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giovedì 7 febbraio 2019

Roberto Perini (1950 - 2019)


«Dicono che il mio segno è grottesco - spiegava Perini - ma come avviene nei pittori fiamminghi, a cui mi ispiro, grottesca, a dire il vero, è la realtà».
Perini ha vissuto tra Roma e Cuba: «Riviste satiriche da noi non se ne fanno più, non mi occorre lavorare in Italia».
Nel suo passato prodigi di abilità («Disegnavo monete sul pavimento del Liceo Ripetta, la gente si chinava a raccoglierle») e una lunga serie di vignette su Cossiga: «Quando le lesse mi mandò i corazzieri con una cassa di champagne...» e tante altre cose...



Il saluto di Alessandro Schwed / Jiga

È uscito da quella porta Roberto Perini, il disegnatore dadaista del Male.

Romanissimo. Simpaticissimo. Grandissimo. Erano in due i disegnatori romani del nostro immenso, forsennato, irripetibile settimanale satirico, due romani da dire romani, ma romani che più non si poteva, uno era Roberto e l'altro il grande Angese, scomparso anni fa nel suo esilio umbro a cavallo di un caval. Per me lui e Roberto erano i gemelli della moto. Arrivavano con le loro grandi moto sotto la redazione e la sera, o anche a pranzo, andavano via insieme. Scanzonati. Ridendo. Sembrava sempre che andassero a fare una scampagnata fuori porta, o a Fiumicino a fare una mangiata di pesce. Non riesco a disgiungerli umanamente, e ora che Roberto ha raggiunto Sergio, so che sono via tutti e due a darsi gomitate in qualche osteria di un Testaccio celestiale. Da molti anni Roberto se n'era andato a vivere a Cuba, ogni tanto tornava in Italia e facevamo insieme un'avventura satirica. Poi si è fermato a Roma. Ci trovavamo e facevamo le vocine, come due liceali che continuano tutta la vita a scherzare nello stesso modo, l'universale modo di chi rimane felicemente ragazzo. Roberto non era solo spiritosissimo, disegnava come una divinità. Non sottolineava come lui fosse bravo in un modo stratosferico, lui arrivava e guardava gli altri come se fosse per caso nella stanza col cappellino da baseball, per caso al bar come fosse per strada e ovunque, sbucato dalla porta accanto. Ciao Roberto, chiaro che ti voglio un gran bene
Tuo, Jiga



Alcune delle tantissime opere di Perini condivise sui social:
foto Mencarini per il Salone di Lucca 1986
Lucca, 1986. Italian illustrator, drawer artist, cartoonist and set designer Roberto Perini. He founded with Roland Topor the anti Futurist Frou-Frou Movement, against the speed of modern life / 
Lucca, 1986. Roberto Perini, illustratore, disegnatore, vignettista e scenografo. Ha fondato con Roland Topor il movimento antifuturista Frou-frou contro la velocità della vita moderna - © Marcello Mencarini















Una delle sue invenzioni più note era stata il signor Cossiga Francesco, in cui immaginava la vita domestica e quotidiana dell’allora presidente della Repubblica.

VINCINO, VAURO, ROBERTO PERINI
 foto: Laura Marras per IL MALE | http://www.ILMALE.net/  presso Circolo Arci Fuori Orario.


Il saluto di Vauro:

È morto Roberto Perini 😢
Vauro




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Da Repubblica:
Addio a Roberto Perini, disegnatore de «Il Male» con Vauro e Vincino
Aveva 69 anni, fu uno degli animatori della rivista che ha segnato gli anni ‘70 e ‘80 del Novecento. Romano, ha vissuto a Cuba per molti anni ed è stato anche lo straordinario illustratore di libri di Daniel Pennac in Italia, pittore di grandi tele e caricaturista
di Paolo Brogi
A poco tempo di distanza da Vincino se ne è andato un altro grande illustratore del «Male». la rivista satirica che ha segnato gli anni ‘70 e ‘80 del Novecento: Roberto Perini, romano de Roma, cubano per una lunga parentesi della sua vita, è stato anche lo straordinario illustratore di libri di Daniel Pennac in Italia, gemellato con Roland Topor, vocazione apertamente surrealista, pittore di grandi tele, caricaturista come era stato per anni su «Il Riformista»: celebre il suo Cossiga.
In giro per il mondo
Perini è deceduto nella notte in una clinica romana al termine di una malattia che non aveva fiaccato le sue energie pronte sempre al gioco e allo scherzo. Il 24 gennaio aveva festeggiato i suoi 69 anni, spesi in giro per il mondo con un lunghissimo soggiorno a Cuba e poi di nuovo a Roma dove aveva esordito dopo gli studi di architettura vincendo un premio per «Paese Sera» nei primi anni ’70 con un nuovo personaggio dei fumetti. Tra i fondatori del «Male» Roberto Perini aveva collaborato con Linus, Il Sale, Tango, Cuore, Comic Art, Frigidaire. Due i premi conseguiti al festival di Lucca con i cortometraggi «Upupa», realizzato con Enzo Sferra, e «I grandi film in due minuti».
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domenica 8 novembre 2015

