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domenica 8 dicembre 2019

Madrid: COP25 dal 2 al 13 dicembre 2019

COP 25- Madrid    Miguel Villalba Sánchez (Elchicotriste)
Flamenco complaining in Madrid.
02 Dec 2019

La COP25, che avrebbe dovuto tenersi a Santiago del Cile dal 2 al 13 dicembre 2019, a causa dei disordini in Cile è stata spostata nelle stesse date a Madrid, sempre sotto la presidenza cilena.

Si tratta dell'ultima Conferenza delle Parti prima dell'attuazione dell'Accordo di Parigi; alla prossima Conferenza infatti dovranno essere aggiornati i contributi nazionali (NDC) che auspicabilmente dovranno contemplare obiettivi più ambiziosi.

Le priorità indicate dalla presidenza cilena della CoP25 sono le seguenti: energie rinnovabili; elettro-mobilità; estrazione mineraria verde; economia circolare; oceani; foreste e agricolture resistenti al cambiamento climatico; città sostenibili e infrastrutture resistenti; finanza climatica.

La COP25 discuterà tra l'altro anche del meccanismo sulle perdite e i danni associati agli impatti dei cambiamenti climatici, del Fondo verde per il clima, di questioni riguardanti i paesi meno sviluppati, della questione di genere e i cambiamenti climatici. Si terrà inoltre una riunione ministeriale di alto livello sull'Azione per il clima. Secondo le priorità identificate dalla presidenza cilena, dovrebbero essere organizzati eventi sui seguenti temi: oceani, Antartide, biodiversità, foreste, adattamento, città, energie rinnovabili, economia circolare e mobilità elettrica.




Broken Mirror    Ramses Morales Izquierdo
Spanish Climate Summit. Our most desperate hour...
02 Dec 2019


by Banx



Joel Pett - Lexington Herald Leader


Climate Conference Madrid    Maarten Wolterink


Perché tanta attenzione dell’ONU sul clima?
Ci sono prove degli effetti del cambiamento climatico, specialmente eventi meteorologici estremi, e questi effetti hanno un costo elevato.

Secondo il Greenhouse Gas Bulletin 2019 dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), i livelli dei gas a effetto serra che intrappolano il calore nell’atmosfera hanno raggiunto un nuovo record. Ciò implica che nel lungo periodo le future generazioni dovranno confrontarsi con effetti sempre più gravi del cambiamento climatico, tra cui l’aumento delle temperature, un clima più estremo, lo stress idrico, l’innalzamento del livello del mare e l’alterazione degli ecosistemi marini e terrestri.

Il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) ha evidenziato, nel suo Emissions Gap Report 2019, che le riduzioni delle emissioni dei gas a effetto serra del 7.6 per cento annuo dal 2020 al 2030 sono necessarie per raggiungere l’obiettivo concordato a livello internazionale di un aumento di temperatura contenuto a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Gli scienziati concordano che si tratti di un compito gravoso e che la finestra di opportunità si restringa sempre più.
Perché COP25 è importante?
Dal momento che la UNFCCC non prevedeva limiti vincolanti sulle emissioni di gas a effetto serra per i singoli Paesi e nessun meccanismo per garantirne l’applicazione, varie estensioni di questo trattato sono state negoziate nel corso delle recenti COP, compreso, più di recente, l’Accordo di Parigi approvato nel 2015, nel quale tutti i Paesi hanno deciso di intensificare gli sforzi per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi al di sopra delle temperature preindustriali e aumentare i finanziamenti per le azioni in favore del clima.

La COP25 precede l’l’anno decisivo, il 2020, quando molte nazioni dovranno presentare nuovi piani d’azione per il clima. Tra le tante questioni ancora aperte c’è il finanziamento delle azioni in favore del clima a livello mondiale.

Al momento non si sta facendo abbastanza per raggiungere i tre obiettivi climatici: ridurre le emissioni del 45% entro il 2030; raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 (cioè emissioni di anidride carbonica pari a zero) e stabilizzare l’aumento della temperatura globale a 1,5° C gradi entro la fine del secolo.

Siccome in tema di cambiamento climatico il tempo stringe, non ci si può permettere di sprecarne ancora ed è perciò necessario concordare una soluzione coraggiosa, determinante e ambiziosa.


