lunedì 19 settembre 2022

Sfanghiamola!

 

Sfanghiamola!

Gio

www.caricaturegio.altervista.it



Il decalogo del/la piccolo/a Amministratore/rice:

(Attenzione! questo decalogo contiene soprattutto esortazioni a "non fare" perchè è sempre meglio non farlo il danno! è una cosa scontata? allora leggete e contiamo quante situazioni potenzialmente dannose conosciamo da vicino)


1) Riusa il costruito spesso sottoutilizzato senza consumare ulteriore suolo naturale

2) Non cementificare le sponde dei fossi, tanto meno dei fiumi e stomba i corsi d'acqua dal cemento già messo

3) Non costruire la piazza del paese nell'alveo dei torrenti

4) Non ostacolare il più possibile i corsi d'acqua con infrastrutture inadeguate

5) Evita di far costruire l'amico industriale nelle aree di inondazione controllata dette di laminazione

6) Evita di dare permessi di costruzione a nuove casette tanto carine in zone fragili idrogeologicamente

7) Evita di pulire gli argini tramite sghiaiamento o risagomatura dei letti dei fiumi perchè si accelera la velocità dell'acqua!

8) Assumi i geologi, che non sono degli iettatori,  per un livello di conoscenza adeguato del territorio

9) Redigi o tieni conto della cartografia di piano esistente che garantisce il rispetto delle caratteristiche ambientali spesso più che note

10) Se fai tutto ciò e non ti rieleggono, cambia paese!

Riassumendo ... l'acqua ha memoria e va dove è sempre andata!


#ClimateCrisis #ClimateEmergency #Clima 
#Marche 
Affondare.
Mauro Biani




DAL 1986 PROGETTI PER RIPULIRE E ALLARGARE IL FONDO DEL MISA

OGNI VOLTA LAVORI RINVIATI. I 45 MILIONI DEL GOVERNO RENZI?

■ di Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera”

Trentasei anni per assistere impotenti ad almeno tre alluvioni, costate una ventina di morti e danni per milioni di euro, e a una miriade di episodi minori collegati comunque a ondate di maltempo che non sono stati sufficienti per spingere chi avrebbe dovuto a mettere in sicurezza il fiume Misa. Un corso d’acqua «a carattere torrentizio» che — come l’ingegner Alessandro Mancinelli, già consulente del Ccomune di Senigallia aveva spiegato tempo fa in una sua relazione sul Piano straordinario di individuazione delle aree a rischio idraulico — è capace «di portate nulle nel regime di magra e di piene da centinaia di metri cubi». Anche senza bombe d’acqua, evidentemente.

È in particolare dal 1986, quando sono stati stanziati miliardi per la messa in sicurezza degli argini del Misa con i Fondi per gli investimenti e l’occupazione (Fio), che si comincia a parlare di cantieri da aprire a Senigallia per evitare le alluvioni che si sono susseguite numerose fin dal 1765: solo dal Novecento sono già state 13, le ultime tre in soli 16 anni. 

Tutto ruota attorno alla creazione delle aree di laminazione, che servono a invasare le acque della piena e impedire che escano dagli argini e vengano mandate a valle. «Si tratta di milioni di metri cubi d’acqua», spiega Erasmo D’Angelis, ora segretario generale dell’Autorità di bacino del Tevere ma che nel 2014 — proprio all’indomani dell’alluvione del 3 maggio che ha colpito sempre Senigallia provocando quattro morti — era il coordinatore della struttura di missione di Italia sicura, il programma del governo Renzi che aveva stanziato 45 milioni di euro degli otto miliardi complessivi, proprio per la costruzione della cassa di espansione per il Misa.

«Immensi contenitori, vasche enormi — spiega D’Angelis — che servono a immagazzinare l’acqua per frenarla. Il governo Conte ha cancellato Italia sicura e quel progetto, ma analoghe iniziative già finanziate a Genova e Firenze sono andate avanti». Anche questa avrebbe seguito la stessa strada, se tutto non si fosse fermato nel settembre 2020.

 «Per una questione di espropri — aggiunge — la procedura si è bloccata ancora per un anno e solo nel febbraio scorso, dopo le pressioni dei sindaci del territorio, c’è stata la consegna dei lavori, ma ancora non è partito nulla. Sono state sistemate solo alcune arginature».

