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domenica 6 marzo 2016

Oscars 2016


Olimpia De Angelis

I vincitori degli Oscar 2016

La notte del 28 febbraio al Dolby theatre di Los Angeles si è tenuta l’88ª edizione dei premi Oscar. Il caso Spotlight, il film che racconta l’inchiesta del Boston globe sulla pedofilia nella chiesa cattolica a Boston, ha vinto il premio per il miglior film.

Leonardo DiCaprio ha vinto il suo primo Oscar, quello per il miglior attore protagonista in Revenant - Redivivo. Brie Larson è stata premiata come miglior attrice protagonista per Room.

L’Oscar per la regia è andato ad Alejandro González Iñárritu per Revenant - Redivivo. Ennio Morricone ha vinto il premio per la miglior colonna sonora, quella del film Hateful eight di Quentin Tarantino. Anche per lui è stato il primo Oscar, dopo quello alla carriera ricevuto nel 2007.

Il riconoscimento per il miglior film in lingua straniera è andato a Il figlio di Saul, del regista ungherese László Nemes.

Mad Max: fury road è il film che ha conquistato più statuette (sei in tutto), raccogliendo tra gli altri l’Oscar per il montaggio e quello per i costumi.



The Oscar is MINE!!!!!    Ramses Morales Izquierdo
The Oscar is MINE!!!!! finnally says Leo di Caprio
29 Feb 2016



Oscar for DiCaprio
BY DARIO CASTILLEJOS, DIARIO LA CRISIS  -  2/29/2016





Óscares 2016    Vasco Gargalo
DiCaprio
29 Feb 2016

martedì 19 gennaio 2016

Alan Rickman

Il 14 gennaio è morto Alan Rickman, uno dei più importanti attori britannici, diventato popolarissimo negli ultimi anni per avere interpretato il personaggio di Piton nei film di Harry Potter.

Alan Rickman
Jean-Marc Borot





Appitonati
MASSIMO GRAMELLINI
Alan Rickman era uno di quei formidabili attori di teatro che le scene inglesi sfornano con generosità. Ma se la sua morte ha guadagnato le prime pagine è perché gli era toccato di interpretare al cinema il personaggio forse più affascinante della narrativa contemporanea: Severus Piton. Nella saga di Harry Potter il professor Piton incarna il male nella sua accezione servile. È il reggicoda di Voldemort e rattrista in ogni modo la vita dell’eroe. Solo alla fine scopriamo che era una finta. Piton faceva il doppio gioco per proteggere l’inconsapevole Harry. E lo faceva in memoria della madre, che da giovane aveva preferito a Severus un compagno di corso più disinibito, ma che lui non aveva mai smesso di amare nemmeno dopo la sua morte.

All’inizio delle riprese la vera natura di Piton la conoscevano soltanto in due: la scrittrice J.K. Rowling e l’attore con cui si era confidata, pregandolo di non rivelare il colpo di scena a nessuno. Un libro e un film dopo l’altro, Rickman ha vissuto sulla propria pelle la condizione umana di Piton: detestato e incompreso, eppure capace di resistere in silenzio per un bene superiore. Rickman se n’è andato negli stessi giorni di Bowie, a 69 anni anche lui. Mi piace immaginarli da qualche parte in abiti da scena mentre cantano «Heroes» insieme.

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

The Alan Rickman scale of character badness from @TelegraphFilm 



In December, he narrated a video showing only a tortoise eating a strawberry and conjured it into a must-see charity plea for refugees.
As the tortoise munched away, Rickman explained how viewers only need to watch the clip to prompt donations to Save the Children and Refugee Council.
"Together, you and this tortoise can make a difference," he said.
You may never hear a more convincing argument to watch a tortoise dining.
Pubblicato il 13 dic 2015
By watching this, you have donated to Save the Children and Refugee Council. YouTube gives advertising revenue to whoever uploads a video. The more views on the video, the more money we receive. We will pass all that money on to charities (LINKS BELOW). Share this video to make an impact. With thanks to Alan Rickman.

http://www.savethechildren.org.uk/
http://www.refugeecouncil.org.uk/

Director: Oliver Phillips
DP: Aimeé Kwan/ Annie Flynn
Editor: Michaela Brady

http://oneclickgiving.co.uk/


Il post di Daniel Radcliffe per ricordare Alan Rickman

I Simpson salutano Rickman e Bowie ecco l’omaggio ai due grandi artisti




L'omaggio di David Rowe su twitter


mercoledì 6 gennaio 2016

STAR WARS - The cartoons

 Star Wars: Il risveglio della forza è un evento di proporzioni che vanno al di là della semplice uscita cinematografica. Ne è conferma il bombardamento mediatico, per alcuni eccessivo, che lo sta accompagnando, la presenza del marchio Star Wars ovunque, dalle batterie ai biscotti, i biglietti acquistati con un mese di anticipo e i cento milioni di dollari incassati in prevendita. E il fatto che della saga di Lucas stiamo parlando da settimane e ne continueremo a parlare a lungo considerando il progetto su lungo termine della Lucasfilm/Disney che prevede un film all'anno per i prossimi cinque (uno della trilogia ufficiale ogni due e i progetti standalone negli anni di pausa).
Non potevano quindi mancare le caricature ed i cartoons!
Ecco qui una mia selezione:


Daisy
di Benny



Petry



#bonvi #StarWars Azzardo. Ma era uomo di spirito e poi aveva già -visto- tutto.
*



