle intercettazioni. Il Pdl, dopo un vertice a palazzo Grazioli: «Gravissimo uso politico della giustizia».
"Pm eversivi, farò causa allo Stato" - Sfogo del premier: schifo eversivo. Dovrò fare causa allo Stato
Il frutto proibito
Giannelli http://www.corriere.it/
Certezza assoluta
-Faccio causa allo stato!
-Ed è sicuro che la vinco perchè lo stato sono io!
Giannelli http://www.corriere.it/
Benny per Libero
CI VEDIAMO IN TRIBUNALE !!
Il piccolo Silvio è esasperato.
I brandelli di magistratura ancora in vita, dopo le sue riforme, lo attaccano da tutti i fronti.
La sua libertà di delinquere è in pericolo.
E allora cosa gli rimane ??
Rivolgersi alla stessa magistratura per pretendere giustizia !!
Roberto Mangosi www.enteroclisma.com
L'Ira del Pelide Silvio - fany
La Procura di Milano ha chiesto il giudizio immediato per il premier in base a prove considerate tanto evidenti da permetterne una richiesta di condanna. Berlusconi attacca i pubblici ministeri, li definisce «eversivi», parla di «schifo» e «vergogna», annuncia una causa contro lo Sta-to-eannuncia che è pronto a portare al Quirinale il decreto legge sulle intercettazioni. Il Pdl, dopo un vertice a palazzo Grazioli: «Gravissimo uso politico della giustizia».
"Pm eversivi, farò causa allo Stato" - Sfogo del premier: schifo eversivo. Dovrò fare causa allo Stato
Causa effetto
fabiomagnasciutti Il frutto proibito
Giannelli http://www.corriere.it/
Certezza assoluta
-Faccio causa allo stato!
-Ed è sicuro che la vinco perchè lo stato sono io!
Giannelli http://www.corriere.it/
Benny per Libero
CI VEDIAMO IN TRIBUNALE !!
Il piccolo Silvio è esasperato.
I brandelli di magistratura ancora in vita, dopo le sue riforme, lo attaccano da tutti i fronti.
La sua libertà di delinquere è in pericolo.
E allora cosa gli rimane ??
Rivolgersi alla stessa magistratura per pretendere giustizia !!
Roberto Mangosi www.enteroclisma.com
L'Ira del Pelide Silvio - fany
sabato 22 gennaio 2011
Laurea in legge con dedica.
In quei di Genova stamane lo scrittore Roberto Saviano è stato insignito della laurea ad honorem in legge.
Grandissime Felicitazioni Roberto!
e... ha fatto la dedica...
Genova, 22 gen. (Adnkronos) - Lo scrittore Roberto Saviano ha dedicato la laurea ad honorem in Giurisprudenza ricevuta questa mattina all'università di Genova: "Ai magistrati Ilda Boccassini, Antonio Sangermano e Pietro Forno che stanno vivendo giornate complicate solo per avere fatto il loro mestiere".
Quindi lo scrittore e giornalista anti-mafia nella sua lectio magistralis ha ribadito il suo allarme contro la 'macchina del fango': chi racconta la verità sul potere oggi in Italia viene delegittimato e ha paura. "Le ore che vive il Paese - ha detto Saviano - sono complesse nella misura in cui chi racconta oggi ha paura. Siamo in democrazia - ha precisato - ma non si può negare che chiunque decida di prendere posizione critica verso il potere, verso il governo, sa cosa lo aspetta: delegittimazione, fango. La macchina del fango colpisce chi cerca di criticare".
Secondo Saviano "c'è un meccanismo strano: se tu racconti quello che è considerato dai magistrati un mio crimine nelle mie stanze private, io racconto le tue stanze private, racconto il tuo spazio. Attenzione, tutti hanno gli scheltrini negli armadi. In questo Paese - ha aggiunto - la parola continua a esistere, per fortuna, ma si ha soprattutto paura di una conseguenza personale. Questo sta avvenendo, è sempre avvenuto a chi cerca di contrastare le organizzazione le criminali. L'obiettivo è quello di dire: siamo tutti così".
Secondo lo scrittore "compito di un intellettuale in queste ore è quello di dire: non è vero non siamo tutti uguali", in momenti in cui "l'obiettivo continuo di parte dei media è dimostrare che siamo tutti sporchi e quindi dobbiamo stare tutti zitti". Da parte di chi ascolta "il compito è quello di discernere".
GIUDIZIO IMMEDIATICO
Berlusconi rifiuta di comparire davanti al PM. I magistrati confermano l'intenzione di proseguire comunque l'inchiesta.
Pubblicato da uber
Etichette: berlusconi, MAGISTRATURA
----------------------
Nota:
La reazione della figlia del premier Marina Berlusconi: «Provo orrore»
Marina Berlusconi: orrore per le dichiarazioni di Saviano. «Mi fa letteralmente orrore che una persona come Roberto Saviano, che ha sempre dichiarato di voler dedicare ogni sua energia alla battaglia per il rispetto della libertà, della dignità delle persone e della legalità, sia arrivata a calpestare e di conseguenza a rinnegare tutto quello per cui ha sempre proclamato di battersi». Lo ha dichiarato il presidente di Fininvest e Mondadori Marina Berlusconi in relazione alle affermazioni fatte a Genova da Roberto Saviano.
