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domenica 2 ottobre 2016

Renzi rilancia il ponte sullo stretto di Messina



I have a...nightmare
http://www.repubblica.it/politica/2016/09/27/news/renzi_ponte_messina-148617850/
Franco Portinari



Il punto sullo strutto
di Nadia Redoglia
Da sogno a sugna. L’ennesima decisione, stavolta renziana, di fabbricare il ponte sullo stretto oggi ci viene propinata, infatti, come grasso che cola sull’occupazione (provvisoria) per ben centomila individui del settore edile che evidentemente oggi, senza quel ponte, sono senza lavoro. Per i restanti agglomerati  di centomila fino alla concorrenza degli italici milioni disoccupati, cosa si ha intenzione di pontificare? Strutture sanitarie, scolastiche, sociali nella loro poliedricità, affidate direttamente alla genialità di  Calatrava, oppure si pensa di passare direttamente al camminamento sulle acque di Christo?

Quando, e se, arriveremo a un capo di governo che invece penserà esclusivamente a stare con i piedi ben piantati sulla terra, anzi meglio, sul territorio, si scoprirà finalmente che il nostro è territorio unico al mondo per raccogliere succulenti frutti di terra, mare, cielo, storia, arte, cultura e, proprio perché unico, fonte inesauribile per occupare a tempo indeterminato milioni e milioni di italiani che, accudendolo e amorevolmente allevandolo, ricaverebbero un PIL ben superiore a qualunque altro Paese europeo ed extraeuropeo. Ma a questo territorio servono menti traghettatrici, mica faciloni che sanno solo pontificare…




Il premier torna a parlare di grandi opere...
Tiziano Riverso


Cumpromesso
Aridànghete col ponte di Messina.
Mauro Biani


Il ponte di casa
Rispunta il Ponte di Messina. In verità per quanto riguarda i costi non è mai sparito del tutto. Tra costi di progettazione e penali probabilmente ce lo siamo già pagato ma altrettanto probabilmente è bene tenerlo sempre in serbo. Come promessa elettorale è già servito a diversi Governi.
UBER



Il vero ponte
Tomas



Vauro



Giannelli


ElleKappa


Ai ripari
Natangelo

sabato 13 agosto 2016

COSCE DA PAZZI

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COSCE DA PAZZI.
"non fai ridere, non fai piangere, non fai riflettere, non fai uso di limiti...ma che cazzo fai, allora?"

"faccio quello che mi pare. 
so cos'è il libero arbitrio e ho il talento per usarlo come voglio.
se sai cos'è il libero arbitrio e hai talento, fallo anche te.
ma fammi una cortesia: se non ci riesci, non ti mettere a spiegare a me come dovrei fare quello che faccio...che se lo faccio così è giusto e se lo faccio cosà è sbagliato.
IO FACCIO QUELLO CHE MI PARE. 
e finchè ci sarà una persona interessata a quello che faccio, sia in positivo che in negativo, continuerò a farlo.
e se ne avrò voglia può darsi che continui a farlo anche se non interesserà a nessuno...chi lo sa..?"
Riccardo Mannelli
     



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Diario Fo commenta la vignetta di Riccardo Mannelli: "È bellissima, le polemiche sono un tentativo di censura"
il Fatto Quotidiano