Star Wars
BY JOE HELLER, GREEN BAY PRESS-GAZETTE  -  12/15/2015




The earnings war 
BY ANGEL BOLIGAN, EL UNIVERSAL, MEXICO CITY, WWW.CAGLECARTOONS.COM  -  12/18/2015



More ISIS Terror 
BY NATE BEELER, THE COLUMBUS DISPATCH  -  12/23/2015 1


Disney Star Wars
BY FREDERICK DELIGNE, NICE-MATIN, FRANCE






HARRISON FORD,
BY RANDY BISH, PITTSBURGH TRIBUNE-REVIEW  -  3/6/2015







El imperio contraataca
BY ANTONIO NERI LICÓN, EL ECONOMISTA, MEXICO  -  10/30/2012


Disney buys Star Wars
BY DAVE GRANLUND, POLITICALCARTOONS.COM  -  11/1/2012


george lucas
BY PETAR PISMESTROVIC, KLEINE ZEITUNG, AUSTRIA  -  5/20/2005


Lucas makes a killing
BY PETER LEWIS, AUSTRALIA, POLITICALCARTOONS.COM  -  5/13/2005



STAR WARS    Omar Al Abdallat
ISIS forcing the world to join the dark side
09 Dec 2015



Daisy Ridley
Angineer Ang



giovedì 7 maggio 2015

Orson Welles 100 anni dalla nascita

6 maggio 1915 nasceva Orson Welles
che sarebbe diventato un regista, un genio, un mito.

Welles realizzò, nel 1941, il suo primo film, il suo capolavoro - Citizen Kane-Quarto potere - il suo film più discusso, il più commentato e il più studiato nell'intera vita del cinema. "Ancora oggi, dopo settant'anni dalla sua apparizione, per convergenza quasi unanime degli storici, divide quel secolo abbondante attraverso cui si è stratificata fino ad oggi la vicenda cronologica dei film, in un prima e in un dopo", spiegano Nuccio Lodato e Francesca Brignoli. Sono gli autori di "Orson Welles. Quarto Potere", un libro pubblicato da Lindau interamente dedicato al suo capolavoro d'esordio che viene analizzato alla luce di materiali nuovi e delle critiche più recenti, corredato da splendide fotografie in bianco e nero di alcune delle sequenze più significative. [...]


Orson
David Rowe



Welles 100
Tomas Serrano




Cento di questi anni Orson!
Massimo Jatosti


Orson Welles in "La ricotta" di Pier Paolo Pasolini (1962)


Da Il terzo Uomo: Harry Lime (Orson Welles) a Joseph Cotten
"Sai che cosa diceva quel tale? In Italia sotto i Borgia, per trent'anni, hanno avuto assassinii, guerre, terrore e massacri, ma hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e che cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù."


Qualche foto:





Orson Welles at 100: BFI pays tribute to Hollywood legend

venerdì 19 dicembre 2014

Virna Lisi

Non ho mai voluto fare la svampita, mi sono rifiutata di essere la Marilyn Monroe versione mediterranea.
Virna Lisi


La bellezza non muore mai...
Tiziano Riverso

di Gianluca Costantini

Virna Lisi, born Virna Lisa Pieralisi, (November 8, 1936 – December 18, 2014) was a Cannes, David di Donatello, Silver Ribbon and César award-winning Italian film actress.
She began her film career in her teens. Discovered in Paris by two Neapolitan producers, Antonio Ferrigno and Ettore Pesce, she debuted in La corda d’acciaio (The line of steel, 1953). Initially, she did musical films, like E Napoli canta (Napoli sings, 1953) and the successful Questa è la vita (1954, with the popular Totò). Nonetheless, her beauty was more valued than her talent, as seen in Le diciottenni and Lo scapolo films of 1955. Yet she filled demanding roles, particularly in La Donna del Giorno (1956), Eva (1962), and the spectacle Romolo e Remo (1961).
In the late 1950s, Lisi did theater at Piccolo Teatro di Milano in I giacobini by Federico Zardi under the direction of Giorgio Strehler. During the 1960s, Lisi did comedies and participated in television dramas that were widely viewed in Italy. Lisi also promoted a toothpaste brand on television with a slogan that would become a catchphrase among Italians: “con quella bocca può dire ciò che vuole” (with such a mouth, she can say whatever she wants). Continue

lunedì 24 novembre 2014

25 anni “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore.

La sequenza dei baci censurati
di Tiziano Riverso

Festeggia il suo primo quarto di secolo dall’uscita nelle sale il mitico “Nuovo Cinema Paradiso” di Giuseppe Tornatore.
 Il film premio Oscar, nel 1990 è stato  festeggiato da una mostra a Los Angeles.








25 YEARS IN CINEMA PARADISO
This exhibition celebrates the 25th anniversary of the release of Cinema Paradiso, one of the most important Italian movies in the history of cinema. The exhibit, co-curated by the movies’ Director Giuseppe Tornatore, will retrace the story of the movie by including videos and film posters from all over the world, and by displaying statements and recollections from the people who worked on the movie and from renowned artists like Leonardo Sciascia, Federico Fellini and Gabriel Garcia Marquez.

Under the auspices of the Consulate General of Italy in Los Angeles.
fonte


Cinema Paradiso Official 25th Anniversary trailer from Arrow Films
"A funny, sentimental, deeply moving celebration of the experience of movies and movie-going" Philip French, The Observer

"Bathe in the graceful, moving simplicity of one of cinema's great love songs to cinema" ***** Empire Magazine

Many filmmakers have successfully translated their first, uniquely personal experiences of the wonder of cinema on to the screen but perhaps none with so much warmth and romantic affection as Writer/Director Giuseppe Tornatore with Cinema Paradiso.
From its original release in 1988, Cinema Paradiso went on to transcend its arthouse/foreign language limitations and charmed mainstream audiences the world over, winning many awards along the way. Now, on December 13th 2013, Arrow Films is releasing a 25th Anniversary Edition of this very special film at cinemas across the UK - an opportunity to share the experience of loving movies with someone you love this Christmas.