Cop25, al via la conferenza mondiale sul clima. L'Onu: "Il mondo deve scegliere tra speranza e resa"
#COP25 #COP25Madrid #COP25ChileMadrid #climatechange #climatecrisis #climateaction #Onu #climate
Durando




Last drink for the climate denialism...    Ramses Morales Izquierdo
A toast for those who still doesn’t believe in the climate emergency...
06 Dec 2019


Universe- Boligan


Nota:

Il popolo di Greta riempie Madrid. Circa mezzo milione di persone ha partecipato alla grande marcia per il clima, talmente tante che la giovane attivista svedese ha abbandonato il corteo su consiglio della polizia.

È passato un anno da quando Greta ha iniziato gli scioperi per il clima. "Non abbiamo ottenuto - dice dal palco di Madrid - ancora nessun risultato" e poi attacca la politica: "Volete farci stare zitti, ma non smetteremo".

"I leader mondiali ci stanno tradendo e noi non lasceremo che questo accada ancora - ha detto Greta dal palco di Madrid - Non permetteremo loro di farla franca. Diciamo "basta!" E il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no".
Sul palco anche l'attore spagnolo Javier Barderm. Mentre alla Cop25 c'è molta attesa per l'intervento dell'ispiratrice del movimento Fridays for future, in agenda lunedì nell'ambito di un evento dell'Unesco.

La sua protesta ha raccolto rivendicazioni sociali da tutto il mondo in un unico movimento, dalla battaglia dei nativi per l'Amazzonia ai diritti dei consumatori occidentali.

Greta - Marco D'Agostino


Greta's    Miguel Villalba Sánchez (Elchicotriste)
nuff said
06 Dec 2019


Greta cabalga! Los perros ladran...
Greta Cavalca! I cani abbaiano...
Ramses


lunedì 25 febbraio 2019

Per Musa Kart

FANY-BLOG sostiene il disegnatore Musa Kart ed i giornalisti turchi di Cumhuriyet , condannati a pene detentive dai due agli otto anni.
Musa kart, vincitore del premio internazionale della stampa Cartooning for Peace / Ville De Genève-Officiel 2018, negli ultimi tweet scritti dice di vivere le sue ultime ore di libertà, in attesa che la polizia di Erdogan lo porti in prigione. Una pesante pena per il semplice esercizio del suo mestiere, quello di disegnatore libero e indipendente.

Per Musa Kart
Gio / Mariagrazia Quaranta
Turquie : procès des journalistes de Cumhuriyet, dont le dessinateur Musa Kart

Le procès des journalistes de Cumhuriyet, détenus depuis 9 mois dans la prison de Silivri, s’est ouvert lundi 24 juillet pour dix jours. Accusé d’avoir aidé et soutenu une organisation terroriste, le dessinateur Musa Kart risque une peine d’emprisonnement de 29 ans.

Au début de l’audience, tout comme ses collègues, le caricaturiste a lu une déclaration écrite pour sa défense.

Originellement traduits puis publiés en anglais par nos confrères américains de Cartoonists Rights Network International, ses mots, ponctués de notes d’humour, soulignent non seulement l’absurdité des accusations émises à l’encontre de Cumhuriyet, et consacrent aussi l’importance du dessin de presse dans le combat pour la liberté d’expression.

A lire en français et en intégralité ici.

Mise à jour du 19/02/2019 : La justice turque confirme les peines de prison ferme contre les employés du journal Cumhuriyet.

Accusés d’« association avec une organisation terroriste », les membres de la rédaction du journal Cumhuriyet, rare organe de presse critique à l’égard du gouvernement de Recep Tayyip Erdogan, avaient fait appel de la condamnation en première instance.

Les journalistes, dont le dessinateur de presse Musa Kart, Lauréat du Prix International du dessin de presse décerné par Cartooning for Peace en 2018, ont été condamnés à purger des peines de 2 à 8 ans.

Cartooning for Peace renouvelle tout son soutien à Musa Kart et ses anciens collègues, et condamne cette décision du tribunal qui porte un nouveau coup à la liberté d’expression.