Una presa di posizione che raccoglie il plauso dal Pdl. «Saviano - dice il portavoce del Pdl Daniele Capezzone - è diventato un' icona di conformismo manettaro. Marina Berlusconi ha trovato le parole giuste. Io non avevo e non ho alcun pregiudizio contro Roberto Saviano, e anzi nei mesi scorsi avevo trovato sciocche alcune polemiche nei suoi confronti scatenate meccanicamente da esponenti di centrodestra. Pensavo (o forse mi illudevo) che, nel suo percorso intellettuale e civile, Saviano volesse riservarsi il gusto dell'imprevedibilità, di una contraddizione vitale e inattesa, della non omologazione. E invece arrivano le sue parole di oggi, che addolorano. Saviano si candida così ad essere icona di un conformismo manettaro, che Marina Berlusconi ha trovato le parole giuste per definire e commentare. Peccato: altro che nuovo Pasolini, qui non si va oltre il livello di Leoluca Orlando".
"Nelle parole di Marina Berlusconi - fa eco la vicepresidente del Gruppo Pdl alla Camera Jole Santelli- non c'è solo l'affetto di una figlia, ma la triste presa d'atto da parte di un cittadino italiano e la riflessione di un importante manager. Una fotografia chiara della attività di parte della magistratura che non fa onore ad un Paese che dovrebbe far parte delle grandi democrazie e che dovrebbe essere la culla del diritto. Per Berlusconi sono state calpestate le garanzie fondamentali che spettano a ciascun cittadino".
Il sostegno dell'Idv. Con una nota del portavoce Leoluca Orlando, Italia dei Valori esprime solidarietà a Robertto Saviano e «lo incoraggia ad andare avanti». «Marina Berlusconi dovrebbe provare orrore per i festini di suo padre, chiamato papi dalle escort, e per come si comporta con le donne trattate come oggetti e non rispettate nella loro dignità. Ci sorprende che proprio una donna non si vergogni di dire ciò che dice la figlia del premier. L'utilizzatore finale dovrebbe andare a nascondersi e la figlia dovrebbe ringraziare chi, come Saviano, vive sotto scorta perché lotta contro la criminalità organizzata».
Lo sconcerto del Pd. «Sconcertano e addolorano le dichiarazioni di Marina Berlusconi: questa mattina ho potuto ascoltare le parole di Saviano direttamente dalla sua voce. Ero infatti presente al conferimento della laurea honoris causa. Roberto Saviano ha spiegato come la macchina del fango possa svolgere una funzione intimidatoria nei confronti di tutti coloro che hanno il compito di raccontare e di contrastare il crimine e come questo meccanismo rischi di intaccare la qualità della nostra democrazia». Sono queste le parole di Andrea Orlando, responsabile giustizia del Pd.
(fonte)
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SAVIANO risponde
Uber per Tutta la città ne parla - radio3
Grandissime Felicitazioni Roberto!
e... ha fatto la dedica...
Saviano dedica laurea ad honorem ai pm.
Genova, 22 gen. (Adnkronos) - Lo scrittore Roberto Saviano ha dedicato la laurea ad honorem in Giurisprudenza ricevuta questa mattina all'università di Genova: "Ai magistrati Ilda Boccassini, Antonio Sangermano e Pietro Forno che stanno vivendo giornate complicate solo per avere fatto il loro mestiere".
Quindi lo scrittore e giornalista anti-mafia nella sua lectio magistralis ha ribadito il suo allarme contro la 'macchina del fango': chi racconta la verità sul potere oggi in Italia viene delegittimato e ha paura. "Le ore che vive il Paese - ha detto Saviano - sono complesse nella misura in cui chi racconta oggi ha paura. Siamo in democrazia - ha precisato - ma non si può negare che chiunque decida di prendere posizione critica verso il potere, verso il governo, sa cosa lo aspetta: delegittimazione, fango. La macchina del fango colpisce chi cerca di criticare".
Secondo Saviano "c'è un meccanismo strano: se tu racconti quello che è considerato dai magistrati un mio crimine nelle mie stanze private, io racconto le tue stanze private, racconto il tuo spazio. Attenzione, tutti hanno gli scheltrini negli armadi. In questo Paese - ha aggiunto - la parola continua a esistere, per fortuna, ma si ha soprattutto paura di una conseguenza personale. Questo sta avvenendo, è sempre avvenuto a chi cerca di contrastare le organizzazione le criminali. L'obiettivo è quello di dire: siamo tutti così".
Secondo lo scrittore "compito di un intellettuale in queste ore è quello di dire: non è vero non siamo tutti uguali", in momenti in cui "l'obiettivo continuo di parte dei media è dimostrare che siamo tutti sporchi e quindi dobbiamo stare tutti zitti". Da parte di chi ascolta "il compito è quello di discernere".
GIUDIZIO IMMEDIATICO
Berlusconi rifiuta di comparire davanti al PM. I magistrati confermano l'intenzione di proseguire comunque l'inchiesta.
Pubblicato da uber
Etichette: berlusconi, MAGISTRATURA
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Nota:
Marina Berlusconi di PORTOS Comic strip |
La reazione della figlia del premier Marina Berlusconi: «Provo orrore»
Marina Berlusconi: orrore per le dichiarazioni di Saviano. «Mi fa letteralmente orrore che una persona come Roberto Saviano, che ha sempre dichiarato di voler dedicare ogni sua energia alla battaglia per il rispetto della libertà, della dignità delle persone e della legalità, sia arrivata a calpestare e di conseguenza a rinnegare tutto quello per cui ha sempre proclamato di battersi». Lo ha dichiarato il presidente di Fininvest e Mondadori Marina Berlusconi in relazione alle affermazioni fatte a Genova da Roberto Saviano.