Set, and filmed, in Tornatore's hometown in Sicily, Cinema Paradiso is a generation-spanning story of friendship, love and filmmaking. Salvatore [Jacques Perrin], now a successful film director, returns home for the funeral of Alfredo [Philippe Noiret], his old friend and mentor who was projectionist at the Cinema 'Paradiso', the focus of his childhood imagination and adult reminiscences. Soon memories of his first love affair with the beautiful Elena and all the experiences that shaped his life come flooding back, as Salvatore reconnects with the community he left 30 years earlier.

Classic scenes throughout are imbued with humour and pathos -- Toto peeping illicitly through the curtains as the priest censors every inflammatory love scene; the moment when Alfredo takes pity on the villagers unable to squeeze into the cinema and projects the film onto a building outside in the town square; and the heart-breaking final kissing montage - are all complemented by Ennio Morricone's lilting romantic score and the sun kissed Sicilian locations.

Enchanting in every way, Cinema Paradiso on the big screen will make you wide-eyed with childlike wonder all over again.

www.arrowfilms.co.uk
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Nuovo Cinema Paradiso - Colonna sonora (Original soundtrack)
Ennio Morricone è una di quelle che potremmo chiamare 'leggende viventi' del panorama musicale italiano e mondiale. Autore di oltre 500 colonne sonore, è praticamente il padre e il pioniere della musica per film: quando si accinse a comporre musica per gli spaghetti western degli anni '60, non aveva una orchestra a disposizione, così dovette comporre con pochi strumenti una musica corale e maestosa... Da qui, è praticamente nata tutta la musica 'cinematografica' mondiale... In questa nostra rubrica ritroveremo spesso il nome di questo genio contemporaneo, che non è sbagliato ritenere l'erede dei grandi musicisti italiani d'opera come Verdi, Rossini, Bellini e tanti altri. Più volte in nominations, ha ottenuto un Oscar alla carriera nel 2007, dalle mani di Clint Eastwood, icona dei film western di Sergio Leone, da lui musicati. Dal minuto 6:00, soprattutto, questa musica raggiunge un livello sublime, assolutamente commovente

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 Movie
di Angel Boligan


 25 anni di cinema...Paradiso.
di Alfio Leotta

giovedì 25 settembre 2014

Ritratto di Milena Vukotic

Il 17 agosto  su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli
e l'intervista di Antonio Gnoli
a Milena Vukotic




Milena Vukotic: "Io, protagonista non protagonista tra Buñuel e la signora Fantozzi"

L'attrice nota al grande pubblico nei panni della "signora Pina": "Paolo Villaggio mi ha messo in uno schema che ho cercato di alleggerire e forzare con altre parti"
di ANTONIO GNOLI

 Lettera a Milena. Piacerebbe iniziare questo "straparlando" con una lettera a Milena Vukotic. Per dirle: "Cara Milena, lei è una straordinaria attrice che da sola avrebbe potuto arricchire un pezzo di storia del cinema e del teatro italiano. E se ciò non è accaduto è per l'insipienza e la pigrizia di tutti coloro, tra i registi importanti e no, che l'hanno usata senza accorgersi del dono prezioso che avevano tra le mani".

Ma poi penso che le vite vanno prese per quello che sono e che anche nel piccolo, soprattutto nel piccolo, c'è, inatteso, del grande. Sovente misconosciuto. In una mattina di sole aspro Milena Vukotic mi attende nella sua casa romana del quartiere Salario. Una blusa leggera, pantaloni chiari e un trucco lieve che adorna due occhi in permanente stupore mi accolgono con calma e un moto di apparente tristezza. Tutto intorno, nella stanza che è poi lo studio dove l'attrice lavora, libri e foto di famiglia dove un passato musicale sembra affiorare con evidenza: "Vede, quello grande è il ritratto della nonna. Una donna straordinaria. Pianista eccelsa, dicono. Morì di febbre gialla a Rio dopo aver dato alla luce mia madre che dunque per caso, e per sventura, nacque in Brasile. E il governo di quel paese, per quei fatti drammatici, le assegnò una pensione a vita".

E restò lì?
"No, tornò in Italia e fu affidata a una famiglia per bene che le fece a sua volta studiare pianoforte".

Che anni erano?
"Nonna Gemma era del 1867. Era nata a Pisa e cominciò a fare concerti a sette anni. C'era già allora la moda dei bambini prodigio. Morì a 26 anni. Fatti due conti direi che la mamma cominciò a studiare pianoforte e composizione ai primi del Novecento. Fu allieva di Casella e Respighi e tra i compagni di corso a Milano ebbe Victor de Sabata".

Che ricordo ne ha?
"Di una donna libera e generosa. Non avendo avuto una vera madre ha sempre sognato di esserlo pienamente. Nonostante la carriera di concertista ebbe 4 figli".

E il nome Vukotic?
"Da mio padre, le cui origini erano slave, precisamente montenegrine. Strana figura di letterato e diplomatico. Studiò un po' di musica, venne a Roma e all'inizio entrò nella cerchia dei futuristi. Parlava a volte della sua esperienza con il teatro di Bragaglia. Alla fine, la carriera di diplomatico prese il sopravvento. Ho passato la mia infanzia viaggiando: Londra, Vienna, poi in Olanda e a Istanbul e soprattutto a Parigi che fu la mia città formativa. Coincise con la separazione dei miei genitori".

E lei?
"Ero giovane, un po' turbata e silenziosa. Mio padre se ne andò, fu un addio senza veri traumi. Mia madre aveva il suo lavoro, necessario per provvedere a tutto. Fui sistemata in un pensionato e mi dedicai alla danza. Anni importanti che arricchirono la formazione artistica. Nel saggio finale al Conservatorio ebbi il primo premio e questo mi consentì di entrare all'Opera di Parigi".