[ALERTE DESSINATEUR]
📣 Cartooning for Peace renouvelle son soutien au dessinateur de presse turc Musa Kart-Çizmeden Yukarı et à ses anciens collègues, et condamne la décision du tribunal qui porte un nouveau coup à la liberté d’expression.
https://bit.ly/2vPpbKW
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[CARTOONIST ALERT]
📣 Cartooning for Peace supports Turkish press cartoonist Musa Kart-Çizmeden Yukarı and his former coworkers and condemns the tribunal's decision which affects freedom of expression.
https://bit.ly/2v3kfVd

Cartoon by Semih Poroy (Turkey)
Cartooning for Peace


Adam Zyglis


France-Cartoons soutient le dessinateur  Musa Kart et les journalistes turcs condamnés à purger des peines de 2 à 8 ans.
disegno di Ballouhey



Bertrams




Free Musa Kart (Turkey)    Maarten Wolterink
Let's support Turkish press cartoonist Musa Kart-Çizmeden Yukarı and his former coworkers and condemn the tribunal's decision which affects freedom of expression.






Turchia, confermata la condanna per i giornalisti di Cumhuriyet. In otto tornano in carcere
di Antonella Napoli
La scure della giustizia si abbatte ancora sulle voci libere in Turchia. La 3^ Corte di appello di Istanbul ha confermato la sentenza a carico di Musa Kart, Bülent Utku, Hakan Karasinir, Kadri Gürsel, Guray Tekin Oz, Oder Celik, Emre Iper e Mustafa Kemal Güngör. Dovranno tornare in carcere per scontare il resto della pena a cui lo scorso aprile erano stati condannati insieme a altri 6 tra redattori e membri del consiglio di amministrazione del quotidiano Cumhuriyet sui quali si dovrà esprimere un altro Tribunale.
Il processo, in cui erano imputati anche il direttore Murat Sabuncu e l’amministratore delegato Akin Atalay, oltre ad alcuni reporter ed editorialisti molto noti come Ahmet Sik, oggi parlamentare dell’Hdp, è diventato uno dei simboli delle limitazioni alla libertà di stampa nel Paese di Recep Tayyip Erdogan.
Dal primo momento è parso evidente a tutta l’opinione pubblica mondiale che i redattori e il resto del personale dell’ultimo giornale indipendente turco, come i fratelli Ahmet e Mehmet Altan e gli altri 150 giornalisti ancora imprigionati in Turchia, fossero stati arrestati e condannati solo per aver svolto il loro lavoro in piena coscienza e libertà.
La magistratura ha dimostrato di non essere in grado di garantire la protezione dei diritti fondamentali dei cittadini turchi che comprendono la libertà di stampa, aggravando così la pressione sui media che tentano di mantenere una propria neutralità.
Per questo oggi piu che mai la Corte europea dei diritti dell’uomo deve assumere decisioni che provino a ristabilire una giustizia degna di questo nome per i nostri colleghi in balia delle repressioni iniziate con il fallito golpe del luglio 2016.
La natura simbolica dei processi Zaman e Cumhuriyet ha sortito un indubbio effetto raggelante sui media turchi e sulla percezione del diritto al libero pensiero.
La conferma in secondo grado della sentenza di un altro processo contro la libertà di stampa in Turchia, l’ergastolo aggravato per 6 giornalisti, tra cui Ahmet Altan, scrittore e giornalista, suo fratello Mehmet, economista e editorialista, e la veterana del giornalismo turco Nazlı Ilıcak, 75 anni (condannata lo scorso febbraio anche per divulgazione di notizie riservate in un altro procedimento) conferma che lo Stato di diritto nel Paese è morto.
La Corte di Appello del Tribunale penale di Istanbul al termine del procedimento che li vedeva accusati di “attentato all’ordine costituzionale” ha ribadito il verdetto di carcere a vita anche per altri imputati, il giornalista Şükrü Tuğrul Özşemgül, Fevzi Yazıcı, esperto designer, e Yakup Şimşek, art director, tutti collaboratori del quotidiano Zaman.
Tutti loro nessun’altra ‘colpa’ hanno se non quella di aver fatto il proprio mestiere.
Un verdetto atteso con preoccupazione anche all’estero, dove in questi mesi sono state lanciate numerose campagne a sostegno dei giornalisti incarcerati negli ultimi due anni e mezzo.
Articolo 21 ha seguito tutte le udienze, iniziate il 24 luglio 2017. Chi scrive era tra gli osservatori internazionali al processo arrivato a sentenza il 25 aprile.
Il dibattimento è stato incentrato sull’attività giornalistica piuttosto che sulle accuse formulate nei confronti degli imputati.
Le domande poste sia dai giudici che dal procuratore vertevano solo sulle notizie e sulla politica editoriale di Cumhuriyet. La linea editoriale indipendente del giornale è stata messa in discussione. Sin dalla prima udienza il processo stesso ha posto in evidenza che quello in atto nei confronti di Cumhuriyet era un tentativo di imporre il bavaglio ai giornalisti turchi, una ritorsione contro chi concepisce il giornalismo come strumento di verità e di libertà d’espressione.
Nella graduatoria 2018 di Reporters sans Frontières sulla libertà di stampa, la Turchia è risultata al 157/mo posto su 180 Paesi.
Rispetto alla decisione della corte d’appello turca che ha confermato la condanna di giornalisti e dirigenti di Cumhuriyet, il direttore della ricerca e della strategia sulla Turchia di Amnesty International, Andrew Gardner, ha dichiarato che “la sentenza di oggi dimostra ancora una volta come procedimenti politicamente motivati e sentenze immotivate ricevano una mera timbratura da parte delle corti d’appello”.
L’organizzazione internazionale ha evidenziato come i procedimenti giudiziari ai danni di decine di operatori dell’informazione costituiscono un costante affronto alla libertà di stampa e alla giustizia in Turchia. Usando i tribunali per rafforzare la loro stretta sugli organi d’informazione, le autorità hanno ancora una volta messo in evidenza il lato oscuro di un sistema giudiziario guasto. “Ciò dovrebbe preoccupare chiunque abbia a cuore la libertà d’espressione” la conclusione di Amnesty che facciamo nostra.