Una presa di posizione che raccoglie il plauso dal Pdl. «Saviano - dice il portavoce del Pdl Daniele Capezzone - è diventato un' icona di conformismo manettaro. Marina Berlusconi ha trovato le parole giuste. Io non avevo e non ho alcun pregiudizio contro Roberto Saviano, e anzi nei mesi scorsi avevo trovato sciocche alcune polemiche nei suoi confronti scatenate meccanicamente da esponenti di centrodestra. Pensavo (o forse mi illudevo) che, nel suo percorso intellettuale e civile, Saviano volesse riservarsi il gusto dell'imprevedibilità, di una contraddizione vitale e inattesa, della non omologazione. E invece arrivano le sue parole di oggi, che addolorano. Saviano si candida così ad essere icona di un conformismo manettaro, che Marina Berlusconi ha trovato le parole giuste per definire e commentare. Peccato: altro che nuovo Pasolini, qui non si va oltre il livello di Leoluca Orlando".
"Nelle parole di Marina Berlusconi - fa eco la vicepresidente del Gruppo Pdl alla Camera Jole Santelli- non c'è solo l'affetto di una figlia, ma la triste presa d'atto da parte di un cittadino italiano e la riflessione di un importante manager. Una fotografia chiara della attività di parte della magistratura che non fa onore ad un Paese che dovrebbe far parte delle grandi democrazie e che dovrebbe essere la culla del diritto. Per Berlusconi sono state calpestate le garanzie fondamentali che spettano a ciascun cittadino".
Il sostegno dell'Idv. Con una nota del portavoce Leoluca Orlando, Italia dei Valori esprime solidarietà a Robertto Saviano e «lo incoraggia ad andare avanti». «Marina Berlusconi dovrebbe provare orrore per i festini di suo padre, chiamato papi dalle escort, e per come si comporta con le donne trattate come oggetti e non rispettate nella loro dignità. Ci sorprende che proprio una donna non si vergogni di dire ciò che dice la figlia del premier. L'utilizzatore finale dovrebbe andare a nascondersi e la figlia dovrebbe ringraziare chi, come Saviano, vive sotto scorta perché lotta contro la criminalità organizzata».
Lo sconcerto del Pd. «Sconcertano e addolorano le dichiarazioni di Marina Berlusconi: questa mattina ho potuto ascoltare le parole di Saviano direttamente dalla sua voce. Ero infatti presente al conferimento della laurea honoris causa. Roberto Saviano ha spiegato come la macchina del fango possa svolgere una funzione intimidatoria nei confronti di tutti coloro che hanno il compito di raccontare e di contrastare il crimine e come questo meccanismo rischi di intaccare la qualità della nostra democrazia». Sono queste le parole di Andrea Orlando, responsabile giustizia del Pd.
(fonte)
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SAVIANO risponde
Il vero “orrore” è isolare i magistrati.
di ROBERTO SAVIANO
Ho ricevuto la laurea honoris causa in Giurisprudenza, mi è stata conferita dall’Università di Genova; è stata una giornata per me indimenticabile. Credevo fosse fondamentale impostare la lezione, che viene chiesta ad ogni laureato, partendo proprio dall’importanza che il racconto della realtà ha nell’affermazione del diritto.
Soprattutto quando il racconto descrive i poteri criminali. Senza racconto non esiste diritto. Proprio per questo ho voluto dedicare la laurea honoris causa ai magistrati Boccassini, Forno e Sangermano del pool di Milano. Marina Berlusconi dichiara che le fa orrore che parlando di diritto si difenda un magistrato. Così facendo avrei rinnegato ciò per cui ho sempre proclamato di battermi. Così dice, ma forse Marina Berlusconi non conosce la storia della lotta alle mafie, perché difendere magistrati che da anni espongono loro stessi nel contrasto all’imprenditoria criminale del narcotraffico non vuol dire affatto rinnegare. Non c’è contraddizione nel dedicare una laurea in Giurisprudenza a chi attraverso il diritto cerca di trovare spiegazioni a ciò che sta accadendo nel nostro Paese. Mi avrebbe fatto piacere ascoltare nelle parole di un editore l’espressione “orrore” non verso di me, per una dedica di una laurea in Legge fatta ai magistrati. Mi avrebbe fatto piacere che la parola “orrore” fosse stata spesa per tutti quegli episodi di corruzione e di criminalità che da anni avvengono in questo paese, dalla strage di Castelvolturno sino alla conquista della ‘ndrine di molti affari in Lombardia. Ma verso questi episodi è stato scelto invece il silenzio.
Orrore mi fa chi sta colpevolmente e coscientemente cercando di delegittimare e isolare coloro che in questi anni hanno contrastato più di ogni altro le mafie. Ilda Boccassini, coordinatrice della Dda di Milano, ha chiuso le inchieste più importanti di sempre sulle mafie al Nord. Pietro Forno è un pm che ha affrontato la difficile inchiesta sulla P2 ed ha permesso un salto di qualità nelle indagini sugli abusi sessuali, abusi su minori. Antonio Sangermano, il più giovane, ha un’esperienza passata da magistrato a Messina, recentemente ha coordinato un’inchiesta, una delle prime in Italia, sulle “smart drugs”, le nuove droghe. Accusarli, isolari, delegittimarli, minacciare punizioni significa inevitabilmente indebolire la forza della magistratura in Italia, vuol dire togliere terreno al diritto. Favorire le mafie. Ecco perché ho dedicato a loro la lezione di cui, qui di seguito, potete leggere un ampio stralcio.
* * *
È difficilissimo in questa fase storica italiana parlare al grande pubblico di come la parola possa contrastare un potere fatto di grandi capitali, di eversione, di forza militare, di grandi investimenti internazionali. Ogni volta che mi trovo a parlare nelle università piuttosto che in tv, c’è sempre dell’incredulità: come è possibile che lobby così potenti possano avere paura della parola?