Sorprende un po' questo esordio nella danza.
"Perché? Dopotutto per alcuni anni è stata la mia compagna, la mia abitudine. Per sei mesi lavorai con Roland Petit e poi, avendo bisogno di guadagnare, entrai nella compagnia del maestro de Cuevas. Fu un'esperienza meravigliosa che durò tre anni. La compagnia, sotto l'egida di quest'uomo straordinario, per importanza era succeduta ai balletti russi di Diaghilev. E molte stelle come Hightower, Skibine e un giovane Nureyev vi presero parte. Ma quando arrivò Nureyev io non c'ero già più".

Perché decise di abbandonare un mondo così promettente?
"In Italia la danza era considerata un'arte per pochi eletti, un piccolo mondo chiuso. E anche vagamente pretenzioso. D'altro canto, a Parigi avevo studiato anche teatro ".

E il cinema?
"Arrivò in modo curioso, dopo che vidi La strada di Federico Fellini. Fu un colpo di fulmine. Un incantamento. Io che non sono mai stata sicura di niente fui sicura di volerlo incontrare. Giunsi al suo cospetto con una lettera di presentazione che dimenticai di dargli. Restai a lungo muta. Ma era un silenzio senza imbarazzi. Mostrò interesse alla mia storia. Promise un suo interessamento. Furono le basi per una collaborazione e un'amicizia che sarebbe durata nel tempo. Fino alla fine".

Negli ultimi anni, si dice, fosse un uomo amareggiato.
"Sentiva che le porte del cinema, che per lui erano sempre state spalancate, non si aprivano più. Una sera venne da me a cena. C'era anche Paolo Villaggio. Scoprii, improvvisamente, un uomo malinconico. Paolo era scintillante, provocatorio, surreale. Federico si ritraeva come a giustificare un'assenza. Quando ci fu il commiato, guardandomi si scusò di non essere quel maestro di ironia alla quale ci aveva abituati. Disse: "Scendere a patti con la vita è meno piacevole di quello che può sembrare". Sono sicura che non si sarebbe ammalato se avesse continuato a lavorare".

Lo ha visto negli ultimi giorni?
"Passò le ultime settimane al Policlinico. Andavo tutti i pomeriggi. Ricordo l'assembramento dei fotografi e dei giornalisti. Federico era in coma. Poi arrivò la notizia della sua morte. È strano. Ma, quella domenica, non c'era nessuno ad accoglierla. Solo io, il suo parrucchiere e un suo aiuto. Ci guardammo e l'aiuto disse: "Forse dovremmo farlo sapere al Vaticano che Fellini è morto. E che suonino le campane di Roma". Telefonammo. Ci risposero che solo i papi e i sovrani avevano diritto alle campane della città".

Non ha lavorato molto con Fellini.
"Non tantissimo. È prevalsa l'amicizia. Del resto, non ho mai chiesto nulla. Una volta che eravamo assieme mi disse: sai tra i miei sensi di colpa, e sono tanti, c'è anche quello di non averti dato dei ruoli importanti".

Come reagì?
"Mi sembrò di arrossire. Non me lo aspettavo. Gli risposi: tu sei il cinema. Tu decidi. Ed è vero. Ricordo che quando Buñuel mi chiamò per un ruolo nel Fascino discreto della borghesia , Fellini fu il primo a cui lo dissi. Ne fu felice. Stimava tantissimo Buñuel: "È il solo che sia riuscito a trasformare i sogni in realtà", commentò e aggiunse: "Ma quanti anni ha?". A Parigi, dove giravamo, riferii a Buñuel l'apprezzamento. "Ah, grande Fellini. Che età ha?", chiese divertito".

Com'era Buñuel sul set?
"Poteva farti fare qualunque cosa. Ma senza imporla. Solo con il fascino e la delicatezza dei suoi modi. Interpretavo una cameriera che doveva dire di essere stata lasciata dal suo fidanzato. Lui cambiò il copione e aggiunse: perché troppo vecchia. Venne da me e mi disse: non le dispiace sembrare una donna di 70 anni?"

E davvero non le dispiacque?
"No, siamo strumenti, in un certo senso involontari. Con Buñuel ho fatto tre film, tra cui l'ultimo: L'oscuro oggetto del desiderio . Ero stato a trovarlo a Parigi e mi disse che non aveva ruoli per me. Poi incontrai a Roma Fernando Rey che mi avvertì che stava cambiando la sceneggiatura: scrivigli e vedrai che qualcosa uscirà. Ero scettica. Ma gli scrissi. Mi rispose, era il 1976, con una letterina dall'Hotel Aiglon, dove soggiornava e mi ribadì, insieme agli elogi, che non aveva parti per me".

E lui?
"Mi guardò con l'infinita pena che hanno certi vecchi e disse: "Dovevo essere completamente ubriaco". Poi si fece portare una penna. Prese il libro. Lo aprì. E scrisse: " Nous sommes toutes des hommes, soi disant, libres. Croyez moi, Milena" . Ecco cosa intendo: il suo cinema, tra le diverse cose raccontava anche la sua disillusione".

E poi come arrivò a fare il suo ultimo film?
"Una mattina mi arrivò un telegramma nel quale si diceva che c'era un ruolo anche per me".

Come è stato passare da Buñuel al ruolo della "signora Pina" la moglie di Fantozzi?
"Quel ruolo non fu creato per me. Sono subentrata. Avevo conosciuto Villaggio in televisione: una personalità prorompente. La sua intelligenza per me è stata un arricchimento continuo. Ha creato la maschera di Fantozzi attorno alla quale ha fatto ruotare una galassia di facce straordinarie. Tra cui la mia. Che ho interpretato con la consapevolezza di stare recitando un cartone animato".

Una figura totalmente disincarnata?
"Senza contatti con la realtà".

Eppure condannata in un certo senso a essere riconosciuta come la "signora Pina".
"Effettivamente, Paolo mi ha messo in uno schema. Ma ho cercato di alleggerirlo e di forzarlo con altre parti, altri ruoli".