La storia baggiana del Male e della satira degli anni '70, e quella vera

Jiga Melik  ha letto l'articolo  “Cosa resta della satira in Italia” di Nicola Lagioia 
e così ha commentato:


La storia baggiana del Male e della satira degli anni '70, e quella vera


Mi spiace, e moltissimo. Le analisi e i racconti che continuano a circolare sulla satira italiana, sto parlando del Male del 1978, sono sempre svuotate di realtà dalla scarsissima, e purtroppo inesistente, deviata informazione storica sulla vera cronaca, sui giorni reali della satira italiana degli anni Settanta, del Male appunto, che continua a essere raccontata sì, però continua a non essere ricostruita, avallando una cronaca caricaturale, anzi fittizia, dei fatti. Invece dei fatti, un siparietto. Baggianate. L'errore abnorme, principale quando si parla della satira di quel periodo è la enorme sopravvalutazione del ruolo dei disegnatori e dei vignettisti nella messa in scena per l'appunto della satira di quegli anni. Quella che viene raccontata è una storia acefala, addomesticata, chissà perché fumettistica, basata su miti editoriali che sono pregiudiziali e pregiudizievoli, cibo addomesticato, precotto - questo per una non disinteressata complicità di alcuni e perché il giornalismo ha bisogno di miti gastronomici, da ingoiare rapidi, fast food.
Il Male dei falsi, quello divenuto famoso, non nasce affatto (se non per un occasionale, e certo anche meritevole, motivo fondativo), da Pino Zac che ebbe l'onere e l'iniziativa di voler fare un nuovo giornale di satira, o per impulso di un gruppo di ottime matite. Il grande Male nasce in seguito, nei mesi successivi, dal lavoro sulla scrittura e sulla cultura delle avanguardie satiriche e letterarie del '77, la teoria del falso, che andavano da Radio Alice a Zut, all'Avventurista di Vincino, nasce dal lavoro di un grandissimo collettivo di disegnatori e di quattro scrittori solitari circondati da un numero straripante di disegnatori. È in quella redazione, così composta, che lavorano insieme, a tratti felicemente, e spesso si scontrano anche, due diverse impostazioni editoriali che finiscono col diventare un "potere", quello del disegno satirico, contro un "Desiderio" - quello degli scrittori di mettere in scena una sorta di teatro delle mostruosità dell'esistenza, di svelare l'arcano e manicomiale delirio umano: la fregola del potere, della sessualità, del furto, della bugia, in un ottica e in una leggerezza da "umorismo liceale", alla Jarry. Quel Desiderio, che io identifico nel gruppo degli scrittori composto da Angelo Pasquini, Piero Lo Sardo, Mario Canale e Jiga Melik, veniva regolarmente accusato di una scalata al potere editoriale e respinto, rappresentato come se fosse una forza corporativa - quella appunto degli scrittori e delle loro idee "teatrali", che andavano dal falso allo happening, e a un certo punto anche al lavoro congiunto col teatro off e ciò che ne derivava in quegli anni, nella fattispecie con Donato Sannini, Roberto Benigni e Carlo Monni. Cose che non si sanno, e che sono state in una certa misura sotterrate.
Dunque è davvero incredibile l'equivoco culturale del dibattito, dibattito tra dozzine di virgolette, che si trascina da anni, periodicamente, come l'influenza di stagione, dove a parlare del Male ci sono solo disegnatori e vignettisti, solo perché la satira in Italia ha finito per condensarsi nelle figure dei vignettisti e disegnatori (Vauro, Mannelli, Vincino) e del loro lavoro sulle prime pagine dei giornali, e che è ciò che di giornalisticamente commestibile e ammissibile rimane della satira di quel periodo - posto che il disegno satirico, per quanto dissacrante sia, si pone proprio come segno, derivando dal disegno, dunque da un'entità lieve, graffiante ma poi fisiologicamente tra virgolette in quanto disegno, satira compatibile ma di fatto estranea al corpo vero e proprio di un quotidiano. Satira ospitata come un profugo. Satira tollerata in quanto monca, priva dell'interezza del proprio corpo - il Male, o un vero, rinnovato media satirico. Ma tornando alla satira di quegli anni, il corpo satirico, l'intero corpo del Male, comprendeva assai di più e diverso di quello che oggi è rimasto, e quanto appunto quel settimanale comprendeva davvero, la sua interezza, la sua ricchezza sono sistematicamente tralasciate. Non avrebbe così importanza - ci sono tante cose nelle nostre giornate e non sono affatto cose satiriche - se ogni tanto non si pretendesse di ricostruire storicamente proprio gli anni del Male, e di farlo omettendo il contributo fondamentale degli scrittori all'impresa satirica del Male stesso. E mentre la storia di solito si ricostruisce con l'insieme dei testimoni, qui invece accade come se per decenni uno storico ricostruisse la battaglia di Waterloo intervistando solamente alcuni ufficiali perché gli altri graduati hanno lasciato la carriera militare - è vero, gli scrittori satirici del Male sono usciti da quella scena, hanno fatto altro, Piero Lo Sardo poi purtroppo ci ha lasciato, ma ritengo inutile, ridicolo, a dir poco riduttivo voler parlare di quegli anni, pretendere di farlo, se poi a fare il dibattito ci sono sempre i soliti, e quasi tutti costoro parlano di sè, dimenticano, sono auto-educati a dimenticare. si tratta di un pugno di amici, vignettisti, bravissimi vignettisti, a volte straordinari, ma non sono affatto gli autori e i protagonisti esclusivi di quella temperie e di quel teatro, anzi. Gli unici rilievi giusti sulla satira italiana sono quelli che da anni sento fare dallo straordinario e onestissimo, nitido, solitario artista che è Riccardo Mannelli, che partecipò ai primissimi numeri del Male, con Vauro, e poi però se ne andò. Ma il vero Male, sia chiaro, fu quello successivo, senza Zac, senza Mannelli, senza Vauro, il Male dai falsi in poi, detto per sommi capi. Quello degli happening, delle invenzioni dei movimenti culturali anticatatonici, del Socialista Partito Aristocratico, delle collaborazioni col teatro off, Beat 72, eccetera, con il contrappunto delle vignette e dei disegni di Perini, Vincino, Sergio Angese, che nessuno ricorda mai, grande Sergio, e Andrea Pazienza, Scozzari, Liberatore che il Male ebbe il merito di produrre nel mensile Frigidaire, diretto da Sparagna.
È tanto, tantissimo, quello che non sapete. Continuate così.