In realtà forse la dinamica è un po’ più complessa. Non è la parola in sé, scritta, pronunciata, dichiarata, ripresa, quella che fa paura. È la parola ascoltata, sono le persone che ascoltano e che fanno di quella parola le proprie parole. È questo che incute timore alle organizzazioni criminali. Paura che non riguarda semplicemente la repressione, loro la mettono in conto, come mettono in conto il carcere. Ma quasi mai mettono in conto l’attenzione nazionale e internazionale. Che poi significa semplicemente una cosa: significa dire che queste storie non riguardano solo gli addetti ai lavori, i politici locali, i magistrati, i cronisti, ma riguardano anche noi. Quelle storie sono le nostre storie, quel problema è il nostro problema, e va risolto perché è come risolvere la nostra stessa esistenza.
Raccontare è parte necessaria e fondamentale del diritto. Non raccontare è come mettere in discussione il diritto. Può sembrare un pensiero astratto ma quando si entra in conflitto con le organizzazioni, il loro potere, il loro modo di fare, allora si inizia a capire. E si capisce perché, non solo in Italia, c’è chi investe energie e interviene non sul racconto delle cose, ma su chi le racconta. Come se il narratore fosse responsabile dei fatti che sta narrando. Si invita per esempio a non raccontare l’emergenza rifiuti a Napoli per non delegittimare la città: quindi non sono i rifiuti che delegittimano la città ma chi li racconta. Se un problema non lo racconti, e soprattutto se non lo racconti in televisione, quel problema non esiste. È una sorta di teoria dell’immateriale, ma in realtà fa capire quanto sia fondamentale la necessità di raccontare.
Non è una particolarità italiana, dicevo. In Messico per esempio negli ultimi sei mesi sono stati ammazzati 59 giornalisti: ragazzi che avevano aperto dei blog, che avevano fondato delle radio, giornalisti delle testate più importanti. Caduti per mano del narcotraffico, che è oggi il più potente del mondo e che ha deciso di impedire la comunicazione di quello che sta succedendo in Messico con una scelta totalitaria, nell’eliminazione sistematica di chiunque tenti non solo di raccontare. Qualsiasi persona che inizi a raccontare diventa immediatamente un nemico, un pericolo perché accende la luce, anche piccola, ma che può interessare.
Ricordo una persona che ho molto stimato, e avevo conosciuto quando decise di esprimermi solidarietà nei momenti più difficili della mia vita: Christian Poveda. Aveva deciso di andare in Salvador a raccontare la Mara Salvatrucha, potentissime bande di strada che controllano lo spaccio della coca. Poveda li riprende con il loro consenso e ne fa un documentario dal titolo La vida loca, meravigliosamente tragico, forte perché anche lì c’è quel principio: queste storie diventano le storie di tutti. Ebbene Poveda con questo documentario comincia ad accendere luci ovunque, anche sui rapporti tra le Maras e la politica. Iniziano ad arrivare i giornalisti. E il 20 settembre del 2009 sparano in testa a Christian, che muore in totale silenzio, sia in Italia che in Europa, lasciando in qualche modo una sorta di ormai fisiologica accettazione: hai scritto di queste cose, o meglio hai ripreso questo cose, non puoi che essere condannato.
Spesso la morte non è neanche la cosa peggiore. Chi prende questa posizione, chi usa la parola per raccontare, per trasformare, paga un prezzo altissimo, nella delegittimazione, nell’isolamento e in quello che devono pagare i loro cari. La poetessa russa Anna Achmatova vive il periodo della rivoluzione bolscevica, il regime la considera una dissidente, una sorta di scarto della società del passato da modificare. Il suo ex marito che è un grandissimo poeta, viene fucilato, bisognava indebolirla in tutti i modi. Lei era già diventata una poetessa di fama soprattutto in Francia, quindi era difficile toccarla senza dare un’immagine repressiva della Russia sovietica. La prima cosa che fanno è cercare di spezzarle la schiena poetica: le arrestano il figlio. Lei è disposta a scambiare la vita del figlio con la sua. Non serve a molto, lui resta in carcere e lei racconta una scena bellissima: ogni mattina migliaia di donne si mettevano in fila davanti alle carceri sovietiche portando dei pacchi, spesso vuoti, soltanto per vedere l’espressione del secondino. Se il secondino accettava il pacco significava che la persona, marito, figlio, fratello, padre, era viva. Se non lo accettavano era stata fucilata. Quando lei si presenta il secondino la riconosce: “Ma lei è Anna Achmatova”. Lei fa cenno di sì, e la persona che sta dietro: “Ma lei è una poetessa, quindi può raccontare tutto questo”. Lì c’è una poetessa, piccola magra, devastata dai suoi drammi, che diventa all’improvviso la speranza. I versi diventano la speranza: può raccontare, può far esistere, cioè può trasformare.