Lei dà l'idea di una donna molto schiva.
"Sì, ma sono migliorata. La timidezza è oggi meno evidente ".

La timidezza è stata una forma di sofferenza?
"Ci si sente meno normali. Incapaci di partecipare alla vita come vorremmo".

E sulla scena?
"Ci si disfa delle paure, dei pudori, delle resistenze. C'è una parte di noi che ha bisogno di esprimersi. E ringrazio coloro con cui ho lavorato: Strehler, Zeffirelli, Enriquez, Missiroli e il mio amico fraterno Paolo Poli. Sto parlando di teatro".

E il cinema?
"Mi dà più felicità, ma anche meno coinvolgimento. Ho lavorato con quasi tutti i registi e con i più grandi attori. E pensare che al mio esordio Renato Castellani, al quale ero stata presentata mi disse: per fare cinema dovresti essere o bella come Gina Lollobrigida oppure profonda come Anna Magnani. E tu non sei né l'una né l'altra. Lascia perdere ".

È sempre stata così martoriata?
"Abbastanza da potermene alla fine fregare. Non ho quasi mai scelto io le cose da fare. Sono le cose che hanno scelto per me, quello che mi è stato proposto ho valutato come affrontarlo".

Si sente in credito con la vita?
"È buffo. Ma non ho rimostranze. In fondo mi ritrovo più a mio agio nel surreale che nel reale".

Perché?
"Mi fa volare, mi fa andare oltre. È come il passo di danza che si sforza per vincere la gravità del peso".

La realtà diventa così più leggera?
"La si guarda con altri occhi e si finisce con l'accettarla con altri occhi".

Crede in dio?
"Dio non ha avuto un posto privilegiato. Niente nella mia famiglia è stato all'insegna della normalità. Il legame più forte fu con mia madre. Totale. Fino alla sua morte. Solo dopo sono riuscita a sposarmi. E quanto alla fede penso che da qualche parte c'è un'energia da cui si può attingere. Ma senza che tutto questo venga regolarizzato. In nessun modo. Dio è come leggere un libro pieno di sorprese".

Cosa sta leggendo?
"Un libro sul silenzio".

Le piace il silenzio?
"Non posso dire che mi piace. Amo la compagnia. A volte sono attratta dalla possibilità che attraverso il silenzio si possano sentire altre voci, altri suoni. Una musica parallela o alternativa".

È una donna alternativa.
"In che senso?"

Una protagonista senza protagonismo.
"Sono contenta per tutto quello che ho realizzato. Anche se qualche rimpianto può esserci".

Per il fatto che il cinema non le ha dato la centralità che meritava?
"Penso sempre che non sia mai troppo tardi. Sono qui in attesa. Intanto vado avanti".

Non pensa di essere fuggita dalla sua bravura, a cominciare dalla danza?
"Evidentemente non ero così brava. Ma non sono mai fuggita da niente, soprattutto da me stessa. E non è questione di responsabilità, ma di modo di essere e di stare al mondo".

Che impressione le faceva, non come regista ma come uomo?
"Credo che la grande esperienza surrealista degli anni Venti e Trenta lo avesse segnato definitivamente. C'era in lui la malinconia dell'anarchico".

Cosa intende dire?
"Glielo posso tradurre con un episodio. Quando terminò l'impegno nel primo film, acquistai la monografia di Freddy Buache su di lui. Nel congedarmi volevo chiedergli di firmarmela. Ma non ebbi il coraggio. Poi, durante la notte sognai che Buñuel apponeva sul libro la seguente dedica: "Siamo tutti uomini liberi". Il giorno dopo, sull'onda di quel sogno, tornai sul set. Durante una pausa mi avvicinai raccontandogli della dedica che avevo sognato".

domenica 31 agosto 2014

Ritratto di Claudia Cardinale

Il 21 luglio  su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli
e l'intervista di Antonio Gnoli
a Claudia Cardinale



Claudia Cardinale: "Non ho mai voluto essere una diva, ho scoperto tardi che sono bella"

L'infanzia a Tunisi, il primo regista che ne resta folgorato, gli esordi con Monicelli. E poi Visconti, Fellini, Germi. Ricordi di un'attrice che ha scelto di difendersi dal successo: "Sono stata fortunata, ho guidato bene il mio destino seguendo una sola regola: vivi come fosse il primo giorno, non l'ultimo"
di ANTONIO GNOLI

LE FACOLTÀ meno palesi di una grande attrice sono la timidezza, la solitudine, il corpo che impietosamente muta e malgrado ciò continua a mantenere un senso di mistero. Guardando una grande attrice ci sentiamo solidali con l'immagine che ha donato con i suoi tanti film. Alcuni li abbiamo amati. Altri dimenticati. Ma è come se attraverso di essi non solo scopriamo la sua metamorfosi, ma altresì una parte della nostra storia, del nostro gusto, dei nostri più o meno remoti desideri. È il cinema. Con la sua potenza immaginativa. E la latente comunanza che avvertiamo ci colma di stupefazione.

"Non mi sono mai pensata nei termini della grande attrice. Provo disagio di fronte all'immagine di un me altisonante. Non ho mai pensato di diventare come Greta Garbo o Marlene Dietrich. Trovo

lunedì 18 agosto 2014

Ritratto di Morando Morandini

Il 6 luglio  su la Repubblica un grande ritratto di Riccardo Mannelli
e l'intervista di Antonio Gnoli
a Morando Morandini


Morando Morandini
su LA REPUBBLICA
Riccardo Mannelli


Morando Morandini: "Noi critici siamo come eunuchi a guardia di harem senza goderne"

"I miei novant'anni sembravano un bel traguardo, ora non mi frega più". Alla viglia dell'appuntamento i ricordi del giornalista che ha dato il nome a un dizionario di film
di ANTONIO GNOLI

ORA che sembra quasi tutto pronto, con le celebrazioni in corso e quelle imminenti (Milano gli consegnerà alla fine dell'estate l'Ambrogino d'oro), Morando Morandini si lascia andare a un piccolo sfogo: "L'arrivo dei novant'anni mi pareva un traguardo autorevole. Ora non me ne frega più di tanto. Se penso a cosa è stata la mia vita, vedo due o tre cose fondamentali: il cinema, la moglie, le figlie. E allora mi chiedo: chi sei Morando, chi sei veramente? Prima facevo fatica a trovare una risposta, ora mi sembra di avercela stampata in fronte".