Ha passato una vita a calcare le tavole del palcoscenico per dileggiare il potere. Intervistato dal Fatto QuotidianoDario Fo ha voluto dire la sua sulla vignetta pubblicata pochi giorni fa da Riccardo Mannelli, in cui la ministra Boschi viene rappresentata con le cosce in bella mostra. L'opinione del Premio Nobel per la Letteratura è precisa e netta, e va in controtendenza alla pioggia di critiche che, mosse da ogni parte, hanno investito il fumettista.
"È bellissima, il ministro appare come una signora elegante e niente affatto volgare, triviale o oscena. Non è un disegno indecente, né maleducato. È utilizzato per spiegare il gioco di parole. Ma prendersela per un innocente gioco di parole è una reazione che svela rozzezza e pochezza intellettuale. Il vuoto assoluto del senso dell'umorismo".
L'autore di Mistero Buffo parla apertamente di censura in questa sua intervista, ricordando che anche i grandi artisti del passato hanno dovuto subire la medesima sorte.
"Molière fu censurato duramente per il Tartufo e per il Don Giovanni. Ripeteva: 'Sono triste per la satira, ma so che un Paese che disprezza la satira e ne teme gli effetti non ha né intelligenza, né fantasia'. La satira ha bisogno di persone intelligenti".
Per uno che ha votato la propria vita a rompere i canoni del teatro borghese e a studiare con passione l'arte antica, non c'è da stupirsi che Mannelli abbia voluto scoprire un po' le cosce della ministra per esprimere una critica al governo.
"Il corpo, nudo o poco vestito, è stato usato dagli artisti in molti modi con tante funzioni sceniche. Pensiamo a Michelangelo e al suo capolavoro, il Giudizio Universale della Cappella Sistina, dove tanti tra papi, santi, beati, principi e personaggi biblici sono stati ritratti nudi e seminudi con seni e natiche in vista. Avrebbero dovuto dargli fuoco! [...] Un popolo senza umorismo è un popolo finito".
Dal canto suo, Fo è fermamente convinto che la reazione di politici e poteri forti sia spropositata e intravede un chiaro disegno censorio dietro l'episodio.
"Reazioni smodate. Se c'è mancanza di misura è in queste reazioni. Sono convinto che il ministro non possa essersi offesa nel vedere se stessa raffigurata in quell'immagine. [...]La regia è chiara: creare un tormentone facile e orecchiabile, come le gambe del ministro. I tentativi di censurare la satira sono una spia pericolosa, toccano i Paese e i popoli che sono in difficoltà sul piano della libertà di manifestazione del pensiero".



Daniela Ranieri
su IL FATTO

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LA VERSIONE DI MUGHINI - LA VIGNETTA DI MANNELLI È IDIOTA E ORRIDA. NIENTE DI MALE, SUCCEDE. CIASCUN GIORNALE FA LE VIGNETTE CHE VUOLE E CONTRO CHI VUOLE. SAREI UN PO' MENO PRESUNTUOSO DEGLI AMICI DEL 'FATTO' CHE OGNI CINQUE MINUTI RIPETONO CHE SOLO LORO SONO VISPI E INTELLIGENTI LADDOVE TUTTI GLI ALTRI SONO 'BIGOTTI' E 'SERVILI'
Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia

Caro Dago, ovvio che in un Paese civile ciascun giornale fa le vignette che vuole e come vuole e contro chi vuole. Semmai sarei un po’ meno presuntuoso degli amici del “Fatto”, i quali ogni cinque minuti ripetono e ribadiscono che solo loro sono vispi e intelligenti e anticonformisti e laddove tutti gli altri sono “bigotti” e “servili”.

Un’affermazione con la quale, per quanto mi riguarda, mi pulisco allegramente le scarpe. Ovvio che il “Fatto” aveva tutto il diritto di mettere in prima pagina una vignetta che vorrebbe essere derisoria di Maria Elena Boschi, e che per farlo punta sulle sue “cosce” sguainate e cellulitiche.

Roba che quanto a gusto ed eleganza, a paragone il “cicciottelle” di un recente titolo giornalistico è un aforisma di Karl Kraus. Conosco e ho simpatia per Mannelli da qualche decennio: è un disegnatore aguzzo al quale, com’è ovvio, non tutte le vignette riescono col buco.

Questa è assieme idiota e orrida. Niente di male. Succede. Ne sto parlando da lettore del “Fatto” che ogni mattina lo compra e ne legge un bel po’ di articoli, quasi sempre molto buoni, eccezion fatta per le nenie stucchevolissime contro Matteo Renzi. Evviva le vignette, evviva il sarcasmo libero e indipendente.