Mi sono sempre chiesto come si fa a vivere così, come hanno fatto queste persone a sopportare decenni di delegittimazione, per aver scritto poesie o anche solo delle canzoni. Come è successo a Miriam Makeba, a cui il governo bianco sudafricano ha inflitto trent’anni di esilio per il disco “Pata pata”, una canzone che racconta di una ragazza che vuole solo danzare, divertirsi, che vuole essere felice. Ma questo fa paura, voler vivere meglio fa paura, Miriam Makeba fa paura. E più canta nei teatri di tutto il mondo, più l’Africa intera si riconosce in quella canzone, che non parla di indipendenza, di lotta ai bianchi, ma di voglia di vivere e felicità. Fin quando non arriva il governo Mandela che la richiama in Sudafrica. È anche questa l’incredibile potenza della parola. Per questo sono convinto che il racconto sia parte del diritto, non può esistere il diritto senza racconto. Ma oggi, e non è solo la mia opinione, in Italia chi racconta ha paura. Certo, siamo in una democrazia, non abbiamo a che fare con un regime, con le carceri. Non siamo in Cina. Ma non si può negare che chiunque oggi decida di prendere in Italia una posizione critica contro il potere, contro il governo, rischia la delegittimazione, rischia di essere travolto dalla macchina del fango. Quando accende il computer per iniziare a scrivere sa già cosa gli può succedere. La formula è scientifica e collaudata: “Se tu racconti quello che dai magistrati è considerato un mio crimine, io racconto il tuo privato. Tutti hanno scheletri nell’armadio, quindi meglio che abbassiate lo sguardo e molliate la presa”.
Ma per gli intellettuali raccontare è una necessità, comunque la si pensi. E in queste ore il loro compito è quello di dire che non siamo tutti uguali, non facciamo tutti le stesse cose. Certo, tutti abbiamo debolezze e contraddizioni, ma diverso è l’errore dal crimine, diversa è la corruzione dalla debolezza. Mentre si cerca di far passare il concetto che siamo tutti “storti” per coprire le storture di qualcuno. Oggi si parla molto di gossip e il gossip è rischioso, perché lo si usa per nascondere i fatti emersi dalle inchieste e per dimostrare che “fanno tutti schifo”. E il compito, ancora una volta, delle persone che ascoltano, che scrivono e che poi parlano, è quello di discernere, di capire, ovunque esse siano, con i figli a tavola, nei bar, comunque la pensino.
C’è una bellissima preghiera di Tommaso Moro: Dio aiutami ad avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, di sopportare le cose che non posso cambiare ma soprattutto dammi l’intelligenza per capire la differenza. Questo è il momento in cui in noi possiamo trovare la forza di cambiare e comprendere finalmente che non dobbiamo credere che tutto quello che accade sia inevitabile e quindi soltanto sopportare.
Infine, dedico questa laurea e questa giornata, che ovviamente non dimenticherò per tutta la vita, a tre magistrati: alla Boccassini, a Forno e a Sangermano, che stanno vivendo, credo, giornate complicate solo per aver fatto il loro mestiere di giustizia.
Pubblicato il: 23 gennaio 2011 da: redazioneHo ricevuto la laurea honoris causa in Giurisprudenza, mi è stata conferita dall’Università di Genova; è stata una giornata per me indimenticabile. Credevo fosse fondamentale impostare la lezione, che viene chiesta ad ogni laureato, partendo proprio dall’importanza che il racconto della realtà ha nell’affermazione del diritto.
Soprattutto quando il racconto descrive i poteri criminali. Senza racconto non esiste diritto. Proprio per questo ho voluto dedicare la laurea honoris causa ai magistrati Boccassini, Forno e Sangermano del pool di Milano. Marina Berlusconi dichiara che le fa orrore che parlando di diritto si difenda un magistrato. Così facendo avrei rinnegato ciò per cui ho sempre proclamato di battermi. Così dice, ma forse Marina Berlusconi non conosce la storia della lotta alle mafie, perché difendere magistrati che da anni espongono loro stessi nel contrasto all’imprenditoria criminale del narcotraffico non vuol dire affatto rinnegare. Non c’è contraddizione nel dedicare una laurea in Giurisprudenza a chi attraverso il diritto cerca di trovare spiegazioni a ciò che sta accadendo nel nostro Paese. Mi avrebbe fatto piacere ascoltare nelle parole di un editore l’espressione “orrore” non verso di me, per una dedica di una laurea in Legge fatta ai magistrati. Mi avrebbe fatto piacere che la parola “orrore” fosse stata spesa per tutti quegli episodi di corruzione e di criminalità che da anni avvengono in questo paese, dalla strage di Castelvolturno sino alla conquista della ‘ndrine di molti affari in Lombardia. Ma verso questi episodi è stato scelto invece il silenzio.
Orrore mi fa chi sta colpevolmente e coscientemente cercando di delegittimare e isolare coloro che in questi anni hanno contrastato più di ogni altro le mafie. Ilda Boccassini, coordinatrice della Dda di Milano, ha chiuso le inchieste più importanti di sempre sulle mafie al Nord. Pietro Forno è un pm che ha affrontato la difficile inchiesta sulla P2 ed ha permesso un salto di qualità nelle indagini sugli abusi sessuali, abusi su minori. Antonio Sangermano, il più giovane, ha un’esperienza passata da magistrato a Messina, recentemente ha coordinato un’inchiesta, una delle prime in Italia, sulle “smart drugs”, le nuove droghe. Accusarli, isolari, delegittimarli, minacciare punizioni significa inevitabilmente indebolire la forza della magistratura in Italia, vuol dire togliere terreno al diritto. Favorire le mafie. Ecco perché ho dedicato a loro la lezione di cui, qui di seguito, potete leggere un ampio stralcio.
* * *
È difficilissimo in questa fase storica italiana parlare al grande pubblico di come la parola possa contrastare un potere fatto di grandi capitali, di eversione, di forza militare, di grandi investimenti internazionali. Ogni volta che mi trovo a parlare nelle università piuttosto che in tv, c’è sempre dell’incredulità: come è possibile che lobby così potenti possano avere paura della parola?