venerdì 8 dicembre 2017

ROHINGYA

Non c’è pulizia etnica contro i rohingya, si dice ovunque in Myanmar

Da agosto a oggi più di 600mila persone di etnia rohingya sono fuggite dal Myanmar (o Birmania) a causa degli scontri tra esercito birmano e gruppi ribelli che appartengono alla minoranza rohingya. Le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali hanno criticato molto le violenze compiute dai soldati birmani – che per esempio hanno bruciato sistematicamente le case di molti rohingya, costringendoli a scappare – e hanno descritto la fuga dei rohingya come il più rapido spostamento di un gruppo etnico dai tempi del genocidio del Ruanda del 1994. Nonostante le prove raccolte – immagini satellitari, fotografie, video, testimonianze – in Myanmar si continua a vivere in una realtà parallela: c’è la convinzione diffusa che non sia in corso alcuna pulizia etnica nei confronti dei rohingya.[...]



Plantu (France)
"Rohingya"
"Massacre in Myanmar"
"One million stateless"
"Forgotten muslims"
"Nobody cares"


«A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, chiedo perdono»
«Noi tutti vi siamo vicini. È poco quello che possiamo fare perché la vostra tragedia è molto dura e grande, ma vi diamo spazio nel cuore. A nome di tutti quelli che vi hanno perseguitato, che vi hanno fatto del male, chiedo perdono. Tanti di voi mi avete detto del cuore grande del Bangladesh che vi ha accolto. Mi appello al vostro cuore grande perché sia capace di accordarci il perdono che chiediamo. Nella tradizione giudaico-cristiana Dio ha creato l'uomo a Sua immagine e somiglianza. Tutti noi siamo questa immagine. Anche questi fratelli e sorelle sono l'immagine del Dio vivente. Una tradizione della vostra religione dice che Dio ha preso dell'acqua e vi ha versato del sale, l'anima degli uomini. Noi tutti portiamo il sale di Dio dentro. Anche questi fratelli e sorelle. Facciamo vedere al mondo cosa fa l'egoismo con l'immagine di Dio. Continuiamo a stare vicino a loro perché siano riconosciuti i loro diritti. Non chiudiamo il cuore, non guardiamo da un'altra parte. La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya. Ognuno ha la sua risposta».
Papa Francesco





Stephff (Thailand / Thaïlande)




"Les Rohingyas de Birmanie" d'après "Le Radeau de La Méduse" de Géricault / After "The Raft of the Meduse" by Gericault
Sabir Nazar  (Pakistan)


Maarten Wolterink (NL / Pays-Bas)
"ONU"
"Birmanie"



Rohingya refugees: when the eyes speaking .
Paolo Lombardi



Aung San Suu Kyi | Nobel Peace    Vasco Gargalo
Rohingya
24 Sep 2017





UN ON ROHINGYA
by Paresh Nath, The Khaleej Times, UAE



Detour.    Niels Bo Bojesen
The Pope in Myanmar.
29 Nov 2017

mercoledì 22 aprile 2015

Quanti ancora...