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La libertà di satira
e la libertà delle donne
Stabilendo il nesso tra incompetenza e avvenenza si dà vita a un sillogismo squisitamente sessista, che non sarebbe mai usato nei confronti di un uomo
di Antonio Polito
Così deve essere anche nei confronti dei nuovi paletti che la sensibilità moderna ha posto al discorso pubblico: per esempio quello relativo al corpo della donna. Se un tempo si disegnava Spadolini ignudo e grassoccio con il pisellino al vento, ridendone, perché mai non si potrebbe oggi esporre il corpo di una donna ministra ridendo della sua esibita avvenenza, è stato autorevolmente detto. (Anche se, a proposito degli spostamenti del senso del limite, non si può escludere che oggi un direttore che desse del «cicciottello» a Spadolini se la vedrebbe brutta). C’è insomma un politicamente corretto più corretto del rispetto delle donne, e questo è il rispetto della satira.
Esagerati, dunque, o in malafede, gli indignati anti Mannelli: quella vignetta non istiga certo disprezzo nei confronti delle donne, e il disegnatore non è un cattivo maestro di potenziali femminicidi; chi volesse davvero cercare le radici della tabe sessista del maschio italiano dovrà impegnarsi un po’ di più invece di trovarsi facili bersagli polemici (per esempio leggendo il bellissimo romanzo di Edoardo Albinati).
Confesso però che mi hanno altrettanto, se non di più turbato, un paio di argomenti che sono stati usati in difesa di Mannelli. Il primo recita più o meno così: è legittimo prendere in giro l’avvenenza della ministra per denunciare la sua (presunta) incompetenza, in pratica se lei non dicesse «sciocchezze» costituzionali si eviterebbe le vignette sulle «cosce». Ma stabilendo il nesso tra incompetenza e avvenenza si dà vita a un sillogismo squisitamente sessista, che non sarebbe mai usato nei confronti di un uomo (belli e incompetenti non mancano nel nostro sesso).
Il secondo argomento è anche peggiore: si sostiene che in realtà la vignetta non faceva che replicare la realtà, come si deduce da una foto della ministra ritratta nella stessa posa della vignetta. Così, senza dirlo, si fa colpa alla signora Boschi di mettere in mostra le gambe, roba che non si sentiva dai tempi in cui Scalfaro schiaffeggiava le signore scollate, e la vignetta di Mannelli smette di essere difesa in quanto satira e viene elevata ad atto di denuncia. Ma denuncia di che? Si sta forse sostenendo che la ministra se l’è cercata indossando abiti scostumati, e che invece coprire il corpo femminile sia un atto di modestia e di serietà, soprattutto per una donna che fa politica?
Ecco: «se l’è cercata» è il grido di battaglia del sessismo. E su questa strada è davvero breve il passo che ci separa dalla burkizzazione a fini politici della polemica contro Maria Elena Boschi. Un prezzo francamente troppo alto, anche per la battaglia referendaria. Giù le mani dunque dalla libera satira. E giù le mani però anche dalla libertà delle donne: tutte le donne, comprese quelle potenti.Così deve essere anche nei confronti dei nuovi paletti che la sensibilità moderna ha posto al discorso pubblico: per esempio quello relativo al corpo della donna. Se un tempo si disegnava Spadolini ignudo e grassoccio con il pisellino al vento, ridendone, perché mai non si potrebbe oggi esporre il corpo di una donna ministra ridendo della sua esibita avvenenza, è stato autorevolmente detto. (Anche se, a proposito degli spostamenti del senso del limite, non si può escludere che oggi un direttore che desse del «cicciottello» a Spadolini se la vedrebbe brutta). C’è insomma un politicamente corretto più corretto del rispetto delle donne, e questo è il rispetto della satira.
Esagerati, dunque, o in malafede, gli indignati anti Mannelli: quella vignetta non istiga certo disprezzo nei confronti delle donne, e il disegnatore non è un cattivo maestro di potenziali femminicidi; chi volesse davvero cercare le radici della tabe sessista del maschio italiano dovrà impegnarsi un po’ di più invece di trovarsi facili bersagli polemici (per esempio leggendo il bellissimo romanzo di Edoardo Albinati).
Confesso però che mi hanno altrettanto, se non di più turbato, un paio di argomenti che sono stati usati in difesa di Mannelli. Il primo recita più o meno così: è legittimo prendere in giro l’avvenenza della ministra per denunciare la sua (presunta) incompetenza, in pratica se lei non dicesse «sciocchezze» costituzionali si eviterebbe le vignette sulle «cosce». Ma stabilendo il nesso tra incompetenza e avvenenza si dà vita a un sillogismo squisitamente sessista, che non sarebbe mai usato nei confronti di un uomo (belli e incompetenti non mancano nel nostro sesso).
Il secondo argomento è anche peggiore: si sostiene che in realtà la vignetta non faceva che replicare la realtà, come si deduce da una foto della ministra ritratta nella stessa posa della vignetta. Così, senza dirlo, si fa colpa alla signora Boschi di mettere in mostra le gambe, roba che non si sentiva dai tempi in cui Scalfaro schiaffeggiava le signore scollate, e la vignetta di Mannelli smette di essere difesa in quanto satira e viene elevata ad atto di denuncia. Ma denuncia di che? Si sta forse sostenendo che la ministra se l’è cercata indossando abiti scostumati, e che invece coprire il corpo femminile sia un atto di modestia e di serietà, soprattutto per una donna che fa politica?
Ecco: «se l’è cercata» è il grido di battaglia del sessismo. E su questa strada è davvero breve il passo che ci separa dalla burkizzazione a fini politici della polemica contro Maria Elena Boschi. Un prezzo francamente troppo alto, anche per la battaglia referendaria. Giù le mani dunque dalla libera satira. E giù le mani però anche dalla libertà delle donne: tutte le donne, comprese quelle potenti.