E qual è?
"Sono un vecchio egoista che si sorprende nel vedere che la gente gli vuole bene. Pochi giorni fa c'è stata una serata che mi è stata dedicata al cinema Anteo. E io pensavo: chi sono per essermela meritata? Poi quando sono entrato ed è stato annunciato il mio nome è esploso un applauso di un minuto. Lei non sa quanto può essere lungo un minuto. Sembrava non finisse mai. L'emozione era fortissima. Non sapevo, in quel momento, se essere contento o vergognarmi ".

Vergognarsi di cosa?
"Non lo so. È una specie di tardiva insoddisfazione. Sto leggendo un libro sulla schizofrenia".

Teme di essere schizofrenico?
"No, no. Anzi, della patologia mi affascina la micidiale separazione della personalità. Per cui una parte non sa cosa fa l'altra. In un certo senso, io che sono stato solo che un critico, per parafrasare un mio libretto di qualche importanza, non ho mai saputo veramente cosa accadesse al di là delle Colonne d'Ercole della critica. Non ho mai saputo chi fossi veramente".

Ma questo succede un po' a tutti. Abbiamo perso in introspezione.
"E di chi è la colpa? Sarà che sono invecchiato di botto, ma stento a riconoscermi. Mi viene in mente Baudelaire, quando ormai trafitto dal rincoglionimento, passando davanti a uno specchio si toglieva il cappello e salutava la sua immagine senza riconoscerla".

Cosa la tormenta?
"Se lo sapessi! Non vorrei però finire in un posto come Cesano Boscone, se non altro perché c'è sempre il rischio di trovarci uno che scontandovi una condanna magari mi parlerebbe delle sue numerose conquiste femminili e di quanto era bella la televisione che faceva lui".

Lei tra critico cinematografico e televisivo non ha dubbi dove stare?
"E me lo chiede? Il cinema tutta la vita. Naturalmente semplifico. È un vizio che mi porto appresso".

E come critico cinematografico dove ha lavorato?
"Sono passato dalla Notte al Giorno. In mezzo ci fu un'esperienza che durò meno di un anno con il quotidiano Stasera ".

La Notte era un giornale di destra, come fu lavorarci?
"Meno complicato di ciò che poteva sembrare. Lo dirigeva Nino Nutrizio, il quale non fece mai osservazioni sulle mie idee. Aveva capito che ero tra gli artefici del suo successo. E questo gli bastava".

E a lei bastava?
"Evidentemente no. Anche se, ripeto, fu una grande palestra. Fui il primo a inventare nelle critiche cinematografiche le stellette del critico e i pallini per il gradimento del pubblico".

Come le è nata la passione per il cinema?
"Da piccolo tendevo a identificarmi con Jean Gabin e Gary Cooper. Passai la mia infanzia in un cinemino parrocchiale non lontano da Chiasso. Poi continuai ad andarci nel periodo in cui ho vissuto a Como. Compresi che il cinema è una grande macchina del desiderio. In fondo è questo che mi ha spinto a occuparmene ".

E ha scelto di farlo da un'entrata di servizio.
"Mica tutti nascono Kubrick o Fellini. Mi piaceva leggere romanzi, scrivere e andare al cinema. Sommando queste tre cose è venuto fuori Morando Morandini. Però capisco che la domanda presenta un risvolto ".

Quale?
"In fondo noi critici cinematografici siamo come degli eunuchi, piazzati a guardia di harem ma incapaci di godere realmente delle bellezze che vi sono contenute".

Fare cinema e parlarne sono due cose diverse.
"Sì, poi magari arriva uno come Truffaut che eccelleva in entrambe le cose. Ad ogni modo, mi è anche capitato di fare l'attore".

Lo dice come fosse un peccato.
"In un certo senso è così. Anche perché non credo di sapere recitare. Al più potrei rifare me stesso. Ma anche lì avrei dei dubbi. Detto ciò, Bertolucci mi propose una parte nel film Prima della rivoluzione. Accettai. E devo dire senza pentirmene. Ho imparato alcune cose. Perfino l'umiliazione di sentirsi trasformati in un oggetto".

Chi sono i suoi registi preferiti?
"Che domanda? È come chiedere a un drogato con che cosa si fa. Ma poi alla fine un elenco di nomi rischia di fornire una caricatura. Ho passato tutta la vita a cercare di non farmi influenzare dalle mie idee e dai miei giudizi. Bastava quel rompicoglioni di mio padre ".

Cosa faceva?
"Ma sa che non lo so. O forse l'ho rimosso. Ho l'impressione che si occupasse di turismo".

E in che senso rompeva?
"Era un entusiasta militarista. Entrò nella milizia fascista. Ci perseguitava con le sue frasi, i suoi atteggiamenti viriloidi. Ho dovuto sopportarlo per anni. In compenso ho adorato mia madre. Morì nel 1942 e per me si aprì un periodo complicato".

Quanto complicato?
"Abbastanza da mettermi di malumore. Si accentuò un difetto che mi portavo da bambino: la balbuzie. Ancora oggi, sente, come a volte mi impunto su delle parole".