Già il progetto del 1986 della Regione Marche non aveva visto la luce perché bocciato in quanto prevedeva un enorme cassone in cemento armato che, non solo era stato considerato dagli esperti un errore dal punto di vista idraulico, ma avrebbe anche avuto un impatto negativo sull’ambiente. Il successivo progetto, che prevedeva l’impiego di altri materiali, con la terra battuta, era stato invece inserito nel piano di Italia sicura. 

«Vi avevano partecipato tutti, dall’Autorità di bacino alla Protezione civile, e poi il Comune e la Regione — ricorda D’Angelis — non se n’è fatto nulla, ma quel progetto non era politico ma una necessità per il territorio, come si vede oggi. Le casse di espansione, due delle quali sono già state progettate, erano necessarie. In questo campo il tempo fa la differenza, se lo butti corri rischi».

Senza contare che già nel 2009 la Regione aveva avviato gare per i lavori di messa in sicurezza del fiume perché ritenute «urgenti e prioritarie» ma anche in questo caso, nonostante i fondi fossero a disposizione, solo una minima parte degli interventi sul Misa è stata portata a termine. 

Un caso di mala-burocrazia che si è trascinato fino al 2018 con i primi bandi, gli appalti assegnati ma solo per un tratto di Misa, con il blocco dei lavori a causa di problemi collegati alla valutazione di impatto ambientale. La modifica del progetto è durata altri tre anni, fino al 2021 quando finalmente i 900 mila euro stanziati per il posizionamento delle vasche di espansione hanno un loro utilizzo in un cantiere che viene aperto, appunto, pochi mesi fa. In questo caso in località Bettolelle.

Eppure sono state proprio le Marche a considerare il Misa un’area «a rischio idrogeologico molto elevato» (R4) nel Piano di assetto idrogeologico regionale. L’alluvione del 2006 ha portato alla progettazione di interventi con il posizionamento di casse di espansione in vari punti del fiume, come nel bacino del rio Scaricalasino. 

Ma a tutt’oggi gli interventi hanno riguardato, solo quando è stato possibile, la bonifica del letto del fiume e il dragaggio per cercare di rimuovere i detriti dell’alluvione del 2014. Troppo poco, evidentemente. Senza contare il nodo della pulizia dei terreni colpiti dall’ondata di siccità di quest’estate, che non hanno opposto resistenza all’acqua uscita dagli argini, come evidenziano ancora oggi dalla Protezione civile, che fa notare anche l’importanza fondamentale di mantenere i fiumi puliti e che le abitazioni non si trovino proprio a ridosso dei corsi d’acqua già a rischio.




CHE LA PIENA DEL MISA SVUOTI LE URNE MARCHIGIANE

Quanti governi sono passati dal 1986? Tanti, e delle più svariate combinazioni cromatiche. E ancor più sono passate amministrazioni comunali, provinciali, regionale. Ma nessuna ha fatto nulla per irregimentare le acque indocili e lasciare che fluissero senza far danni. Non sono bastati trentotto anni, alle suddette istituzioni, per risolvere un problema noto. È il momento che i responsabili paghino. Non in tribunale, poiché nessuno riuscirà a portarveli, ma colpendoli in quel che hanno di più caro: il voto.

Anziché infilare la scheda nell’urna, le popolazioni marchigiane alluvionate hanno la possibilità di affidare i loro certificati elettorali al Misa, alla sua corrente tanto devastante quanto innocente nella sua naturalezza non educata. Il primo che grida al sabotaggio ha ragione. L‘astensione di massa è manifestazione di volontà popolare non meno di una croce su di un simbolo o il dome di una persona che non farà nulla se non per conservare il proprio scranno. È indice di scontento, di una rabbia che i riti della democrazia, ormai ridotti a bizantinismi del potere, non riescono più a incanalare e placare. È una forma di protesta che la scadenza elettorale del 25 settembre può mettere in risalto evidenziandone la forza. Un modo originale per farsi sentire. Un’occasione da non perdere. L’immobilità politica va sabotata con un pestone sui piedi dei questuanti di voti. E quale momento può essere migliore di questo, mentre li vanno a elemosinare come carmelitani scalzi? Sui piedi nudi, il pestone fa più male. E qualcuno dirà ahi, ma che fai?
(Il ritaglio è tratto dal Corriere della Sera) 
Ivano Sartori




Per la destra italiana il cambiamento climatico non è mai esistito e Greta era ed è una cretina, la Meloni nel suo programma elettorale ha scritto di voler rallentare la transizione ecologica..... Allora vuol dire che nelle Marche non è successo nulla e le vittime sono morte di sonno !!

Paolo Lombardi




by Fabio Magnasciutti

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