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L'amico salmastro mi scrive:
"ma Mannelli, sotto il disegno, non poteva scrivere: "oltre le gambe, c'è di più?"
...temo, però, che la citazione di una canzonetta non sarebbe stata Fatto-Style... ::)"
SAL

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stavo leggendo questo articolo dell'Huffington Post che titola qualcosa tipo "i dieci momenti più sessisti delle olimpiadi" o qualcosa del genere
questo termine, sessismo, mi piace tanto ma tanto tanto, proprio
mi piace talmente tanto che vi pregherei di non usarlo MAI qui, io lo farò con parsimonia, proprio per non sciuparlo
voglio conservarlo come perla nella sua ostrica, chiusa, in fondo al mare
e pensavo: che bello deve essere gustare un aperitivo al tramonto, a Montmartre, con l'autrice, sfiorarsi piano e sussurrarsi tanti asterischi
Fabio Magnasciutti

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lunedì 1 agosto 2016

Le nuove nomine ai tg della Rai

Aggiorno il post con la conferma che ill cda della Rai, dopo circa 5 ore di riunione, ha approvato a maggioranza le nomine dei nuovi direttori del Tg2 (Ida Colucci), del Tg3 (Luca Mazzà), del Giornale radio (Andrea Montanari) e di Rai Parlamento (Nicoletta Manzione). Il voto è avvenuto a maggioranza, con i 3 no di Carlo Freccero (indicato dal M5S) e dei due consiglieri vicini al centrodestra Arturo Diaconale e Giancarlo Mazzuca. Tra i consiglieri della maggioranza, in particolare Rita Borioni (vicina a Matteo Orfini) e Franco Siddi, sono state espresse varie critiche e rilievi su tempi e metodi delle scelte del direttore generale Campo Dall'Orto, ma alla fine hanno votato a favore insieme al renziano Guelfo Guelfi, al centrista Paolo Messa, alla presidente Monica Maggioni e al consigliere indicato dal Tesoro Marco Fortis. E' finita 6 a 3.
Due dei tre consiglieri della minoranza dem in Vigilanza, Miguel Gotor e Federico Fornaro, subito dopo le nomine dei nuovi direttori Rai hanno annunciato le loro dimissioni dalla commissione parlamentare di indirizzo sulla tv pubblica. "Le nomine nei tg rappresentano una decisione assunta in assenza di un nuovo progetto sull’informazione dell’azienda. Una decisione che risponde unicamente a logiche di normalizzazione di occupazione governativa del servizio pubblico, in forme per molti versi inedite e in contrasto con il principio costituzionale del pluralismo culturale e politico", spiegano.


Riassumendo quindi Orfeo e Di Bella rimarranno rispettivamente il primo al Tg1 ed il secondo a Rainews. Se ne vanno Masi dal Tg2 sostituito da Ida Colucci e Bianca Berlinguer dal Tg3 sostituita da Mazzà.

Parte una NUOVA ERA per la RAI...
... quella del TG SI!
Airaghi


“COLPO DI MANO PER IL SI. NEANCHE BERLUSCONI OSAVA TANTO"
“Fanno fuori la Berlinguer, così tutti i notiziari saranno allineati al governo sul referendum”
Al telefono, mentre commenta le imminenti nomine alla direzione dei tg Rai, Carlo Freccero è furibondo: “Credo sia un fatto senza precedenti: un attentato alla tv. Nemmeno Berlusconi è arrivato a tanto. Non esagero: nemmeno Berlusconi”. Freccero siede nel consiglio di amministrazione di Viale Mazzini dallo scorso agosto, dopo 40 anni di lavoro in televisione (prima da autore e poi da dirigente). “In tutto questo tempo – ripete concitato – non ricordo nulla di simile”
Freccero di Benny