E come l'ha vissuta all'inizio?
"Mi pareva un limite, come avere una gamba più corta. Però poi mi sono accorto che quel "limite" andava abbastanza d'accordo con il mio carattere, che tendeva a farmi stare sempre un po' in disparte. Diventai così una specie di balbuziente felice e solitario".

Si è mai chiesto da dove nascesse quel difetto?
"Emotività, vergogna, paura, rabbia. Chi lo sa? Per risolverlo ho provato a imparare a respirare. Ma come vede ancora balbetto. Penso sia un modo per farsi rubare le parole".

Chi le ruba?
"Ogni tanto penso a un piccolo demone malignetto. Un guastatore della lingua che piccona le sillabe, prosciuga le vocali, svolazza sulle piccole frasi creando scompiglio".

È la sua ossessione?
"I demoni possono diventare la nostra ossessione".

Ha letto Dostoevskij?
"L'ho letto. Mirabile. Profondo. Ma di una profondità irraggiungibile. Quasi paralizzante".

In che senso?
"Non è una novità dire che Dostoevskij aveva guardato nel baratro del suo mondo. Cogliendone tutto l'orrore, l'assurdità, il pericolo. Io, giovane lettore, cosa avrei dovuto fare a quel punto? Alla fine provavo ammirazione per la sua lucidità ma nessuna empatia. Nessuna condivisione. Se si afferma che Dio è morto e che qualunque cosa è ammessa, il mio primo pensiero non va al nichilismo feroce, ma allo sdoganamento del consumismo che in questi anni, non ora che stringiamo la cinghia, ci ha afflitti e ridotti a espressioni dell'onirico".

Però il "nichilismo feroce" lo abbiamo vissuto sulle nostre spalle. Per lungo tempo è cresciuto come un demone esigente che ha divorato storie ed uomini.
"Sapevo che saremmo finiti lì. Su quel lembo di vita tragica che ha coinvolto mio figlio".

Lo sapevamo entrambi. Ma non volevo chiederglielo in maniera scorretta o brutale.
"Chieda, mi pare giusto risponderle".

Suo figlio, Paolo Morandini, con un commando di una sedicente "Brigata XVIII marzo", partecipò all'agguato mortale di Walter Tobagi. Di quella vicenda accaduta nel 1980 si è scritto molto e molto è stato chiarito sulle responsabilità individuali e collettive. Non vorrei riaprire una ferita, che immagino comunque dolorosa, ma le chiedo cosa sono diventati i rapporti con suo figlio dopo quella vicenda.
"Prima di risponderle. Vorrei precisarle che ho avuto tre figli: due femmine e un maschio. La primogenita è Lia, poi è arrivata Luisa e infine Paolo. Ricordo ancora con un certo rincrescimento le dichiarazioni di congratulazioni da parte degli amici: finalmente un figlio maschio. A me, devo essere sincero, non mi fregava niente di avere avuto un maschio".

Forse è una reazione a posteriori.
"Forse. Come pure, può sembrare facile, dire a cose fatte, che avrei preferito non avere un figlio così. Ma è la verità".

Si sente in qualche modo responsabile?
"Ma la situazione era di una tale enormità, di una tale sproporzione che più che alla responsabilità pensavo al disorientamento. Cosa avevo fatto per meritarmi un figlio così? Ho sofferto tantissimo".

Ha mai sentito il bisogno di perdonarlo?
"È stato un bisogno che mi ha messo molto a disagio. E poi ho l'impressione che la nozione di perdono non faccia parte della mia visione del mondo".

In che senso non le appartiene?
"Ha troppe implicazioni cristiane e religiose".

Diffida dei precetti religiosi?
"Penso che non si dà quasi mai una vera espiazione. E se c'è, è qualcosa che riguarda l'individuo, non l'istituzione".

Che fine ha fatto Paolo?
"Vive a Cuba, ogni tanto ci sentiamo".

Cosa prova per lui?
"Ho sentito fastidio e perfino rabbia nei suoi riguardi. Da qualche tempo sto pensando di essere stato poco generoso nei riguardi di una persona che è comunque mio figlio".

Poco generoso?
"Capisco che può sembrare inopportuno. Ma ho come avuto la sensazione di aver davanti un uomo profondamente infelice. E mi viene il dubbio di non averne tenuto conto a sufficienza".

Lei sa che le infelicità sono di molti tipi. A quale si riferisce?
"Prima che accadesse quello che è accaduto, Paolo era divorato da un'ossessione di purezza. Voleva nella sua faziosità redimere il mondo. Si può essere più infelici, intendo mentalmente? E poi, quando il mondo è esploso nella sua tragedia, l'infelicità era nel rendersi conto del male fatto, ma non riuscire a tirarlo fuori. A dargli una forma comunicabile. Dai molti scontri che abbiamo avuto credo di non avere mai captato questo suo malessere di fondo ".

Ne ha parlato con lui?
"No, ed è una cosa che mi addolora e considero questo silenzio un mio torto. La realtà delle persone che conosciamo è quasi sempre più complessa di quello che pensiamo. Anche il legame più compromesso chiede a volte di essere compreso. Non è al perdono che penso ma a una forma di compassione. È qualcosa che mi ha fatto capire mia figlia Lia. E in fondo era il rimprovero di mia moglie quando era in vita".

Di cosa l'accusava?
"Non erano accuse. È che l'affetto materno è profondamente diverso dal modo di ragionare di un padre".

Le capita di pensare alle vittime del terrorismo?
"Certo, per lungo tempo non ho dormito la notte. E provavo sconforto e desolazione per quello che era accaduto ".

Ha parlato dell'infelicità di un figlio. E quella del padre?
"Non sono felice. Perché dovrei esserlo? Non ne ho motivo. C'è anche chi dice: ti è andata bene. Hai fatto quello che hai voluto. È vero, sono stato anche un uomo fortunato. Ma adesso che la maratona si sta per concludere sento di arrivare stremato al traguardo. Sono un uomo ricco di contraddizioni, come vede".