In realtà forse la dinamica è un po’ più complessa. Non è la parola in sé, scritta, pronunciata, dichiarata, ripresa, quella che fa paura. È la parola ascoltata, sono le persone che ascoltano e che fanno di quella parola le proprie parole. È questo che incute timore alle organizzazioni criminali. Paura che non riguarda semplicemente la repressione, loro la mettono in conto, come mettono in conto il carcere. Ma quasi mai mettono in conto l’attenzione nazionale e internazionale. Che poi significa semplicemente una cosa: significa dire che queste storie non riguardano solo gli addetti ai lavori, i politici locali, i magistrati, i cronisti, ma riguardano anche noi. Quelle storie sono le nostre storie, quel problema è il nostro problema, e va risolto perché è come risolvere la nostra stessa esistenza.
Raccontare è parte necessaria e fondamentale del diritto. Non raccontare è come mettere in discussione il diritto. Può sembrare un pensiero astratto ma quando si entra in conflitto con le organizzazioni, il loro potere, il loro modo di fare, allora si inizia a capire. E si capisce perché, non solo in Italia, c’è chi investe energie e interviene non sul racconto delle cose, ma su chi le racconta. Come se il narratore fosse responsabile dei fatti che sta narrando. Si invita per esempio a non raccontare l’emergenza rifiuti a Napoli per non delegittimare la città: quindi non sono i rifiuti che delegittimano la città ma chi li racconta. Se un problema non lo racconti, e soprattutto se non lo racconti in televisione, quel problema non esiste. È una sorta di teoria dell’immateriale, ma in realtà fa capire quanto sia fondamentale la necessità di raccontare.
Non è una particolarità italiana, dicevo. In Messico per esempio negli ultimi sei mesi sono stati ammazzati 59 giornalisti: ragazzi che avevano aperto dei blog, che avevano fondato delle radio, giornalisti delle testate più importanti. Caduti per mano del narcotraffico, che è oggi il più potente del mondo e che ha deciso di impedire la comunicazione di quello che sta succedendo in Messico con una scelta totalitaria, nell’eliminazione sistematica di chiunque tenti non solo di raccontare. Qualsiasi persona che inizi a raccontare diventa immediatamente un nemico, un pericolo perché accende la luce, anche piccola, ma che può interessare.
Ricordo una persona che ho molto stimato, e avevo conosciuto quando decise di esprimermi solidarietà nei momenti più difficili della mia vita: Christian Poveda. Aveva deciso di andare in Salvador a raccontare la Mara Salvatrucha, potentissime bande di strada che controllano lo spaccio della coca. Poveda li riprende con il loro consenso e ne fa un documentario dal titolo La vida loca, meravigliosamente tragico, forte perché anche lì c’è quel principio: queste storie diventano le storie di tutti. Ebbene Poveda con questo documentario comincia ad accendere luci ovunque, anche sui rapporti tra le Maras e la politica. Iniziano ad arrivare i giornalisti. E il 20 settembre del 2009 sparano in testa a Christian, che muore in totale silenzio, sia in Italia che in Europa, lasciando in qualche modo una sorta di ormai fisiologica accettazione: hai scritto di queste cose, o meglio hai ripreso questo cose, non puoi che essere condannato.
Spesso la morte non è neanche la cosa peggiore. Chi prende questa posizione, chi usa la parola per raccontare, per trasformare, paga un prezzo altissimo, nella delegittimazione, nell’isolamento e in quello che devono pagare i loro cari. La poetessa russa Anna Achmatova vive il periodo della rivoluzione bolscevica, il regime la considera una dissidente, una sorta di scarto della società del passato da modificare. Il suo ex marito che è un grandissimo poeta, viene fucilato, bisognava indebolirla in tutti i modi. Lei era già diventata una poetessa di fama soprattutto in Francia, quindi era difficile toccarla senza dare un’immagine repressiva della Russia sovietica. La prima cosa che fanno è cercare di spezzarle la schiena poetica: le arrestano il figlio. Lei è disposta a scambiare la vita del figlio con la sua. Non serve a molto, lui resta in carcere e lei racconta una scena bellissima: ogni mattina migliaia di donne si mettevano in fila davanti alle carceri sovietiche portando dei pacchi, spesso vuoti, soltanto per vedere l’espressione del secondino. Se il secondino accettava il pacco significava che la persona, marito, figlio, fratello, padre, era viva. Se non lo accettavano era stata fucilata. Quando lei si presenta il secondino la riconosce: “Ma lei è Anna Achmatova”. Lei fa cenno di sì, e la persona che sta dietro: “Ma lei è una poetessa, quindi può raccontare tutto questo”. Lì c’è una poetessa, piccola magra, devastata dai suoi drammi, che diventa all’improvviso la speranza. I versi diventano la speranza: può raccontare, può far esistere, cioè può trasformare.
Mi sono sempre chiesto come si fa a vivere così, come hanno fatto queste persone a sopportare decenni di delegittimazione, per aver scritto poesie o anche solo delle canzoni. Come è successo a Miriam Makeba, a cui il governo bianco sudafricano ha inflitto trent’anni di esilio per il disco “Pata pata”, una canzone che racconta di una ragazza che vuole solo danzare, divertirsi, che vuole essere felice. Ma questo fa paura, voler vivere meglio fa paura, Miriam Makeba fa paura. E più canta nei teatri di tutto il mondo, più l’Africa intera si riconosce in quella canzone, che non parla di indipendenza, di lotta ai bianchi, ma di voglia di vivere e felicità. Fin quando non arriva il governo Mandela che la richiama in Sudafrica. È anche questa l’incredibile potenza della parola. Per questo sono convinto che il racconto sia parte del diritto, non può esistere il diritto senza racconto. Ma oggi, e non è solo la mia opinione, in Italia chi racconta ha paura. Certo, siamo in una democrazia, non abbiamo a che fare con un regime, con le carceri. Non siamo in Cina. Ma non si può negare che chiunque oggi decida di prendere in Italia una posizione critica contro il potere, contro il governo, rischia la delegittimazione, rischia di essere travolto dalla macchina del fango. Quando accende il computer per iniziare a scrivere sa già cosa gli può succedere. La formula è scientifica e collaudata: “Se tu racconti quello che dai magistrati è considerato un mio crimine, io racconto il tuo privato. Tutti hanno scheletri nell’armadio, quindi meglio che abbassiate lo sguardo e molliate la presa”.