Si spieghi
È in atto un blitz, un colpo di mano estremamente pericoloso da parte del direttore generale della Rai: il 3 agosto, rinviando il consiglio d’amministrazione che era previsto il giorno prima, verranno nominati i nuovi direttori dei telegiornali. Degli attuali, rimarrà solo Mario Orfeo al Tg1. Al Tg2 andrà Ida Colucci e al Tg3 tornerà Antonio Di Bella. Una scelta surreale quest’ultima, visto che era stato nominato appena pochi mesi fa a Rainews.
E per quale motivo troverebbe queste nomine vergognose?
Perché con questi direttori Renzi ha la certezza di controllare definitivamente i tre telegiornali, che saranno schierati tutti sul “sì” nel referendum costituzionale. Questi nomi rispondono a una duplice strategia: oltre al referendum, l’obiettivo è spegnere l’incendio divampato con l’operazione trasparenza sugli stipendi dei dirigenti Rai. È un autentico regalo al presidente del Consiglio, che è rimasto molto turbato dalla questione stipendi e da come è deflagrata sulla stampa.
Un regalo di Campo Dall’Orto?
Confermo. Un regalo che non era nemmeno previsto.
Quali sono i criteri formali delle nomine?
Non devono rispondere al piano editoriale di Carlo Verdelli? Ma Verdelli non ha mai presentato un piano editoriale! Il piano editoriale si fa per iscritto, poi il documento deve essere consegnato formalmente. Invece di scritto non c’è ancora nulla. Verdelli ha presentato un piano guida, non un piano editoriale. E aveva garantito che le nomine avrebbero rispettato qualità definite esplicitamente nel piano. È tutto falso, è un vero e proprio colpo di mano.
Da esponente del cda, lei non può intervenire?
Guardi, per la prima volta ho chiamato il centralino della Camera per essere messo in contatto immediatamente con Roberto Fico, il presidente della Commissione di vigilanza. E non l’ho contattato per una conversazione privata: ho chiesto che la mia telefonata venisse messa a verbale. Ho informato Fico che la situazione sta assumendo contorni molto gravi. Che ritengo queste nomine completamente fuori luogo. Anzi: che le trovo scandalose. L’ho invitato a riunire immediatamente la commissione.
Fico cosa le ha risposto?
Mi ha ringraziato e ne ha preso atto. Ho fatto presente quanto sta succedendo anche a Sel e alla minoranza Pd, mi aspetto che intervengano quanto prima. Spero che le pressioni possano scongiurare questa operazione.
È davvero convinto che l’obiettivo sia il referendum? Non crede che Di Bella possa essere un direttore autonomo?
Su questo non ho alcun dubbio: è senz’altro un’operazione che guarda al voto sulla riforma costituzionale. Di Bella ha una storia che conoscono tutti: ha fatto nove anni al Tg3 in epoca berlusconiana. Era un bersaniano, sì, ma un bersaniano digeribile per Berlusconi. È una brava persona, non dico il contrario, ma non ha l’autonomia di Bianca Berlinguer. Il vero obiettivo di queste nomine è far fuori lei. Nemmeno Berlusconi era così spregiudicato: sono pronto a una protesta clamorosa, devo ancora decidere la forma.
Tommaso Rodano FQ 29 luglio 2016

Renzi suona il silenzio a Rai 3
Tiziano Riverso


Campo Dall'Orto
Beppe Mora per FQ



SERVIZIO PUBBLICO
26 luglio 2016
http://www.corriere.it/politica/16_luglio_25/gelo-premier-viale-mazzini-rai-renzi-rifondazione-8fd09480-52a5-11e6-9335-9746f12b2562.shtml
Portos

Franzaroli per FQ




Franzaroli per FQ



W la semplificazione!
Fulvio Fontana







Epurazioni Rai
Staino




Beppe Mora per FQ




Staino



IL VIDEO DEL PADRONE
Il Governo afferma di non aver influito sulle nuove nomine RAI.
Una cosa però  è certa: cambiano i tempi, l'evoluzione tecnologica avanza con velocità impressionante, ma il vecchio caro Marchio non tramonta mai.
Gianfranco Uber

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La promessa di Matteo Renzi:


martedì 21 giugno 2016

"L’appaRenzi inganna." 30 Autori di satira interpretano Matteo Renzi.