Come vive questi novant'anni così vicini?
"Male, nonostante feste e celebrazioni".

Perché?
"In questi ultimi anni c'è stato il crollo fisiologico".

Si sente prigioniero della vecchiaia?
"Non è un carcere piacevole. Ho peggiorato la salute, la memoria. Fatico a muovermi e la vita è sempre più piena di ombre".

Teme la morte?
"Al contrario. Le dirò una cosa che la sconcerterà. Spero di morire entro la fine di quest'anno. Me ne voglio andare. Non è un proclama. Le dico solo la verità. Solo quello che sento".

E se ciò come mi auguro non accadesse?
"Spero di morire ma non ho preso la decisione di farlo. Non farei nulla per accelerarne il corso. Mia figlia Lia mi dice: papà, molla tutto, vieni a vivere a Roma. Anche qui hai tanti amici, tanti ricordi. E io le dico: è troppo tardi. E penso davvero che sia cominciato il conto alla rovescia".


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Nota

Metto il link dell' intervista rilasciata, trentanni dopo l'assassinio di Walter Tobagi, dalla moglie per capire meglio lo strazio per il figlio, di cui parla Morandini nell'intervista sopra.
http://www.navecorsara.it/wp/2010/06/01/stella-tobagi-l%E2%80%99assassino-di-walter-mi-porto-una-scatola-di-cioccolatini/

venerdì 15 agosto 2014

Lauren Bacall


un'altra Diva se ne è andata, Lauren Bacall, mi piaceva un sacco, e l'avevo disegnata mesi fa...

Tiziano Riverso


Humphrey Bogart and Lauren Bacall
Stephen Lorenzo Walkes

Lauren Bacall 1924 - 2014.
(Tecknat för Hundsport 2005)
Riber



Lauren Bacall -RIP
By Milt Priggee, www.miltpriggee.com - 8/15/2014


Gustavo Rodriguez, El Nuevo Herald


RIP LAUREN BACALL
tag: Lauren Bacall ,movie actress, activist, Humphrey Bogart, Bogie & Bacall, singer, Broadway,Tony Award, Oscar, model,d ancer ,author, whistle
 Deb Milbrath


Lauren Bacall
di GIO


Lauren Bacall (1924-2014) ,
 nome d'arte di Betty Jane Perske, è un'attrice e modella statunitense. La Bacall è considerata una delle più grandi attrici della storia del cinema, celebre anche per essere stata la moglie del grande attore Humphrey Bogart. Wikipedia
 La chiamavano "lo sguardo" ed il perchè si spiega da solo.
Fra le sue maggiori più memorabili interpretazioni `Come sposare un milionario´ con Marylin Monroe, `Assassinio sull’Orient Express´. Nel 2009 se le è stato conferito l’Oscar alla carriera ed è divenuta la prima a riceverlo fuori dalla cerimonia ufficiale, che si è svolta l’anno successivo.


Nota
Con la scomparsa muore l'ultima stella vivente della famosa canzone Vouge  di Madonna

l'articolo: "Lauren Bacall, la stella che, cadendo, ha ucciso "Vogue"

Omaggio a Robin Williams (II parte)

Benny


Gustavo Rodriguez, El Nuevo Herald
fonte Bado's blog


Bado

Olimpia De Angelis



Clay Bennett


Rabiscando um Robin Williams...
Mello

Rabiscando um Robin Williams...(II)
Mello


"ROBIN WILLIAMS" PORTRAIT
by Karayel


"ROBIN WILLIAMS" PORTRAIT-2
Erdogan Karayel


Robin Williams
By Dario Castillejos, El Imparcial de México - 8/13/2014


Ci sono persone che anche se non fanno parte della tua famiglia o del giro di persone che conosci in maniera diretta è come se in qualche modo lo fossero. O meglio, lo diventano, seppur 'virtualmente', perchè ti accompagnano lungo il tuo cammino...durante l'infanzia (Mork & Mindy), durante l'adolescenza (Mrs. Doubtfire, Hook), durante la scuola (L'Attimo Fuggente), durante l'inverno (L'Uomo Bicentenario), in compagnia di amici (Il film più pazzo del Mondo), sotto esame (Will Hunting), per trovare ispirazione (Le avventure del Barone di Munchausen), per distrarsi da cose tristi (Jumanji), per riprendere fiato e continuare a combattere (Patch Adams), etc. Certo, nel cinema forse i meriti dovrebbero essere distribuiti meglio perchè ogni film è un grande lavoro di squadra (senza contare anche gli autori dei libri da cui vengono tratte determinate storie) ma se abbiamo provato particolari emozioni è grazie a persone che hanno dato un volto a tutto questo, a persone con capacità speciali, uniche...come Robin Williams.
InkyJohn


Gianni InkyJohn




Robin Williams
By Tim Campbell, Indianapolis - 8/13/2014


An Australian tribute
Robin Williams
KNEDO


Robin Williams (1951-2014) R.I.P.
Petar Pismestrovic


Robin Williams
 By Adam Zyglis, The Buffalo News - 8/13/2014


Robin Williams
By Joe Heller, Green Bay Press-Gazette - 8/12/2014


Depression
By Joe Heller, Green Bay Press-Gazette - 8/13/2014



 Sei una persona AFFETTUOSA? 1 tua carezza in più può fare la differenza talvolta.. Non tenerti dentro i TI VOGLIO BENE: sperperali con gioia! 11/08/2014 Robin Williams si è suicidato.. Mi è venuto un crepacuore.. Forse una carezza, un abbraccio in più e un TI VOGLIO BENE avrebbero fatto evitare questa grande perdita..
Emanuela Oliva
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