Ma per gli intellettuali raccontare è una necessità, comunque la si pensi. E in queste ore il loro compito è quello di dire che non siamo tutti uguali, non facciamo tutti le stesse cose. Certo, tutti abbiamo debolezze e contraddizioni, ma diverso è l’errore dal crimine, diversa è la corruzione dalla debolezza. Mentre si cerca di far passare il concetto che siamo tutti “storti” per coprire le storture di qualcuno. Oggi si parla molto di gossip e il gossip è rischioso, perché lo si usa per nascondere i fatti emersi dalle inchieste e per dimostrare che “fanno tutti schifo”. E il compito, ancora una volta, delle persone che ascoltano, che scrivono e che poi parlano, è quello di discernere, di capire, ovunque esse siano, con i figli a tavola, nei bar, comunque la pensino.
C’è una bellissima preghiera di Tommaso Moro: Dio aiutami ad avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, di sopportare le cose che non posso cambiare ma soprattutto dammi l’intelligenza per capire la differenza. Questo è il momento in cui in noi possiamo trovare la forza di cambiare e comprendere finalmente che non dobbiamo credere che tutto quello che accade sia inevitabile e quindi soltanto sopportare.
Infine, dedico questa laurea e questa giornata, che ovviamente non dimenticherò per tutta la vita, a tre magistrati: alla Boccassini, a Forno e a Sangermano, che stanno vivendo, credo, giornate complicate solo per aver fatto il loro mestiere di giustizia.
Uber per Tutta la città ne parla - radio3
sabato 25 dicembre 2010
Buon Natale...
auguri...
Buon Natale - fany |
Notte di Natale
Luci di presepe,
piccole stelle
appese al cielo,
i pastori,
il silenzio dell'attesa,
noi bambini
naso all'in su,
coriandoli di neve
giocano tra le mani,
gli occhi aperti
alla meraviglia,
e nostro padre,
Gesù, ti prego,
raccontaci
quando tornerà...
Jimmy*
La più morbida festività occidentale
di Franco Stelzer
Se, nella quiete dell'alba,
io mi destassi,
e me ne uscissi in cucina,
nella casa silenziosa,
come un guerrirero stanco.
E decidessi di preparare colazione,
e mi cadesse il filtro del caffè,
e i fondi si spargessero ovunque,
schizzando a raggiera
verso le pareti del mondo.
Se poi il caffè bollente mi colasse nella manica,
appena qualche goccia,
con una certa discrezione,
come un amico
che un poco ti rimbrotta
e insieme prova un po' di compassione.
Se alzandomi, la sedia scricchiolasse,
non forte, con mitezza,
ricordandomi con garbo i lavori da fare,
le mensole, le viti, il rubinetto...
Se entrando in camera, infine,
urtassi lo stipite
e un poco barcolassi,
ed evitando di cadere ti scorgessi...
se guardando te, distesa, e le briciole
dei dolci rovesciati,
io pensassi ad un lento, lentissimo quintetto di fiati...
Se fosse, insomma, un freddo dicembre,
e il tepore della casa ricordasse
la vigilia appannata e brillante,
la tristezza luccicante e corale
della più tiepida,
della più stordente,
della più morbida festività occidentale.
Se fosse dicembre,
e l'alba,
e nella stanza io inciampassi,
e alla tua semplice vista
il ricordo ritrovassi,
del tuo madido corpo,
del tuo canto
prodigioso e tonale,
dei tuoi tiepidi passi,
del tuo languido abbandono regale...
Se tutto questo fosse,
dicembre, l'alba,
e ogni fasto imperiale,
e malanni,
e torpore,
e osannato, splendente trionfo occidentale...
una cosa sola,
e decisiva,
avrei da dirti:
Buon Natale...
*= Jimmy è il nick di Giacomo Ciacciarelli
domenica 19 dicembre 2010
Edwards Blake
Il papà della pantera rosa
È morto a 88 anni il regista Blake Edwards.
Al suo fianco, i familiari e la moglie Julie Andrews, sposata in seconde nozze nel 69.
Per più di una generazione è stato e resterà il «papà» della Pantera Rosa, il regista di una serie tuttora inimitabile di commedie comiche.
Ma è stato anche il regista di capolavori come Colazione da Tiffany, Victor Victoria, Operazione sottoveste, La grande corsa, e tantissimi altri.
Il personaggio venne ideato per i titoli della serie di film del regista americano Blake Edwards, il primo si intitola proprio La Pantera Rosa.
Nel 1963, Blake Edwards nel dare gli ultimi ritocchi alla sua commedia, che vedeva protagonista Peter Sellers, pensò di aprire il film con una sequenza animata che avrebbe fatto da sfondo allo scorrere dei titoli di testa.
Chiese così al team di animazione di David DePatie e Friz Freleng di inventare qualcosa di appropriato. Durante la fase di creazione, gli animatori vollero creare un personaggio con l'eleganza di Cary Grant e l'impertinenza di James Dean; non essendo previsto nessun dialogo per la scena di apertura, venne dato al personaggio anche la mimica di Buster Keaton, facendo muovere il felino sulle note del motivo scritto da Henry Mancini che diventerà un vero e proprio cult.