L’appaRenzi 
inganna. 
30 Autori di satira interpretano Matteo Renzi. 
Un esperimento di satira mai tentato prima per un capolavoro di comicità e irriverenza che vi farà impallidire e sbellicare dalle risate.

Testi di
Lucilla Masini, Franco Cappelletti (Kappa), Claudio Fois, Vincenzo Nizza, Carlo Gubitosa, Franco Giordano.
Vignette di
Franco Bianco, Lido Contemori, Milko Dalla Battista, Dario Di Simone (Darix), Fulvio Fontana, Filippo Frago, Luca Garonzi, Roberto Grassilli, Giulio Laurenzi, Paolo Marengo, Roberto Mangosi, Beppe Mora, Passepartout, Nico Pillinini, Franco Portinari (Portos), Augusto Rasori, Giuliano Rossetti, Marco Scalia, Giorgio Sommacal, Franco Stivali, Stefano Tartarotti, Stefano Trucco (Kurt), Pierfrancesco Uva, Pietro Vanessi (PV).
La quarta
Prendete 30 vignettisti talentuosi, sagaci e irriverenti e metteteli insieme a 6 scrittori appuntiti, sarcastici e cazzuti. Poi lasciateli in cattività in uno spazio creativo, libero e senza censura, tipo le pagine di un libro. Ve li immaginate? Bene, adesso provate a buttar loro in pasto il nostro caro, amato Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Come pensate che andrà a finire? Scopritelo a vostre spese in questo libro di satira pungente e politicamente scorretta.

 Edizioni Cento Autori




Renzi Twist


giovedì 16 giugno 2016

Ballottaggi

Ballottaggi fa rima con raggi ed ortaggi.

BalloRtaggi
di Riccardo Mannelli


Circo Massimo
di Franco Portinari



Pieno appoggio di D'Alema a Giacchetti
di Franco Portinari
Milano - Sala e Parisi
di Franco Portinari

LEGITTIMA SUSPICIONE
Che tutti ora vogliano tappare i buchi delle strade mi fa piacere ma veramente esistono argomenti che riescano a convincere qualcuno sul serio disinteresse personale dei candidati?
di Uber

Staino e D'Alema
di Staino

tutti contro il PD
di Staino
Aperture della destra
di Beppe Mora


io voterò il M5S perchè...
di Vanessi


Raggi e Giacchetti vorrebbero lavorare per noi...
di Franco Stivali
Giacchetti
di Tiziano Riverso

Fassino contro Appendino
di Tiziano Riverso



di Paride Puglia


di Giannelli
Vinca il migliore
di Giuliano




Raggi di sòle?


Ma è vero che Virginia Raggi anela a squadra di assessori a sua immagine e somiglianza invece che a quelle del direttivo (soprattutto direttive) del 5Stelle? I nomi che stanno saltando fuori, infatti, non sono proprio associabili a diktat di massa per marchesati delGrillo appoggiati sul leggio di casa. Sono persone (per citarne alcuni: Paolo Berdini, Tomaso Montanari, Daniele Frongia) che a oggi hanno in più modi dimostrato di sapere egregiamente e costruttivamente  lavorare in proprio senza padroni e, men che meno, padrini.
Virginia Raggi che tanto oggi potrebbe (dunque)  rappresentare Roma, quanto è disposta a lavorare in proprio, affidandosi ad autentici esperti perché consapevole di sapere di non sapere,  invece che subordinata a quel “vincolo di mandato” sottoscritto ai marchesati?
La vittoria al ballottaggio, più che alle balle, starà esclusivamente nella sua propria capacità di fare valere un mandato fine a se stesso, vincolato esclusivamente alla Roma d’oggi ampiamente stufa,  sfiancata, moscia, ormai malata terminale vincolata da troppo tempo ai “io so’ io e voi non siete un cazzo”. Ma è indubbio che lei è invece attorcigliata prima di tutto a  vincolo ben incastonato (altro che in movimento!) alle antiche origini.
Il suo sballottato Giachetti è già stato votato e otterrà altri voti al prossimo turno con le ormai note incognite per gli elettori, ma quanto meno questi non sono stati costretti a rinunciare al potere di decidere in proprio la differenza tra sole e sòle…
10 giugno 2016


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se Pd perde non mi dimetto
di Tiziano Riverso
Il grullo compressore
di Beppe Mora