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Jiga Melik è l'alter ego intermittente dello scrittore Alessandro Schwed. Il signor Melik nasce nel 1978 nella prima e provvisoria redazione del Male, un ex odoroso caseificio in via dei Magazzini Generali a Roma. Essendo un falso sembiante di Alessandro Schwed, Jiga Melik si specializza con grande naturalezza nella produzione di falsi e scritti di fatti verosimili. A ciò vanno aggiunti happening con Donato Sannini, come la consegna dei 16 Comandamenti sul Monte dei Cocci; la fondazione dell'Spa, Socialista partito aristocratico o Società per azioni, e la formidabile trombatura dello Spa, felicemente non ammesso alle regionali Lazio 1981; alcuni spettacoli nel teatro Off romano, tra cui "Chi ha paura di Jiga Melik?", con Donato Sannini e "Cinque piccoli musical" con le musiche di Arturo Annecchino; la partecipazione autoriale a programmi radio e Tv, tra cui la serie satirica "Teste di Gomma" a Tmc. Dopo vari anni di collaborazione coi Quotidiani Locali del Gruppo Espresso, Jiga Melik finalmente torna a casa, al Male di Vauro e Vincino. Il signor Schwed non si ritiene in alcun modo responsabile delle particolari iniziative del signor Melik.
 Alessandro Schwed  ha scritto e scrive romanzi, dal 2008 con Mondadori e collabora
con vari giornali scrivendo articoli di costume e cultura: i Quotidiani Locali del Gruppo Espresso, il Foglio, il Secolo XIX di Genova e ora l'Unità dove parla della realtà televisiva.
Alcuni titoli dei suoi romanzi: Lo zio Coso, La scomparsa di Israele, Mio figlio mi ha aggiunto su FacebooK, La via del Pavone: Alla disperata rincorsa di un pennuto a Roma