Ammette Freleng: "Non credo che saremmo riusciti ad avere il successo che abbiamo avuto senza la colonna sonora". Il personaggio e la musica insieme hanno funzionato, ed hanno dato ai film di Edwards un importante tocco in più.
Quando i titoli di apertura cominciarono a scorrere, il pubblico balzò dalla sedia: la sigla raggiunse un successo tale che la rivista Time nel suo numero del 27 aprile 1964 si espresse con queste parole: "Le animazioni dei titoli sono meglio del film".
Fisicamente la Pantera Rosa è filiforme, con un lungo muso e piccoli occhi, possiede lunghi baffi e un naso rosso e, nella sigla di apertura della serie televisiva, fuma una sigaretta usando un lungo bocchino.
Il cartone animato, grazie ancora al tema musicale, diventa subito popolare e apprezzato: già il primo corto, “The Pink Phink”, si aggiudica un Academy Award. Seguiranno nel tempo ben altri 123 cortometraggi di successo.
**
Pink Panther - The Pink Pink (il primo cortometraggio)
Trailer Originale-La Pantera rosa (1963)(video)
sotto la locandina
*
spezzoni di gag bellissime
Ma non solo la Pantera Rosa, dal film 'La grande corsa' sono nati altri bellissimi cartoons
Le corse pazze.
"Wacky Races - Le corse pazze" è una serie di cartoni animati statunitensi prodotti sul finire degli anni sessanta da Hanna & Barbera.
Qui tutte le auto e i personaggi delle Corse Pazze
Julie Andrews, Blake Edwards
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Blake Edwards: a life in clips
Morto Blake Edwards. Il papà della Pantera Rosa era anche un pittore
(fonte)
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È morto a 88 anni il regista Blake Edwards.
Al suo fianco, i familiari e la moglie Julie Andrews, sposata in seconde nozze nel 69.
Per più di una generazione è stato e resterà il «papà» della Pantera Rosa, il regista di una serie tuttora inimitabile di commedie comiche.
Ma è stato anche il regista di capolavori come Colazione da Tiffany, Victor Victoria, Operazione sottoveste, La grande corsa, e tantissimi altri.
fany - FANY - BLOG |
Il personaggio venne ideato per i titoli della serie di film del regista americano Blake Edwards, il primo si intitola proprio La Pantera Rosa.
Nel 1963, Blake Edwards nel dare gli ultimi ritocchi alla sua commedia, che vedeva protagonista Peter Sellers, pensò di aprire il film con una sequenza animata che avrebbe fatto da sfondo allo scorrere dei titoli di testa.
Chiese così al team di animazione di David DePatie e Friz Freleng di inventare qualcosa di appropriato. Durante la fase di creazione, gli animatori vollero creare un personaggio con l'eleganza di Cary Grant e l'impertinenza di James Dean; non essendo previsto nessun dialogo per la scena di apertura, venne dato al personaggio anche la mimica di Buster Keaton, facendo muovere il felino sulle note del motivo scritto da Henry Mancini che diventerà un vero e proprio cult.
Ammette Freleng: "Non credo che saremmo riusciti ad avere il successo che abbiamo avuto senza la colonna sonora". Il personaggio e la musica insieme hanno funzionato, ed hanno dato ai film di Edwards un importante tocco in più.
Quando i titoli di apertura cominciarono a scorrere, il pubblico balzò dalla sedia: la sigla raggiunse un successo tale che la rivista Time nel suo numero del 27 aprile 1964 si espresse con queste parole: "Le animazioni dei titoli sono meglio del film".
Le caratteristiche del personaggio
Gli ideatori del cartoon realizzarono una serie di cortometraggi con un personaggio dalle spiccate caratteristiche: aristocratico, elegante, sofisticato. Ma soprattutto viene utilizzato un umorismo surreale.Fisicamente la Pantera Rosa è filiforme, con un lungo muso e piccoli occhi, possiede lunghi baffi e un naso rosso e, nella sigla di apertura della serie televisiva, fuma una sigaretta usando un lungo bocchino.
Serie animate
Le storie si articolano in un mondo stilizzato, dove il reale è rappresentato con poche ed essenziali linee. Compie azioni fuori dalle logiche comuni, che creano nello spettatore adulto un sorrisino divertito mentre anche i piccini ne apprezzano le situazioni buffe. La vittima ricorrente nelle sue storie è un ometto buffo e basso, la cui metà del corpo è costituita da un enorme naso e piccoli baffi: nei film l'ometto era la caricatura dell'ispettore Clouseau.Il cartone animato, grazie ancora al tema musicale, diventa subito popolare e apprezzato: già il primo corto, “The Pink Phink”, si aggiudica un Academy Award. Seguiranno nel tempo ben altri 123 cortometraggi di successo.
**
Pink Panther - The Pink Pink (il primo cortometraggio)
Trailer Originale-La Pantera rosa (1963)(video)
sotto la locandina
*
spezzoni di gag bellissime
Ma non solo la Pantera Rosa, dal film 'La grande corsa' sono nati altri bellissimi cartoons
Le corse pazze.
"Wacky Races - Le corse pazze" è una serie di cartoni animati statunitensi prodotti sul finire degli anni sessanta da Hanna & Barbera.
Qui tutte le auto e i personaggi delle Corse Pazze
Julie Andrews, Blake Edwards
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Blake Edwards: a life in clips
Morto Blake Edwards. Il papà della Pantera Rosa era anche un pittore
(fonte)
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