Quanti ancora.
Mauro Biani



Domenica 19 aprile tragico naufragio tra la Libia e l'Italia. Si stimano 900 morti.

Le prime pagine della stampa di tutta Europa parlano della tragedia:
Libération titola “Mare Morto”.
La Stampa di Torino parla de “L’ecatombe del Mediterraneo”.
Per El País, “Orrore in Europa per il peggior naufragio nel Mediterraneo”.
El Mundo conteggia: “1’000 morti in una settimana”.
The Guardian spiega: “Si temono centinaia di morti per il capovolgimento del battello dei migranti”.
Tageszeitung fa un macabro bilancio: “15 volte i morti dello scorso anno”.




Body Bag Boat    Maarten Wolterink
Another boat full of immigrants capsizes in the Mediterranean, hundreds are feared to have drowned. Maarten Wolternink: ’EU, please find another way.’
20 Apr 2015

Wish to God there was no need, but seems appropriate to retweet this from @guardian last October 
Martin Rowson 
29.10.14 Guardian

Mediterrâneo.
Dalcio


My cartoon on Friday @TheTimes on the EU's shameful attitude to migrants sailing from N Africa.
Peter Brookes


MÉDITERRANÉE. Les clandestins disparus devant les côtes italiennes.
Plantu


Giannelli




Death in the Mediterranean - © Chappatte in The International New York Times


Helpless Europe - © Chappatte in Le Temps, Switzerland


Migrants Mediterranean    
Alex Falcó Chang



http://www.repubblica.it/politica/2010/11/30/news/le_vignette_di_ellekappa-9683622/



Migranti
Leoni






Europa cannibale


Ci sono i soccorritori di mare e di terra, eroi perché certe immagini segnano per tutta la vita, ma loro ancora non lo sanno mentre sono costretti a subire impotenti le mattanze umane. E poi viene il nulla socio politico aggravato da troppe parole e infinite omissioni. Nel mezzo gli schiavisti di terra europea che suddividono la merce umana (già scontato il carico deteriorato o perduto) secondo richiesta di mercato: da una parte manovalanza adulta e adolescenziale per traffici subumani di mafia (caporali, droga e papponi), dall’altra commercio di bambini da squartare nel corpo e nell’anima.
Queste sono le viscere dell’Europa le cui membra da expo appaiono invece così belle, ricche, eleganti e profumate.
Il decennio scorso funzionava diversamente perché non li vedevamo morire. Ci stava un compare cui baciavamo la mano non perché mafioso locale, ma perché dittatore libico che faceva per noi il lavoro sporco sicché quegli umani lì li faceva crepare (di sete, fame, asfissia, schiacciati dai camion che si ribaltavano, stremati dalle marce, sbranati da cani selvatici) a decine e decine di migliaia nelle deportazioni sahariane tra Libia e Niger, così noi europei si stava a posto con quella bestemmia che chiamiamo coscienza, un po’ come facevamo quando eravamo ufficialmente colonialisti.  Oggi no, oggi vediamo e tocchiamo (specie gli italiani già “protetti” dal Gheddafi di cui ci vantavamo) perché la morte preceduta da torture s’è spostata sul mare europeo (poggiato sulla carta universale dei diritti umani!) che si nutre di africani.
Oggi stiamo messi così perché l’Europa Unita s’è fatta mai carico morale d’impedire le deportazioni oggi tradotte in “sbarchi clandestini”. S’è attivata, finché è andata, giusto per impedirne la vista.
20 aprile 2015



La vecchia signora
Vignetta che avevo cercato di fare con un certo stile retrò per un Concorso ma che ha avuto poca fortuna.
La ripesco volentieri per commentare quanto sta succedendo con la nuova ondata di migranti e il conseguente aumento del numero di annegati.
Al relativo scrupolo per i morti si aggiungono la paura per le possibili complicanze di una guerra religiosa e la preoccupazione per il gran numero di persone a cui dovremo cercare di dare assistenza.
L'Europa non ha i soldi per salvarli tutti in mare dice il commissario europeo all'immigrazione.
Tuttavia bisognerà trovarli, come gli USA nel 41 li hanno trovati per salvare l'Europa (e il mondo) dalla follia nazista, l'Europa tutta non può non agire in modo compatto per ristabilire in Africa condizioni di vita essenziali. E continuare a dormire.
Uber 


THE REQUIRED WEIGHT    Gianfranco Uber
Will it be enough ?
20 Apr 2015