La redazione di Il Male, a Roma, il 15 agosto 1978.
Da sinistra: Mario Canale, Jiga Melik, Sparagna, Piero Lo Sardo, Angelo Pasquini.
Sotto, da sinistra: Marcello Borsetti, Francesco Cascioli, e il cane Vaniglia di Melik.
 (Mimmo Frassineti, Agf)
Roma, 15/08/1978, Redazione de Il Male. Angelo Pasquini, Jiga Melik, Vincenzo Sparagna, Mario Canale, Piero Losardo, Francesco Cascioli, Marcello Borsetti, il cane Vaniglia.

Nelle foto, mescolati ad altri ci sono i fondatori della banda dei 4 scrittori : Pasquini ( marlowe ) Schweed ( Jiga Melik ) Lo Sardo ( Zut ) Canale ( prof Canaglio ) perché sul Male non si firmavano mai con il vero nome.

sabato 7 novembre 2015

“Cosa resta della satira in Italia” di Nicola Lagioia

Nicola Lagioia scrive per Internazionale un interessante reportage sul tema delle satira in Italia.

Che fine ha fatto la satira in Italia? Ce n’è ancora bisogno? A meno di un anno dalla strage di Charlie Hebdo, che equilibrio abbiamo trovato tra libertà d’espressione, insulto inaccettabile e salutare bisogno di deridere il potere? Soprattutto, c’è da chiedersi se un certo modo di deridere il potere abbia mostrato la corda più di quanto non osiamo sospettare.

Lo scorso settembre, durante la mostra del cinema di Venezia, ho avuto la fortuna di moderare un dibattito a cui hanno partecipato alcuni protagonisti della stagione d’oro della satira italiana tra gli anni settanta e ottanta. L’occasione era Zac–I fiori del Male, il film documentario di Massimo Denaro dedicato alla figura di Pino Zac e all’avventura del Male, l’indimenticata rivista settimanale che seppe guadagnarsi l’odio del giornalismo e della politica istituzionali, nonché l’amore incondizionato di migliaia di lettori. All’incontro, oltre al regista, erano presenti Vincenzo Sparagna, Riccardo Mannelli, Vincino, Valter Zarroli e Drahomira Biligova, che di Zac è stata moglie.

Pino Zac, al secolo Giuseppe Zaccaria, fondò Il Male nel 1977, ed è l’ennesima vittima della triste sindrome italiana che ci fa rimuovere ciò per cui dovremmo provare almeno un po’ d’orgoglio. Oggi dimenticato, Zac non si limitò a far nascere Il Male. Fu tra i primi a introdurre da noi le strisce di fumetti autoconclusive. Nel 1970 portò sullo schermo Il cavaliere inesistente di Italo Calvino, un film girato con tecnica mista. Frequentò la Harvard della satira europea che era ed è ancora il settimanale francese Le Canard enchaîné. Importò codici espressivi su cui il giornalismo italiano era indietro di anni. Fu sicuramente il primo a disegnare il papa senza veli, anche se non per tutti questo è stato un merito.

Dar vita a Il Male (già I quaderni del Sale) in un’Italia di piombo e acquasantiere dentro le quali una mano lavava l’altra con una fregola da lady Macbeth, fu certamente un merito, anche perché quell’avventura ne generò delle altre. Cannibale, Frigidaire, Tango, Zut, Cuore (l’ultima rivista satirica che in Italia abbia mosso qualcosa) pur nella loro diversità hanno tutte un debito con Zac e i suoi spericolati sodali: disegnatori, vignettisti, intellettuali iconoclasti quanto certe punk star dell’epoca, alcuni dei quali erano appunto insieme a me alla fine di quest’estate, a parlare di ciò che è stato e di cosa non è più.


Irritanti più del previsto

Molti ricordano le finte copertine con cui Il Male parodiava i quotidiani italiani. La più nota risale al 1979 ed è il falso di tre giornali (Paese Sera, La Stampa e Il Giorno) con la notizia di Ugo Tognazzi arrestato con l’accusa di essere il capo delle Brigate Rosse.